Smart (legal) contracts: quali vantaggi per le imprese?

Redazione 06/10/22
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A cura di Andrea Rega, partecipante dell’Executive Master in Giurista d’Impresa di MELIUSform Business School.

Dopo aver visto riconosciuto il proprio status giuridico anche in Italia ad opera del Decreto Semplificazioni[1], seppur con una formulazione ancora non limpida e completa, l’attuale grande sfida degli smart contracts[2] consisterebbe nell’acquisire piena validità legale dando vita ai cd. smart legal contracts[3].

In prima battuta, occorre affrontare la questione preliminare concernente la riconducibilità o meno nell’area del contratto degli smart contracts, poiché, a dispetto dell’apparenza data dal nomen iuris utilizzatosi, il dibattito è particolarmente acceso e divisivo. Mentre c’è chi propende per una soluzione positiva fondata sulla necessità che agli smart contracts venga garantita una sistemazione certa e una disciplina chiara e ben delineata[4], per altri[5] è più opportuno distinguere tra la figura dello smart contract e quella del legal smart contracts, a seconda del fatto che il codice informatico[6] venga utilizzato come “software di esecuzione” di un contratto precedentemente stipulato, o come “strumento costitutivo” di un contratto dotato di una propria e autonoma rilevanza negoziale oltreché giuridica[7].

Nonostante le forti motivazioni contrarie[8], qualora, ipoteticamente, un “contratto intelligente” riuscisse a soddisfare i requisiti minimi contrattuali previsti dal codice civile, potrebbe essere qualificato contratto ai sensi degli articoli 1321 e 1325 del codice civile[9]. In considerazione del fatto che gli smart contract possono contenere, oltre al linguaggio in codice informatico (cd. Dry code), anche una parte in linguaggio naturale/legale (cd. Wet code), non sarebbe impossibile realizzare degli smart “legal” contract con piena applicazione (teorica e ferme restando le complicanze tecnico-giuridiche pratiche) delle norme in ambito di obbligazioni e contratti[10]. Tuttavia, non pare, ad oggi, esistere ancora una soluzione definitiva in grado di comprendere, sul piano giuridico, tutte le eterogenee possibili fattispecie di smart contracts.

Concluso l’annoso, ma doveroso, cenno sulle discordie che attanagliano la qualificazione giuridica degli smart (legal) contract (e che si precisa essere tutt’altro che esaustivo[11]), chi scrive ritiene opportuno soffermarsi su quelle che sono, allo stato dell’arte, le utilità e i potenziali vantaggi derivanti dall’utilizzo di contratti automatizzati legalmente vincolanti.

Dunque, questi ultimi possono essere considerati un’evoluzione della contrattualistica commerciale, determinata dall’avvento delle nuove tecnologie anche in ambito legal (prima fra tutte la blockchain), il cui campo di utilizzo nel mondo imprenditoriale è già esteso e potenzialmente espandibile: dai rimborsi assicurativi alle transazioni finanziarie, dalle operazioni societarie alla tracciabilità delle merci e alla tutela della proprietà intellettuale, dal mercato immobiliare fino alle vendite di token.

In linea generale, gli smart contracts sono event-driven software e funzionano secondo la logica causale “if this then that”: gli effetti contrattuali si realizzano automaticamente al verificarsi delle condizioni[12] determinate ex ante dalle parti e descritte sotto forma di codice informatico. Poi, se inseriti all’interno di un sistema blockchain, acquisiscono le caratteristiche tipiche di quest’ultima, ovvero immutabilità e irreversibilità[13], che conferiscono allo smart contract certezza giuridica, in tal modo garantendone una certa affidabilità, autenticità e sicurezza anche nei rapporti tra le stesse parti contrattuali.

