Tribunale Sezione civile Bologna sez. IV 26/1/2009; Pres. G. Colonna

Redazione 26/01/09
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IN FATTO E DIRITTO

Il reclamante chiede la revoca dell’ordinanza emessa in data 18.12.08 dal giudice delle esecuzioni immobiliari, dott. *********, con la quale è stata respinta, nel procedimento per opposizione di terzo, la domanda di sospensione dell’esecuzione n. 365 07 R.G., procedura promossa da G. M. nei confronti del predetto e di **************, con l’intervento di vari creditori.

Il reclamante ribadisce le difese già esposte in sede di opposizione all’esecuzione ed in particolare deduce:

– l’opponibilità del fondo, regolarmente trascritto ed annotato a margine dell’atto di matrimonio, ai creditori, in mancanza dell’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.;

– l’intervenuta prescrizione dell’azione;

– la mancanza degli avvisi prescritti dagli artt. 498, 599, 600 c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c al terzo Fondo Patrimoniale per la Famiglia;

– l’incompletezza della documentazione richiesta a corredo dell’istanza di vendita.

Per contro, la motivazione dell’ordinanza è basata:

– sulla classificazione dell’opposizione nell’ambito della materia della pignorabilità dei beni;

– sulla necessità che l’opponente assolva all’onere della prova, su di sé gravante, come da giurisprudenza costante della Suprema Corte (e di recente, Cass. 15.03.06, n. 5684), della estraneità delle obbligazioni assunte dal debitore ai bisogni della famiglia e della conoscenza di tale estraneità in capo al creditore, al momento in cui l’obbligazione è sorta;

– sulla interpretazione evolutiva ed estensiva data dalla giurisprudenza al concetto di "bisogni della famiglia", sia nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, che extra-contrattuali;

– sul contrasto tra l’interpretazione operata dall’opponente con riferimento all’art. 170 c.c. (che escluderebbe qualsiasi esecuzione) ed invece il principio dell’esenzione parziale che si ritiene introdotto dall’articolo citato; mentre una diversa interpretazione eluderebbe del tutto la garanzia posta dall’ordinamento per i creditori dall’art. 2740 c.c.;

– sull’opponibilità, in ogni caso, del credito ipotecario iscritto in data antecedente alla costituzione del fondo;

– sulla considerazione che non si possa parlare, in definitiva, di impignorabilità, ma unicamente di una questione attinente alla distribuzione.

Si è costituito il creditore procedente chiedendo il rigetto del reclamo e la conferma del provvedimento impugnato, in particolare insistendo:

– sulla tardività dell’impugnativa, essendo decorso il termine di quindici giorni previsto dall’art. 669 terdecies, con inizio dalla pronuncia dell’ordinanza resa all’udienza del 18.12.08;

– sull’eccessività dei beni costituiti in fondo a soddisfare i bisogni della famiglia;

– sul mancato assolvimento dell’onere della prova, (gravante sull’opponente), della conoscenza in capo ai creditori dell’origine del credito per scopi diversi dal soddisfacimento dei bisogni familiari;

– sulla mancanza dei "gravi motivi" legittimanti la sospensione.

Anche altri creditori si sono costituiti per contrastare il reclamo e chiedere la conferma del provvedimento impugnato.

All’esito della discussione, il Collegio, valutata la tempestività del reclamo, proposto nel termine di quindici giorni, decorrenti dal giorno successivo alla pronuncia dell’ordinanza emessa all’udienza del 18.12.08. osserva che lo stesso è del tutto infondato ed in quanto tale va disatteso.

Preliminarmente, va evidenziato che la motivazione del G.E. è del tutto coerente e condivisibile, nonché ampiamente diffusa sia sull’evoluzione giurisprudenziale intervenuta in materia, che sul caso di specie e può essere, pertanto, integralmente recepita e condivisa.

Come è noto, la questione del Fondo Patrimoniale è stata affrontata dalla giurisprudenza della Suprema Corte, con un’interpretazione evolutiva, tale da non frustrare totalmente la norma generale dettata dall’art. 2740 del codice civile sulla garanzia rappresentata dai beni del debitore. In tale ottica interpretativa, la Suprema Corte ha affermato:

– la piena responsabilità del fondo per le obbligazioni extra-contrattuali (v. Cass. 8991/03);

– la non opponibilità della tutela specifica della norma di cui all’art. 170 c.c. al creditore che vanti crediti derivanti da spese o comunque da debiti contratti per la produzione del reddito destinato a soddisfare i bisogni della famiglia (v. anche i debiti tributari derivanti al contribuente dalla sua qualifica di imprenditore – così Cass. 11683/01);

– la possibilità di declaratoria di inefficacia mediante l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria della costituzione del fondo patrimoniale in cui i coniugi abbiano destinato un immobile di proprietà, in base alla considerazione della natura gratuita di tale atto (v. Cass. 17/01/2007, n. 966).

