Sospensione degli sfratti fino al 30 giugno 2020

Redazione 19/03/20
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Dalla Gazzetta ufficiale del 17 marzo 2020 (pdf in allegato), si evince un nuovo provvedimento che incide sui diritti dei locatori e sulle loro tasche, già in grande difficoltà per il mancato pagamento dei canoni di locazione.

L‘art. 103 c. 6, recita che l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020. Non potranno, quindi, essere eseguite le procedure in corso fino a tale data, con un inevitabile aggravio per i proprietari per il pagamento delle tasse sui canoni non percepiti (il credito di imposta sull’uso diverso non sembra aver questa grande incidenza e sembrerebbe valere solo per il mese di marzo) ed una dilatazione dei tempi per le esecuzioni, già non brevi per antonomasia.

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SFRATTI E PROCESSO LOCATIZIO: COSA CAMBIA CON I DECRETI EMERGENZIALI

Le misure di contenimento per arginare la diffusione della pandemia in corso hanno coinvolto anche il settore degli sfratti.L’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18/2020 dispone la sospensione dell’esecuzione per rilascio di immobili, anche ad uso non abitativo, fino al 30 giugno 2020.Con questa disposizione, si desume che il legislatore abbia inteso bloccare temporaneamente l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio, per evidenti ragioni strettamente riconducibili alla gestione dell’emergenza sanitaria in corso.Tuttavia, va chiarito che la norma non preclude l’inizio dell’esecuzione nel senso che non impedisce la notifica dell’atto iniziale.Per questo, il presente lavoro, oltre a fornire il quandro ordinario di riferimento della disciplina, si pone quale strumento utile al Professionista che debba trattare questa tipologia di procedimenti nel corso della decretazione d’urgenza.

Giuliana Gianna | 2020 Maggioli Editore

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Gli immobili ad uso  abitativo

La disciplina delle locazioni ad uso abitativo è dettata dalla legge 431 del  1998 che ha abolito il regime vincolistico in precedenza previsto dalla legge 392/1978  (conosciuta  come  equo  canone)  che  obbligava  ad  affittare  gli  immobili ad un canone prestabilito. Oggi, chi decide di concedere o prendere in affitto una casa ha a disposizione varie tipologie di contratti. Tra queste, due sono quelle principali:

– a canone libero, ai sensi dell’art. 2 comma 1: in esso i contraenti posso- no decidere liberamente l’ammontare del canone e le altre condizioni della locazione con l’unico obbligo di rispettare la durata minima, non inferiore a quattro anni, rinnovabile automaticamente di altri quattro se non sussistono condizioni particolari per la disdetta;

– a canone concordato, ai sensi dell’art. 2 comma 3: il corrispettivo viene pattuito in base ad alcuni criteri stabiliti in accordi stipulati tra le organizzazioni degli inquilini e quelle dei proprietari. Si conclude un contratto sulla base  di  appositi  contratti-tipo  definiti  dalle  organizzazioni  di  proprietari  e conduttori, dalla durata non inferiore ai tre anni, prorogabile di altri due in mancanza di accordo o delle specifiche condizioni richieste dalla legge. Per tale tipo di contratto il canone di locazione è inferiore alla misura dei canoni correnti di mercato e per incentivare l’utilizzo di questa forma di contratti, introdotti con lo scopo di contenere i prezzi di mercato e venire incontro alle esigenze di chi è costretto a prendere in locazione un immobile, il legislatore ha pensato di concedere, sia al locatore che all’inquilino, alcuni non trascu- rabili vantaggi fiscali.

In entrambi i casi, contratto a canone libero o contratto a canone concorda- to, è necessario verificare che vengano rispettate le regole imposte dalla legge. Se, invece, il contratto ha una validità inferiore ai quattro anni con grande probabilità è un contratto illegittimo che può essere invalidato. I contratti brevi sono previsti dalla legge solamente per gli studenti o per chi utilizza una casa in una città diversa da quella in cui abita per un periodo determinato,  per  motivi  di  lavoro,  o  per  precise  necessità  del  proprietario. Le  motivazioni  devono  essere  specificate  nel  contratto  e  se  tutto  ciò  non  è ben chiarito nel contratto di locazione, probabilmente si è in presenza di un contratto illegittimo.

 

Locazioni relative ad alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica

Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 re- cante “Norme per l’assegnazione e la revoca nonchè per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia  residenziale pubblica” all’art. 1 contiene la definizione di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.

Sono considerati tali gli alloggi costruiti o da costruirsi da parte di enti pubblici a totale carico o con il concorso o con il contributo dello Stato con esclusione degli alloggi costruiti o da costruirsi in attuazione di programmi di edilizia convenzio- nata e agevolata. Sono escluse altresì dall’applicazione delle norme del presente decreto le assegnazioni relative a costruzioni a carattere provvisorio o comunque destinate al ricovero temporaneo delle famiglie rimaste senza tetto a seguito di eventi calamitosi, nonchè agli alloggi costruiti o da costruirsi dalle cooperative edilizie, agli alloggi realizzati da imprese od enti per il proprio personale ed a quelli destinati a dipendenti di Amministrazioni statali per esigenze di servizio.

Per le case di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP), che sono di proprietà delle Regioni o dei Comuni, la legislazione viene emanata regione per regione e si utilizzano forme contrattuali che prevedono principalmente un canone adeguato al reddito.

In  questo  caso  il  contratto  deve  corrispondere  alla  normativa  emanata dalla regione nella quale si abita. Per Edilizia Residenziale Pubblica, detta anche edilizia sovvenzionata, s’intende il patrimonio immobiliare realizzato a totale carico dello Stato e/o di altri enti pubblici (regioni, comuni, ex IACP-Istituto Autonomo Case Popolari), per la costruzione di abitazioni a costo contenuto per i cittadini meno abbienti.

Sfratto per  necessità del proprietario

La  legge  n.  431/1998  stabilisce,  all’art.  3,  che  alla  prima  scadenza  dei contratti stipulati in base alla disciplina per gli immobili siti in aree urbane, il  locatore  può  negare  il  rinnovo  del  contratto,  dandone  comunicazione  al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, solo per i seguenti motivi:

a)  quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b)  quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con  finalità  pubbliche,  sociali,  mutualistiche,  cooperative,  assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c)  quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando  l’immobile  sia  compreso  in  un  edificio  gravemente  danneggiato  che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e)  quando  l’immobile  si  trovi  in  uno  stabile  del  quale  è  prevista  l’integrale ristrutturazione,  ovvero  si  intenda  operare  la  demolizione  o  la  radicale trasformazione  per  realizzare  nuove  costruzioni,  ovvero,  trattandosi  di immobile  sito  all’ultimo  piano,  il  proprietario  intenda  eseguire  soprae- levazioni  a  norma  di  legge  e  per  eseguirle  sia  indispensabile  per  ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;

f)  quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;

g)  quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Il tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione. nel caso di immobili adibiti ad uso non abitativo il conduttore deve darne avviso al conduttore almeno dodici mesi prima della scadenza fissata. In mancanza il contratto si intende tacitamente prorogato per un analogo termine, o per due anni se si tratta di contratto stipulato con l’ausilio delle associazioni rappresentative. In ogni caso, il recesso del locatore è sempre previsto solo per i casi esplicitamente menzionati dalla legge.

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