Separazione a pochi anni dal matrimonio e mantenimento

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Se in un matrimonio la crisi coniugale avviene dopo pochi mesi, il contributo fornito dalla moglie al patrimonio familiare non può che essere minimo.

L’assegno di mantenimento non va riconosciuto.

Il mantenimento all’ex coniuge

Quando si parla di assegno di mantenimento si indica quello che viene riconosciuto dopo la sentenza di separazione e che resta sino al divorzio.

Dopo la pronuncia che scioglie il matrimonio, l’assegno di mantenimento viene sostituito dall’assegno divorzile che vale “a tempo indeterminato” e sino a quando non sopraggiunga una modifica del reddito di uno dei due ex coniugi.

Non essendoci una legge che dica in che modo debbano essere calcolati l’assegno di mantenimento e quello di divorzio, ci ha pensato la giurisprudenza.

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Assegno di mantenimento e durata del matrimonio

L’assegno di mantenimento garantisce al coniuge con il reddito più basso, lo “stesso tenore di vita” che aveva durante il matrimonio.

Questo significa che dovrebbe garantire il soddisfacimento di quei bisogni e delle comodità che gli erano consentite in costanza di convivenza.

A questo fine, si deve eliminare dai redditi ogni sproporzione, in modo che i due importi, al netto delle spese da sostenere, che dopo la separazione sono sempre maggiori, siano, se non uguali, almeno equivalenti.

La Suprema Corte di Cassazione ha più volte detto che, nella quantificazione dell’assegno, bisogna sempre tenere conto della durata del matrimonio.

Meno dura e più modesto deve essere l’importo.

La giurisprudenza ha da sempre stabilito che la durata del matrimonio rileva ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento, ma non lo può negare.

Secondo la Cassazione, un matrimonio che dura poco può incidere sull’ammontare della somma dovuta a titolo di mantenimento, ma non sul suo riconoscimento (Cass. 13 ottobre 2014 n. 21597, Cass. 29 gennaio 2010 n. 2156, Cass. 16 dicembre 2004 n. 23378), che non può essere negato in caso di disparità economica tra i due ex, perché lo scopo del mantenimento è eliminare la disparità.

Anche se il matrimonio è stato breve e i coniugi non hanno convissuto, il coniuge che ha ingenti disponibilità economiche deve mantenere l’altro, anche se lo stesso ha adeguati redditi.

Il dislivello economico tra le parti deve fare presumere che durante il matrimonio, il coniuge meno abbiente, anche se autonomo, abbia avuto un tenore di vita molto più elevato di quello che potrebbe avere a  matrimonio finito.

Assegno di divorzio e durata del matrimonio

L’assegno di divorzio serve per consentire il sostentamento al coniuge che non abbia la capacità di mantenersi per cause esterne alla sua volontà, ad esempio età, assenza di formazione professionale, crisi occupazionale.

L’importo dovrebbe essere più basso rispetto a quello del precedente mantenimento.

Ai fini del calcolo si devono considerare una una serie di fattori.

Il primo è il contributo che il coniuge economicamente più debole ha dato al patrimonio della famiglia con la sua attività domestica.

Ogni volta che uno dei due coniugi, di solito, la moglie, d’accordo con l’altro, rinuncia alla carriera e al lavoro per dedicarsi a casa e figli, l’assegno divorzile deve tenere conto del sacrificio e fornire una congrua ricompensa, perché grazie a questo sacrificio l’altro coniuge è riuscito a dedicarsi di più alla carriera, vedendo aumentare il suo stipendio.

Anche in questo caso, l’assegno di divorzio dipende dalla durata del matrimonio, perché meno dura il rapporto, minore sarà stato il contributo fornito dalla casalinga alla famiglia.

Per evitare il sorgere di rendite parassitarie, il legislatore prevede che i parametri per calcolare l’assegno divorzile debbano sempre tenere conto della durata della comunione di vita tra i coniugi.

Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte di Cassazione, hanno chiarito che l’assegno divorzile ha natura perequativa e assistenziale.

La sua funzione è quella di compensare il contributo fornito dal coniuge che chiede il trattamento. Ma quando il matrimonio è stato di durata che non incide sulla formazione del patrimonio delle parti, non può essere accampato nessun  diritto o almeno l’importo è notevolmente ridotto.

La giurisprudenza ha da sempre stabilito che la durata del matrimonio risulta essere rilevante ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento, ma, allo stesso tempo, non ne può comportare  la negazione.

Secondo la Cassazione, un matrimonio che dura poco può incidere sull’ammontare della somma dovuta a titolo di mantenimento, ma non sul suo riconoscimento (Cass. 13 ottobre 2014 n. 21597, Cass. 29 gennaio 2010 n. 2156, Cass. 16 dicembre 2004 n. 23378), che non può essere negato se c’è disparità economica tra i due ex, perché il fine del mantenimento è eliminare la disparità.

Per evitare che sorgano di rendite parassitarie, il legislatore prevede che i diversi parametri per calcolare l’assegno divorzile debbano sempre considerare la durata della comunione di vita tra i coniugi.

La durata deve essere calcolata in relazione all’intera durata legale del vincolo, che si esaurisce con la pronuncia di divorzio (Cass. 11 ottobre 2006 n. 21805).

Se il matrimonio è durato poco, ma dopo la separazione, il coniuge economicamente più debole si dedica alle attenzioni quotidiane nei confronti dei figli, continuando a sacrificare le sue aspirazioni relative al lavoro, ha diritto a un assegno di divorzio che dovrà essere conforme all’effettiva durata del suo impegno a favore della famiglia.

Separazione dopo pochi anni di matrimonio e mantenimento

Alla luce delle indicazioni in precedenza fornite è possibile comprendere se, in caso di divorzio dopo poco tempo dal matrimonio, ci può essere assegno di divorzio.

In una simile circostanza la risposta è negativa se si dimostra che il coniuge più debole non ha fornito un valido contributo al patrimonio familiare.

Ad esempio, una coppia senza figli o una moglie che aveva un lavoro part-time e trascorreva  una parte del tempo fuori di casa.

Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte di Cassazione, hanno chiarito che l’assegno divorzile ha natura perequativa e assistenziale.

La sua funzione è compensare il contributo fornito dal coniuge che chiede il trattamento.

Anche in questo caso, come scritto in precedenza, quando il matrimonio è stato di una durata che non ha inciso sulla formazione del patrimonio delle parti, non può essere accampato nessun diritto o almeno l’importo è notevolmente ridotto.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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