Sicurezza sul lavoro: è ancora anche un problema di genere

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La recente presentazione del Rapporto annuale Ispettorato Nazionale del Lavoro (d’ora in avanti INL) sull’attività ispettiva e quello dell’INAIL relativo all’andamento infortunistico, riferiti entrambi al 2021, costituiscono una ennesima occasione per fare alcune riflessioni sul tema della salute e sicurezza sul lavoro in una ottica di genere. I dati, in prima battuta, forniscono il numero complessivo degli infortuni e sui dati del lavoro nero, salvo poi scindere i numeri in relazione al sesso, per evidenziare i divari nella percentuale maschi/femmine. Occorre invece, al fine di una reale ed efficace analisi, fare una disaggregazione dei dati, oltretutto, per consentire di comprendere sempre meglio le dinamiche del mondo del lavoro, l’esposizione ai rischi differenziata in relazione agli ambiti occupazionali e cosi studiare strumenti di prevenzione efficaci e mirati che consentano di tenere nella dovuta considerazione le diversità di genere intese, non solo come differenze biologiche, ma anche come diversa incidenza dei rischi psicosociali ( diversa esposizione a rischio, diversa percezione del rischio, diversi ruoli nella vita sociale) che inevitabilmente influiscono sulle condizioni e sulle scelte di lavoro. Con il presente articolo provvederemo a fare una rapida disamina delle cause e delle conseguenze a livello di approccio metodologico alla valutazione dei rischi sulla differenza di genere.
L’articolo si suddivide in più paragrafi associati a “brocardi latini”, a mò di brevi slogan curiosi, ognuno dei quali fornisce solo dei rapidi cenni su tematiche che, in altro tempo e luogo, approfondiremo in modo più completo e puntuale.

     Indice

  1. Le donne “vittime” che devono farsi dare garanzie da qualcuno.. “caveo ab aliquo”
  2. Donna: “Cave” attenta ed attenta a non inciampare. “cave ne titubes”, ma resta un problema di genere.
  3. Donna ricorda che “cavendum est ne..neve”.. bisogna evitare che..e che
  4. Datore di lavoro come garante “caveo (de) aliqua re“. Quale possibile strumento?

1. Le donne “vittime” che devono farsi dare garanzie da qualcuno.. “caveo ab aliquo”

L’analisi dei dati sulla distribuzione di genere delle violazioni connesse ai fenomeni monitorati dall’INL consente di rilevare una generale diminuzione delle percentuali relative alle lavoratrici interessate dai singoli fenomeni rispetto al totale dei lavoratori interessati (la pandemia ha fortemente condizionato l’andamento del fenomeno infortunistico del biennio 2020/21 ed i dati sulle denunce di infortunio nel 2021 registrano, rispetto all’anno precedente, un calo dei casi in complesso con una significativa riduzione degli infortuni mortali, circostanza che, nel 2022 ,ha purtroppo subito uno scostamento in senso contrario). Le donne sul lavoro però restano “vittime” nell’accezione più ampia del termine e il tutto peggiora all’indomani di un infortunio: sono ancora oggi più disoccupate degli uomini; quando lavorano ricevono paghe più basse; quando subiscono infortuni ottengono indennizzi meno elevati; e quando perdono il figlio o il marito per un infortunio mortale devono attendere tempi lunghissimi per la costituzione delle rendite loro spettanti, sempre che tale diritto venga loro effettivamente riconosciuto. Nessun valore viene, inoltre, attribuito all’assistenza che la donna presta alla famiglia ed alla casa. Il D. Lgs n° 81/2008 ( Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) ha stabilito, per la prima volta, che nella valutazione dei rischi sul lavoro, oltre agli altri fattori, va tenuto in considerazione anche il genere. Ma al dettato normativo devono seguire iniziative concrete, che trasformino i principi in bagaglio culturale e in piani di intervento reale, perché il benessere individuale e la maggiore o minore esposizione ai rischi connessi all’ambiente di lavoro passano anche dalla possibilità di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro.

