Stop all’esclusione dal concorso dell’indagato, del malato o di chi ha raggiunto la votazione minima richiesta dal bando: è la media di tutte le prove.

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Non può essere bocciato il candidato che raggiunge la votazione minima richiesta dal bando, data dalla media aritmetica e non dalla somma delle singole prove, anche se riporta qualche insufficienza all’orale. Deve essere ammesso in assenza di una condanna penale definitiva o di patologie non espressamente indicate nel bando come causa di esclusione. Le sentenze del Tar Abruzzo (sez. I) 613 del 27/6/13, Tar Lazio 6490 e 6495 (sez. II) del 1/7/13, Tar Veneto 883 (sez.I) del 21/6/13, infatti, elaborando questi principi di diritto, confutano le principali regole per l’esclusione dai concorsi pubblici, ribadendo anche come deve essere calcolata votazione finale. L’ultima decisione laziale fa un’interessante analisi dei criteri usati per la liquidazione del danno morale per la lesione di un interesse legittimo.

I casi. Una ragazza contestava il voto e la collocazione al terzo posto nella graduatoria di un concorso per un posto di istruttore amministrativo perché violava l’art. 7 DPR 487/94. Negli altri gli aspiranti funzionario dell’agenzia dell’entrate (6490/13) e finanziere erano esclusi dal concorso, rispettivamente per essere imputato in due processi per truffa, associazione a delinquere ed esercizio abusivo del gioco d’azzardo, pur non avendo riportato alcuna condanna definitiva, come prescritto dalla legge e per patologie scoperte durante la visita per l’arruolamento. Quest’ultimo ha chiesto un indennizzo per la <<mancata percezione della relativa retribuzione rapportata ai diversi gradi acquisibili nel suddetto periodo; il mancato accantonamento del relativo corrispondente TFR; il mancato versamento ad accredito della relativa contribuzione previdenziale; il danno morale derivante dal profondo e duraturo turbamento psichico conseguente al rischio di perdere una preziosa occasione di sistemazione lavorativa e alla concreta possibilità di partecipare a concorsi interni per la progressione in carriera>>. Infatti risultava arruolato solo nel 2003 dopo aver chiesto l’ottemperanza del Tar Lazio 3521/03 che riconosceva l’illegittimità dell’esclusione dal concorso per 800 allievi finanzieri ed un indennizzo per il ritardo subito.

Infine un’aspirante guida turistica riportava una votazione superiore al minimo richiesto per essere abilitati alla professione, ma era bocciata per aver riportato un’insufficienza ad inglese, sì che gravava vittoriosamente la determinazione con cui era formalizzata la bocciatura ed i verbali di esame.

Criteri di calcolo del punteggio: vale la media e la sufficienza non è obbligatoria in tutte le prove. I concorsi sono tutti nulli? L’art. 7 DPR 487/94 regola lo svolgimento di tutti concorsi pubblici, fissando per il superamento delle singole prove un voto non inferiore a 21/30. Infatti sancisce che <<il punteggio finale è dato dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teorico-pratiche e della votazione conseguita nel colloquio>> (CDS 397/10). Peccato che leggendo i bandi il lemma <<media aritmetica>> scompare ed il punteggio è la mera somma di tutte le prove sostenute e degli eventuali titoli di preferenza. Inoltre è illegittima la regola che pretende la sufficienza in tutte le prove, pur se prevista da leggi regionali (<<lex concorsualis>>), perché viziata da eccesso di potere e contra legem. Infatti <<lex specialis>> non può introdurre legittimamente <<condizioni ulteriori e diverse da quelle espressamente previste dalla normativa primaria e secondaria di riferimento per il conseguimento della abilitazione>>. Si deve desumere, dunque, la nullità di altre disposizioni, come quella per l’abilitazione forense, che prevedono la bocciatura automatica in presenza di due insufficienze all’orale pur se riportata una votazione complessiva pari o superiore a 180. Ergo si potrebbe dedurre la nullità di quasi tutti i concorsi ed esami di stato per la violazione di queste norme. Per completezza d’informazione, laddove è prevista l’esposizione delle prove scritte, la commissione deve espressamente valutare e motivare anche questa fase degli orali (Tar Catania n1994/13).