L’affidamento a processi digitalizzati e automatizzati, piuttosto che all’intervento delle parti, ha l’obbiettivo di scongiurare il rischio di inadempimento (volontario o accidentale), l’insorgere di controversie e ridurre il ricorso a terzi intermediari. Il succitato automatismo dei “contratti intelligenti” consente all’impresa altresì un notevole risparmio di costi in quanto semplifica e riduce il numero di adempimenti necessari all’interno della gestione di determinati processi produttivi[14]. Inoltre, incrementando la celerità delle prestazioni e la speditezza degli scambi, gli smart contracts potrebbero consentire all’impresa di aumentare il volume degli affari ed ottenere maggiori guadagni.

In conclusione, preme sottolineare come i caratteri positivi descritti finora non sono da intendersi in senso assoluto in quanto potrebbero venire a mancare in caso di eventuali falle (cd. “bug”) o attacchi al sistema informatico, oltreché tramutarsi in uno svantaggio se valutati da altri punti di vista[15]. D’altro canto sembrerebbero proprio questi aspetti così rivoluzionari a costituire la principale causa di attrito e di dubbia compatibilità con l’attuale ordinamento giuridico, mancando una legge apposita sull’applicazione e sul funzionamento degli smart (legal) contract. Questo spiegherebbe perché le aziende guardino con curiosità e attenzione a questo strumento, ma venga perlopiù impiegato in presenza di accordi che presentano un alto tasso di standardizzazione e con livelli di complessità inferiore quando è semplice tradurre le clausole contrattuali in linguaggio informatico. Il fenomeno è largamente in divenire.

Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Giurista d’Impresa di MELIUSform Business School.


Bibliografia e sitografia:

  • Battaglini, La normativa italiana sugli smart contracts, in AA. VV., Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, a cura di Battaglini – Tullio Giordano, Milano, 2019.
  • Giaccaglia, Gli Smart Contracts. Vecchi e nuovi(?) paradigmi contrattuali nella prospettiva della protezione dei consumatori, in Diritto Mercato Tecnologia, 20 maggio 2020, pp. 1-31.
    • id Considerazioni su Blockchain e smart contracts (oltre le criptovalute), in Contratto e impresa 3/2019, pp. 941-970.
  • Rampone, Smart contract: né smart, né contract, in Rivista di diritto privato, 2/2019, pp. 1-18.
  • Aiello, Blockchain law: analisi tecnico-giuridica delle reti blockchain e degli smart contracts, in Diritto Mercato Tecnologia, 18 febbraio 2020, pp. 1-41.
  • Battaglini, L. Cantisani, Standard tecnici Ethereum e standardizzazione degli smart legal contract, in MediaLaws Rivista di Diritto dei Media, 3/2021, 28 gennaio 2022, pp. 53-68.
  • Napoleone Fichera, Smart contract, blockchain e criptovalute: vantaggi reali per le imprese, in IPSOA Quotidiano, 15 gennaio 2019, pp. 1-3.
  • Guida, Blockchain e smart contract: benefici e limiti, articolo pubblicato in Altalex, 21 ottobre 2020, pp. 1-6.
  • Crisafulli, L’era degli Smart Contracts: potenzialità e limiti di uno strumento rivoluzionario, in Diritto Mercato Tecnologia, 3 giugno 2021, pp. 1-39.
  • Faini, Il diritto nella tecnica: tecnologie emergenti e nuove forme di regolazione, in Federalismi.it Rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo, 27 maggio 2020, n. 16, pp. 79-117.
  • Amato, La “computerizzazione” del contratto (Smart, data oriented, computable e self driving contracts. Una Panoramica), in Europa e Diritto Privato, fasc. 04/2020, pp. 1259-1306.
  • Nigro, Smart contract, profili di qualificazione giuridica, in Altalex, 11 agosto 2021, pp. 1-5.
  • Labella, Gli smart contract: riflessioni sulle prestazioni “autoesecutive” nel sistema di blockchain, in MediaLaws Rivista di Diritto dei Media, 3/2020, 24 dicembre 2020, pp. 32-45

Note

[1] In particolare, l’articolo 8-ter, comma secondo, del decreto legge 14 dicembre 2018 n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019 n. 12, ha introdotto nel panorama giuridico italiano il concetto di smart contract con la seguente definizione: «Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

[2] Teorizzati per la prima volta da Nick Szabo nel 1994 e definiti come “protocolli di transazione automatizzati che danno esecuzione a specifici termini contrattuali”. Cfr., Nick Szabo, Smart contracts, 1994.