2. Donna: “Cave” attenta ed attenta a non inciampare. “cave ne titubes”, ma resta un problema di genere.

Solo un approccio multidisciplinare però è capace di dare valore aggiunto e una nuova prospettiva di lettura al lavoro di genere e solo così esiste in concreto la possibilità di rendere reale una azione accademica. Se il tema della discriminazione nel mondo del lavoro è un tema che raramente è declinato dal punto di vista della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, i dati relativi agli infortuni e malattie professionali delle donne mostrano come in Italia esista ancora un “problema di genere”. E malgrado i passi avanti di questi ultimi anni ancor oggi l’approccio alla salute e sicurezza sul lavoro continua a prestare poca attenzione alle specificità legate al genere. Per migliorare le politiche aziendali e la consapevolezza delle differenze correlate all’appartenenza al genere maschile o femminile, rispetto alla sicurezza sul lavoro, è necessario rivedere la condizione della donna nel mondo del lavoro e non solo esclusivamente nella tradizionale prevenzione e protezione delle lavoratrici madri: importantissima certo, ma sicuramente non esaustiva del tema. Il datore di lavoro deve verificare se il proprio sistema di gestione della sicurezza e, comunque, la propria organizzazione del lavoro garantisca equità anche rispetto al genere. Bisogna mettere insieme competenze e saperi diversi e formazioni e appartenenze a realtà lavorative eterogenee, spaziare dalle competenze della ricerca accademica a quella specialistica dei professionisti. Le questioni di fondo che sottendono ad un corretto lavoro di ricerca devono partire dalle definizioni e significati dei termini e dei concetti. La parità di genere assume sempre più valenza di costrutto culturale che ci allontana progressivamente dai concetti sessualmente definiti di maschio/femmina, distanziando la differenza biologica quasi fosse un elemento disprezzabile poco significativo a segnare le diverse peculiarità. La sessualità è innata mentre il genere è appreso: ad esempio si ricorda che il pensiero scientifico ha “considerato per molto tempo il maschile come neutro, e tale equivoco tuttora permane nella normativa e nella sua applicazione”. Si ricorre, spesso, al concetto di sesso (riferito alle differenze fisiche, di carattere anatomico, fisiologico, biologico e ormonale) in qualità di sinonimo del termine genere (che indica, invece, la costruzione sociale che, in una determinata cultura, viene operata a partire da tali differenze e da cui derivano ruoli, funzioni e compiti). Ed è proprio nel “declinare il tema della salute e della sicurezza” che emerge la necessità e l’importanza di considerare l’intero “contesto di vita”, per “l’insorgenza di patologie influenzate da elementi che appartengono alla complessità delle attuali biografie femminili e maschili”.


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3. Donna ricorda che “cavendum est ne..neve”.. bisogna evitare che..e che

È necessario, ad esempio, valutare “i ruoli che le donne svolgono per la famiglia e sui luoghi di lavoro, i diversi tempi di vita e l’intera organizzazione della sfera produttiva e riproduttiva”. Il legislatore nel T.U. 8/08 intende evidenziare come per diverse tipologie di rischio (chimico, fisico, biologico, ergonomico e psicosociale) sia possibile osservare diversi effetti a seconda del “genere”. In molti casi, “le differenze riscontrabili possono essere spiegate con la diversa distribuzione dei due generi nelle varie attività, in altri con la sovrapposizione e impegno dovuto al lavoro casalingo e di cura. Il quadro che emerge mostra come sia nella sfera produttiva che fuori dall’ambito lavorativo, “i rischi per la salute non sono né qualitativamente, né quantitativamente, distribuiti in maniera omogenea tra i rappresentanti dei due sessi”. Bisogna superare lo stereotipo: maschio forte, lineare, sicuro ma un po’ pistola; donna umorale, super eroe che grazie alla capacità di usare contemporaneamente le due aree del cervello deve bastare a tutto, bambola. È necessario promuovere interventi di prevenzione diversificati, porre attenzione alle condizioni di lavoro per capire se i pericoli esistenti possano comportare rischi di natura ed entità diverse a seconda che il lavoratore sia maschio o femmina e di queste valutazioni sarà necessario tenere conto nell’adeguare le misure di prevenzione e protezione. Medicina di genere non significa medicina delle donne. Un approccio di genere significa anche promuovere all’interno della ricerca medica e farmacologica l’attenzione alle differenze biologiche, psicologiche e culturali che ci sono tra i due sessi e le misure di prevenzione adottate vanno valutate e aggiornate periodicamente. La valutazione è un processo continuo, che va aggiornato sia periodicamente che sulla base di eventi, rilievi e osservazioni. Le segnalazioni servono a migliorare la gestione dei rischi come far partecipare uomini e donne al processo di controllo e riesame così come tenersi aggiornati sui nuovi sviluppi nel campo della salute professionale in relazione al genere. Bisogna puntare a valorizzare sempre di più le diversità di genere al fine di creare valore nell’ambiente lavorativo: la parità uomo-donna in questo senso potrebbe contribuire ad un sensibile aumento del Pil.

4. Datore di lavoro come garante “caveo (de) aliqua re“. Quale possibile strumento?

L’istituzione della certificazione della parità di genere che comporterà sgravi contributivi per le aziende e un punteggio premiale per la concessione di aiuti di Stato; obbligo di redigere un rapporto periodico sulla situazione del personale: queste sono alcune delle novità introdotte dalla L. n. 162 del 5/11/2021, di modifica al D. Lgs n. 198/2006 , in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Obiettivo delle nuove regole è garantire un maggiore rispetto della parità di genere sui luoghi di lavoro, contrastando il gap salariale tra uomo e donna e favorendo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La legge integra e amplia la nozione di discriminazione diretta e indiretta di cui all’art. 25 del Codice delle pari opportunità (D. Lgs. n. 198/2006), aggiungendo, fra le fattispecie discriminatorie, anche gli atti di natura organizzativa e oraria nei luoghi di lavoro, riguardanti la progressione di carriera volte, sostanzialmente e indirettamente, a sfavorire la lavoratrice, anche qualora essi siano compiuti durante la fase di selezione di nuovo personale. E’ necessaria una imminente rivisitazione del welfare aziendale in suo ogni aspetto in una ottica di giusta attitudine mentale e se vogliamo davvero affrontare la questione correttamente, ciascuno degli operatori del diritto deve mettersi in gioco: datori di lavoro, lavoratori, organi di vigilanza ed in primis il legislatore. Il fine comune è creare un mindset vincente per superare gli ostacoli reali esistenti oggi per non creare ulteriori divari e disparità di trattamento legati al genere nel mondo del lavoro.

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