Sostegno all’occupazione: in un decreto l’individuazione dei cd. lavoratori svantaggiati

Redazione 07/06/13
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Biancamaria Consales

Registrato dalla Corte dei Conti il decreto ministeriale del 20 marzo 2013, con il quale, in applicazione dei principi stabiliti dal regolamento europeo n. 800/2008, sono stati individuati i cd. “lavoratori svantaggiati”.

La suddetta normativa europea ha portato non poche novità alla definizione del lavoratore svantaggiato, contenuta nell’art. 13 del D.Lgs. 276/2003. Sostanzialmente, il regolamento pone l’accento su tre pilastri fondamentali:

a) requisiti legati alla situazione formativa;
b) requisiti legati alla situazione socio familiare;
c) requisiti legati alla situazione lavorativa.

Va ricordato che la definizione di “lavoratore svantaggiato si distingue concettualmente e normativamente dal lavoratore disabile, in quanto decisamente più ampia e fumosa.

I soggetti individuati dal decreto, con riferimento al suesposti requisiti, sono racchiusi in tre diverse categorie:

1. coloro che non hanno un impiego retribuito da almeno 6 mesi: si tratta di soggetti che nell’ultimo semestre non hanno prestato attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi ovvero coloro che, sempre negli ultimi 6 mesi, hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito annuale minimo personale escluso da imposizione;

2. coloro che non possiedono un diploma di scuola media superiore o professionale ovvero coloro che non abbiano conseguito un titolo di studio di istruzione secondaria superiore rientrante nel livello terzo della classificazione internazionale sui livelli di istruzione;

3. infine, coloro che sono occupati in uno dei settori economici dove c’è un tasso di disparità uomo/donna che supera di almeno il 25% la disparità in tutti i settori economici italiani: si tratta, in particolare, di coloro che sono occupati in settori economici in cui sia riscontrato il richiamato differenziale nella misura di almeno il 25%, come annualmente individuati dalla Rilevazione continua sulle forze del lavoro dell’Istat.

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