[3] Di questa idea sono R. Battaglini, L. Cantisani, Standard tecnici Ethereum e standardizzazione degli smart legal contract, articolo pubblicato in MediaLaws Rivista di Diritto dei Media, 28 gennaio 2022, pag. 56 e sempre R. Battaglini, Smart contracts in breve, articolo pubblicato in 4cLegal, 15 maggio 2020, pag. 3.

[4] Come D. Sabato, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contr. impr., 2017, 2, pp. 378 ss. citato in M. Giaccaglia, Gli Smart Contracts. Vecchi e nuovi(?) paradigmi contrattuali nella prospettiva della protezione dei consumatori, in Diritto Mercato Tecnologia, 20 maggio 2020, pag. 9.

[5] Come L. Piatti, Dal codice civile al codice binario: “blockchains” e “smart contracts”, in Cib. dir., 2016, 3, pp. 325 ss.; Cerrato S., Contratti tradizionali, diritto dei contratti e smart contract, in AA. VV., Blockchain e smart contract, cit., spec. pp. 279 ss., citati in M. Giaccaglia, op. cit., pag. 10; A. Stazi, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”. Gli smart contracts nel diritto comparato, Torino, Giappichelli, dicembre 2019, pp. 119-120 citato in R. Nigro, Smart contract, profili di qualificazione giuridica, in Altalex, 11 agosto 2021, pag. 3.

[6] Da un punto di vista pratico ed estremamente semplificato, si può pensare allo smart contract come un software che, grazie all’utilizzo di un codice informatico, articola, verifica ed esegue automaticamente quanto accordato dalle parti.

[7] Tendenza evidenziata anche da G. Aiello, Blockchain law: analisi tecnico-giuridica delle reti blockchain e degli smart contracts, in Diritto Mercato Tecnologia, 18 febbraio 2020, pag. 16.

[8] G. Guida, Blockchain e smart contract: benefici e limiti, articolo pubblicato in Altalex, 21 ottobre 2020 il quale afferma che “Essi, nonostante si presentino come strumenti utilizzati per negoziare, concludere o applicare autonomamente relazioni contrattuali o pseudo contrattuali, non possono essere inclusi nel novero dei contratti giuridici […]”. Per un approfondimento in tal senso vedi anche F. Rampone, Smart contract: né smart, né contract, in Rivista di diritto privato, 2/2019.

[9] R. Battaglini, Smart contract in breve, pag. 3.

[10] In ambito di Common law, sistema forse più adatto a questo tipo di cambiamenti, la UK Jurisdiction Taskforce, nel documento di consultazione pubblica di maggio 2019 dal titolo “The status of cryptoassets, distributed ledger technology and smart contracts under English private law” e nel successivo “Legal statement on cryptoassets and smart contracts” del novembre 2019, ha proposto tre modelli di smart legal contract.

[11] Per un approfondimento vedi, tra gli altri, M. Crisafulli, L’era degli Smart Contracts: potenzialità e limiti di uno strumento rivoluzionario, in Diritto Mercato Tecnologia, 3 giugno 2021, pp. 1-39.

[12] Tali condizioni possono riguardare parametri interni al network (ad esempio, lo spirare di un termine) o, viceversa, essere connesse al verificarsi di un determinato evento relativo al mondo reale.

[13] Una simile logica di tipo “if… then” è rinvenibile nei distributori automatici. Nelle cosidette “vending machines”, infatti, dopo aver inserito il denaro ed il codice del prodotto che si intende acquistare, si innesca un processo irreversibile.

[14] Diversamente dall’epoca in cui furono teorizzati, nella quale le infrastrutture comportavano una gestione informatica antieconomica e complessa.

[15] Ad esempio, l’immutabilità e irrevocabilità frustrano qualsiasi possibilità di intervento da parte dell’ordinamento o dei contraenti, anche laddove questo sia legittimo o perfino necessario.

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