Violazione del codice della strada: il proprietario del veicolo è sempre obbligato a fornire i dati del conducente (Cass. n. 5585/2013)

Redazione 06/03/13
Scarica PDF Stampa

Ordinanza

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1701 del 2010 (depositata l’11 novembre 2010) il Tribunale di Ferrara respingeva l’appello proposto da L. L. nei confronti del Comune di Capparo avverso la sentenza n. 446 del 6.10.2008 del Giudice di pace di Ferrara, confermando il rigetto dell’opposizione proposta dalla L. n. 689 del 1981, ex art. 22 dall’appellante avverso il verbale di accertamento n. (omissis) (del 26.10.2007) dagli agenti della Polizia Municipale di Copparo evocato, relativo alla violazione dell’art. 126 bis C.d.S., per non avere ottemperato, senza giustificato motivo, all’invito di fornire le indicazioni sui dati personali e sulla patente di guida di colui che in data (omissis) alle ore 20.57 conduceva il veicolo Peugeot 306 di proprietà dell’intimato.

Il L. proponeva ricorso per cassazione (notificato il 3.5.2011 e depositato il 17.5.2011) nei riguardi della predetta sentenza formulando un unico motivo, con il quale lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 126 bis C.d.S..

Il Comune intimato non si costituiva in questa fase.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso. All’udienza camerale il Procuratore ******** ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

Motivi della decisione

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta:

“L’unico motivo di ricorso, con il quale, denunciando violazione dell’art. 126 bis C.d.S. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice del gravame ha dichiarato la responsabilità dell’intimato in assenza di invio dei dati personali e della patente del conducente al momento della commissione della violazione contestata, dal momento che egli non aveva negato di essere il conducente del veicolo, ma che la sua autovettura non aveva mai percorso la via indicata nell’accertamento, appare non fondato.

In tema di violazioni al codice della strada, integra l’ipotesi di illecito amministrativo previsto dal combinato disposto degli artt. 126 bis e 180 C.d.S. l’omessa collaborazione che il cittadino deve prestare all’autorità amministrativa al fine di consentirle l’attuazione dei necessari e previsti accertamenti per l’espletamento dei servizi di polizia stradale. La vigente normativa di cui alla L. n. 286 del 2006 (applicabile ratione temporis), sopravvenuta a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sent. 12 gennaio 2005 n. 27), dopo aver eliminato, al quarto periodo del secondo comma dell’art. 126 bis C.d.S., la previsione della riduzione dei punti – patente in danno del proprietario del veicolo, ha riaffermato a carico dello stesso l’onere della comunicazione dei dati del conducente, stabilendo il termine dei sessanta giorni dalla notificazione del verbale, ha, poi, anche ribadito, nella modificazione del sesto periodo, l’illiceità di per se stessa dell’omessa comunicazione, sanzionandola autonomamente con il pagamento d’una somma da Euro 250,00 ad Euro 1.000,00.

Al riguardo, questa corte ha ripetutamente evidenziato che, in tema di violazioni al codice della strada, l’ipotesi dell’illecito amministrativo previsto dal disposto dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2 (concetto che vale anche per la L. n. 286 del 2006, art. 164), va intesa nel senso che il legislatore ha ritenuto di sanzionare l’omissione della collaborazione che il cittadino – ed, in particolare, il proprietario del veicolo in quanto titolare della disponibilità di esso e quindi responsabile dell’immissione dello stesso nella circolazione – deve prestare all’autorità preposta alla vigilanza sulla circolazione stradale al fine di consentirle di procedere agli accertamenti necessari per l’espletamento dei servizi di polizia amministrativa e giudiziaria, dovendosi tener conto che la violazione delle norme del C.d.S. può assumere rilevanza non solo amministrativa ma anche penale. Interpretazione che trova conferma anche nella lettura della richiamata sentenza n. 27/2005 della Corte Costituzionale, nella quale non va, infatti, confusa la valutazione della parte del secondo comma dell’art. 126 bis C.d.S. – come modificato dal D.L. 27 giugno 2003, n. 151 a sua volta modificato dalla legge di conversione 1 agosto 2003, n. 214 – dichiarata incostituzionale, che era quella in cui veniva commi nata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell’infrazione stradale, con la valutazione d’altra parte della stessa norma, che è quella rilevante nel presente giudizio, non solo non dichiarata incostituzionale, ma la legittimità della cui applicazione che è stata, anzi, espressamente affermata dal giudice delle leggi che, a conclusione della motivazione, si è testualmente espresso nel senso che: “L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza, rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all’art. 180 C.d.S., comma 8.

Nella specie il giudice del gravame ha fatto corretta applicazione della citata norma del codice della strada posta a base dell’infrazione contestata al ricorrente.

Il proprietario del veicolo, infatti, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità di identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado d’adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente (in tal senso, v. Cass. 12 giugno 2007 n. 13748; Cass. 24 aprile 2008 n. 10786; Cass. 8 agosto 2007 n. 17348).

L’argomentazione di avere comunque ottemperato all’obbligo di comunicazione mediante la dichiarazione di non avere mai transitato con la autovettura nella via indicata nel verbale di accertamento è parimenti del tutto priva di pregio, basandosi su una lettura della norma incompatibile tanto con il suo tenore letterale, quanto con la sua chiara ratio giustificatrice, rappresentata dall’obiettivo di individuare e quindi sanzionare il reale trasgressore della violazione, da cui emerge chiaramente che l’obbligo in parola può considerarsi assolto soltanto con la comunicazione completa delle informazioni richieste.

Per completezza si rileva che il L. non risulta avere contestato la legittimità dell’accertamento della contestazione dell’illecito presupposto ovvero il procedimento di irrogazione della relativa sanzione amministrativa, circostanza che concorre ad avvalorare la correttezza della decisione del giudice di merito che ha disatteso la giustificazione dell’omessa comunicazione dei dati relativi al conducente dedotta dal ricorrente”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta, sono condivisi dal Collegio e, pertanto, il ricorso va rigettato.

Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in difetto di costituzione della controparte.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 23 novembre 2012.

Redazione