Esegesi dei requisiti di moralità: l’imputato non è condannato. <<In applicazione di tale principio la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2011, n. 6494) ha posto in rilievo che – stante la presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva, sancita dall’art. 27, comma 2, Cost. – la regola generale in materia di concorsi pubblici preclude la partecipazione di coloro che siano esclusi dall’elettorato attivo politico e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione (art. 2 del T.U. n. 3/1957 e art. 2, comma 3 del d.P.R. n. 487/1994), non essendo di per sé rilevante la mera pendenza di un procedimento penale, salve regole specifiche di singoli ordinamenti>>. Sono norme di stretta interpretazione non soggette ad estensione analogica (CDS sez. IV 4356/09). Non sono, perciò, opponibili i requisiti di moralità e di condotta incensurabile introdotti dalle norme per l’accesso alla magistratura, stante la delicatezza delle << competenze istituzionali in materia di polizia e di giustizia >> svolte dal personale dell’AGE. In breve il combinato disposto dell’art. 2 comma V DPR 487/94 , 2, comma II, L b-bis, DLgs 160/2006 e 68 L.150/09 deve essere interpretato nel senso che è possibile negare la partecipazione ad un concorso solo a chi ha riportato una condanna penale definitiva, tanto più che i procedimenti disciplinari contro i pubblici dipendenti possono essere azionati solo dopo di essa. Inoltre ai sensi degli artt. 3 L.241/91 e 2 comma V DPR 487/94 questa esclusione deve esser ampiamente motiva, non essendo sufficiente un mero riferimento alla delicatezza delle funzioni dell’AGE od alla <<gravità dei fatti>>, perché verrebbe inficiata la finalità dell’art. 2.5 del bando che rapportava << la rilevanza di tali fatti a quelli già accertati con “sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento”>>.

Iperbilirubinemia non è causa di inidoneità al servizio. Non è annoverata tra le patologie che escludono dal servizio e non era indicata tra quelle tassative del bando. Si dubita del nesso causale del danno, <<in quanto l’accertamento della iperbilirubinemia rappresenterebbe una operazione altamente complessa espressione della discrezionalità tecnica dell’amministrazione. Inoltre gli accertamenti medici svolti in sede di incombente istruttorio, e sulla base dei cui esiti positivi è stato accolto il ricorso originario, sono stati in realtà effettuati a distanza di tempo da quelli eseguiti da parte delle commissioni mediche in ambito concorsuale e i detti accertamenti, atteso il relativo specifico oggetto, sono caratterizzati da una consistente variabilità nonché dalla loro non ripetibilità con carattere di neutralità e, infine, devono sussistere al momento dell’espletamento delle prove presso il centro di reclutamento>> .

Pregiudiziale amministrativa: quale dies a quo? Si prescrive in 5 anni, ma sul dies a quo c’è il contrasto: per la giurisprudenza ammnistrativa decorre dall’evento lesivo e non dal passaggio in giudicato della sentenza che ha annullato il provvedimento lesivo di un interesse legittimo. L’azione di annullamento interrompe la prescrizione sino alla sua definizione (Cass. SS.UU. 9040/08), Quella civile, pur negando a lungo il suo risarcimento, con le Cass.SS.UU. 500 e 501/99 si è arrogata la giurisdizione in materia sino alla Cass. SS.UU. 30254/08. L’art. 30 cpa ha superato ogni dubbio esegetico facendo venire meno la pregiudiziale ed ha ribadito l’autonomia dall’azione di risarcimento da quella di annullamento dell’atto lesivo << pur continuando, ma sul differente piano del contribuito alla causazione del danno, ad attribuire rilievo alla mancata tempestiva impugnazione del provvedimento illegittimo e foriero di effetti illeciti>>. È così riaffermata << la regola anteriore del decorso a far data dal passaggio in giudicato della sentenza demolitoria del provvedimento illegittimo e causativo di danno >> (CDS sez. V5453/08 e A.P. 3/11). Essendo stati rispettati i termini del giudizio di ottemperanza, in base alle norme vigenti all’epoca, il credito non è prescritto ed è stato provato dal ricorrente.

Sì ai soli danni da ritardato arruolamento. In base ai parametri fissati dal CDS sez. IV 4660/11 è indubbia la responsabilità aquiliana della PA, pur se i due rifiuti all’arruolamento erano validi durante la fase cautelare del processo che ha portato a questa azione di risarcimento. La refusione non può comprendere né la mancata retribuzione (lucro cessante) né essere calcolata sulla stessa, perché in questi casi sarebbe una restitutio in integrum estranea alla fattispecie (responsabilità contrattuale). È stata liquidata per equivalente una somma per il danno ex artt. 2056 e 1226 cc, ma dimezzata perché, nel periodo di inidoneità al servizio, il ricorrente avrebbe potuto curare << ogni altro interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale >>. Ai sensi dell’art. 34 cpa la PA ha 2 mesi per formulare l’offerta d’indennizzo comprensiva di rivalutazione monetaria ed interessi di legge.

 

Per consultare le sentenze cliccare qui:

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Laquila/Sezione%201/2013/201300414/Provvedimenti/201300613_20.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%202/2012/201209402/Provvedimenti/201306490_01.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%202/2008/200807263/Provvedimenti/201306495_01.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Venezia/Sezione%201/2013/201300692/Provvedimenti/201300883_20.XML

Dott.ssa Milizia Giulia

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