Sky senza scheda? Multa e carcere

Redazione 13/10/17
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Quattro mesi di reclusione e 2.000 euro di multa per aver guardato i programmi Sky senza scheda e abbonamento. È la pena che la Cassazione ha confermato nei confronti di un cinquantenne palermitano, già condannato per lo stesso reato in primo e in secondo grado. Con la sentenza n. 46443, pubblicata il 10 ottobre 2017, la Suprema Corte ha stabilito che l’illecito è punibile con la reclusione anche quando non sia utilizzato a scopi commerciali, e che poca importanza hanno le modalità attraverso le quali si visionano programmi a pagamento senza contratto.

 

Cassazione: confermati 4 mesi di carcere

L’argomento tocca molti italiani: il fenomeno delle schede false e dei collegamenti che permettono di vedere senza canone la tv a pagamento è diffuso da anni da Nord a Sud. Il cinquantenne palermitano ricorso in Cassazione era stato attirato, come moltissimi altri, dalla relativa facilità con la quale è possibile procurarsi prime visioni di film e partite di calcio gratis. Questa volta, però, il prezzo da pagare è stato molto più alto del semplice canone, con una sentenza che potrebbe diventare storica.

Secondo l’accusa, l’uomo aveva installato “un apparecchio con decoder regolarmente alimentato alla rete LAN domestica ed internet collegato con apparato tv e connessione all’impianto satellitare” per poter vedere i canali televisivi del gruppo Sky senza aver comprato l’apposita smart card. Così facendo, l’uomo ha violato l’art. 171-octies della legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941).

 

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Punibile anche l’uso privato

Ma cosa dice l’art. 171 della legge sul diritto d’autore?

È proprio questo il punto del problema. L’art. 171-octies stabilisce che commette reato chiunque “a fini fraudolenti” produce, pone in vendite, importa, promuove, installa o utilizza per uso pubblico e privato apparati atti alla decodificazione di trasmissione audiovisive ad accesso condizionato. Indipendentemente, beninteso, che queste siano effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma analogica o digitale. Rientrano in questo gruppo anche le trasmissioni che non sono a pagamento, ma che comunque sono indirizzate solo a una determinata platea.

Ebbene, il ricorrente sosteneva che tale norma fosse riservata esclusivamente alle attività illecite a livello commerciale. Per la Cassazione, così non è: è l’articolo 171-ter (lettera f)-bis) della legge sul diritto d’autore a punire la distribuzione e la vendita delle attrezzature per la visione gratuita. L’art. 171-octies giustamente punisce anche chi si serve dei codici contraffatti per uso privato.

Il reato è il mancato pagamento del canone

A nulla valgono neanche le proteste dell’accusato riguardo il fatto che la smart card fasulla o copiata non sia mai stata trovata, e la sua affermazione di avere acquistato i codici di decodifica sul web. Per il tribunale di merito (e per la Cassazione) l’uomo ha utilizzato illegalmente il diffuso sistema del card sharing, che sostanzialmente consiste nel “condividere” un solo abbonamento con più utenti tramite Internet. Sistema che spesso –erroneamente– è ritenuto legale quando ad approfittarne sono più utenti che convivono nella stessa abitazione.

Per la Suprema Corte, più in generale, non sono importanti i mezzi attraverso i quali vengano elusi i sistemi di sicurezza: la finalità fraudolenta prevista dalla legge consiste unicamente nel mancato pagamento del canone per la visione di programmi normalmente forniti da una compagnia privata.

Sentenza collegata

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