Ciò che rileva, ai fini dell’applicazione della norma esaminata è, secondo la Suprema Corte, la relazione esistente tra il fatto generatore delle obbligazioni ed i bisogni della famiglia (v. la già cit. sent. 18/07/03, n. 11230).

Ciò premesso, ai fini dell’inquadramento della questione, il primo argomento rilevante, pure evidenziato dal G.E. è rappresentato dall’onere della prova dell’origine dell’obbligazione per fini estranei ai bisogni familiari, che grava pur sempre sul debitore.

In altre parole, per evitare l’esecuzione, il debitore (o, come in questo caso, il terzo, sia pure nell’anomalia della duplice funzione di debitore e legale rappresentante del Fondo), deve provare: a) che i debiti siano contratti dai coniugi per esigenze diverse da quelle della famiglia; b) che il creditore fosse consapevole di tale estraneità al momento del perfezionamento dell’obbligazione.

È pacifico che l’opponente non ha, in alcun modo, assolto a tale onere probatorio.

La dimostrazione in oggetto è, invece, altamente rilevante, in quanto, come correttamente evidenziato dal G.E., la norma dell’art. 170 c.c. non è intesa a creare una categoria di beni impignorabili, ma unicamente a creare una preferenza per i creditori e quindi la possibilità di un’esecuzione parziale; la conseguenza diretta di questo principio, nel caso di specie, è che le questioni sollevate in maniera impropria dall’opponente, per sostenere l’impignorabilità dei beni costituiti in fondo, possono e devono valere unicamente in sede di distribuzione del ricavato.

Appare, quindi, del tutto errato il convincimento manifestato in sede di opposizione, secondo il quale i creditori, per aggredire i beni immobili del Fondo, avrebbero dovuto prima revocare la costituzione del medesimo, in quanto tale convincimento tende a ribaltare la regola dettata dall’interpretazione giurisprudenziale sopra ricordata in tema di onere della prova e non può essere, quindi. condivisa.

In più, con riferimento al caso di specie, va osservato che vi è un creditore (con un credito di non poco conto, circa 350.000 €), con iscrizione di ipoteca antecedente alla costituzione, a cui nulla può essere opposto; è, inoltre, pacifica la pertinenza di varie obbligazioni ai bisogni della famiglia (v. i debiti verso il condominio).

La conseguenza diretta di tali argomenti, correttamente evidenziati dal G.E., è quella che le questioni sul Fondo dovranno essere poste al momento della distribuzione del ricavato della vendita dei beni.

Infine, va ribadita l’assoluta genericità ed infondatezza delle doglianze pure rivolte in reclamo nei confronti della procedura esecutiva, in tema di mancanza di avvisi (v., per contro, gli avvisi depositati agli atti della procedura esecutiva) e di incompletezza della documentazione attinente agli immobili, che andrebbero comunque formulate in altra sede, mediante l’opposizione agli atti.

Da tutte le considerazioni che precedono discende il rigetto del reclamo così come proposto e la conferma del provvedimento impugnato.

Alla soccombenza dell’opponente consegue, altresì, la condanna dello stesso al pagamento di tutte le spese della fase.

Per tali motivi,

IL TRIBUNALE

decidendo, ai sensi degli artt. 624 co. 1° e 2° e 669 terdecies c.p.c., sul reclamo proposto da XX, quale rappresentante del Fondo Patrimoniale della Famiglia, nei confronti di G.M. e di vari creditori ed avverso il provvedimento emesso in data 18.12.08 dal Giudice delle Esecuzioni Immobiliari, dott. *********, così provvede:

– respinge il reclamo così come proposto, confermando, in ogni sua parte, il provvedimento oggetto di gravame;

– condanna il reclamante a rifondere a tutti i creditori costituiti le spese del reclamo, che liquida nella misura di € 2.500 ciascuno.

Così deciso in Bologna il 21 gennaio 2009.

Redazione