Tribunale Civile Milano sez. VI 14/2/2009 n. 2047; Pres. Bernardini A.

Redazione 14/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 15.6.05 i ******* (omissis) convenivano in giudizio avanti il Tribunale di Milano la (omissis) deducendo la nullità/invalidità/inefficacia dell’operazione di investimento in titoli Cirio Holding Sa 6,25% avvenuta in data 13/12/0l con addebito sul loro conto corrente di € 50.482,44; contestando la illegittimità del comportamento tenuto dalla Banca in occasione della vicenda in oggetto; lamentando plurime violazioni delle norme del TUF e del Reg. Consob n. 11522/98; instando, comunque, per il risarcimento dei danni fondati sulla dedotta responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della Banca.

In data 28.1 0.05 (omissis) notificava la propria comparsa di costituzione e risposta chiedendo il rigetto delle avverse domande e proponendo contestualmente istanza di fissazione di udienza.

La difesa degli attori, nei termini di legge, eccepiva la inammissibilità della istanza.

Il Presidente della sezione, all’esito del1a discussione tenutasi alla udienza del 25.11.05, accogliendo la eccezione del1a difesa attrice, dichiarava la inammissibilità del1a istanza di fissazione di udienza.
In data 25.11.05 il procuratore degli attori notificava alla controparte memoria ex art. 6 D.Lgs. 5/03 contenente la precisazione delle domande; produceva ulteriore documentazione e contestava la ammissibilità del1e prove formulate ex adverso.

In pari data la difesa del1a convenuta notificava agli attori nuova istanza di fissazione di udienza.
Nei termini di legge gli attori rassegnavano le proprie conclusioni definitive.

In data 26.9.07 il Giudice relatore, precedentemente investito della trattazione del procedimento, fissava udienza di discussione avanti il Collegio per il giorno 6.2.08, ammettendo alcuni capitoli di prova dedotti dalla ,difesa convenuta, ‘invitando le parti a comparire personalmente alla udienza per rendere l’interrogatorio libero e per esperire il tentativo di conciliazione, ed assegnando alle parti il termini di gg. 20 per il deposito del1e memorie conclusionali.

La udienza di discussione veniva differita per esigenze di ufficio al 27.2.08.
A tale udienza la difesa di parte convenuta eccepiva, in particolare, la novità della domanda di nullità per difetto di contratto quadro sollevata dalla difesa attrice per la prima volta nella memoria conclusionale e ribadiva la propria contestazione in ordine al difetto di nesso causale fra inadempimento e danno.
Al1’esito della discussione tenutasi in tale udienza il Collegio confermava il decreto del Giudice relatore e fissava per l’espletamento del1a prova il giorno 5.6.08 avanti il Giudice relatore.
Conclusa la fase istruttoria cui causa veniva posta nuovamente avanti il Collegio per la decisione con fissazione di nuova udienza al 7/09 e con designazione di nuovo Giudice relatore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rilevata la tardività della domanda di nullità fondata sull’inesistenza del contratto-quadro in quanto proposta, per la prima volta, nella memoria conclusionale.
La difesa convenuta ne ha ritualmente- e condivisibilmente- eccepito la "novità" nella prima utile difesa (cfr. verbale udienza collegiale 27.2.08).
Sul punto si osserva che sia in ragione della particolare natura della sanzione di nullità prevista dalle nonna del TUF ( nullità relativa, che può essere fatta valere solo dall’investitore), sia in conformità al principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, il Tribunale non può accertare né dichiarare profili di nullità diversi da quelli ritualmente dedotti in giudizio.

Del pari vanno disattese, alla stregua delle considerazioni di seguito espresse, le ulteriori domande di nullità tempestivamente proposte in giudizio, mentre va ritenuta accoglibile la domanda risarcitoria proposta, stimandosi sussistente un’ipotesi di conflitto di interessi non segnalata relativamente alla negoziazione oggetto di causa.

Sul punto si rendono opportune alcune considerazioni preliminari sulle vicende che hanno riguardato l’emissione delle obbligazioni riferite al Gruppo Cirio esegnatamente, le obbligazioni di cui è causa.

Il conflitto

La quasi totalità delle obbligazioni emesse dal Gruppo Cirio, tutte esclusivamente destinate ad investitori istituzionali, come previsto dalle varie "Offering Circulars".
sono state integralmente offerte e collocate in Italia, prevalentemente presso piccoli risparmiatori.
Pur tuttavia, come si rileva chiaramente dal Contratto di Sottoscrizione e Vendita allegato alle Offering Circulars, i managers avevano garantito e concordato di non offrire o vendere alcun titolo nella Repubblica italiana nelle forme della sollecitazione al pubblico.
E per tale motivo l’offerta non è stata oggetto di richiesta di autorizzazione presso la Consob ai sensi dell’art. 94 I comma TUF.
Pur prescindendosi dall’indagine sulla legittimità della procedura di collocamento dei titoli di cui è causa e di successiva vendita ad investitori non istituzionali, valorizzata dalla difesa attrice che deduce, altresì, la dolosa preordinazione fra le Banche creditrici del Gruppo Cirio nell’organizzazione delle modalità di acquisto incrociato e di successivo collocamento dei bonds ai risparmiatori, non appare revocabile in dubbio la presenza, nella specie, di un conflitto di interessi non segnalato, alla stregua della sequenza dei fatti di seguito descritta.
o il 30/1/01 viene lanciata sul mercato l’obbligazione di cui è causa (cfr. comunicato stampa, doc. 15 di parte attrice, redatto su carta intestata (omissis) la quale fa parte di sette emissioni (*****************, pag. 457).
· (omissis) nell’operazione, risultano aver rivestito la qualità di "bookrunners" (cfr., sempre, doc. 15 All. 2D).
Nel comunicato stampa si dà specifico rilievo al ruolo di (omissis) e si evidenzia che "a conferma del successo dell’operazione (omissis) e (omissis) hanno venduto prima del lancio una percentuale molto alta dell’emissione".
o Nell’Invitation Telex (doc. 6 di parte attrice) emerge che fra i chiamati alla sottoscrizione vi è anche (omissis)
o (omissis) accetta di partecipare al Consorzio di collocamento (doc. 6A di parte attrice).
o Sia (omissis), appartenente al (omissis), rivestono il ruolo di lead manager (doc. 5 di parte attrice).
o Il prezzo indicato nella Invitation Telex risulta essere sensibilmente inferiore al prezzo previsto per l’emissione, che a sua volta è inferiore a quello praticato nella negoziazione con gli odierni attori, avvenuta ad un prezzo superiore alla parità. (doc. 6 di parte attrice).
oNel 1999 la (omissis)
Con la successiva fusione del maggio del 2001 il Gruppo assume la denominazione di (omissis) (cfr. sito ufficiale della società).
o Dallo stralcio della relazione ******* (doc. 3 di parte attrice, pagg. 397, 398) risulta che (omissis) aveva concesso linee di credito per scoperto di conto corrente a Cirio Finanziaria per 3.0 milioni di euro
Sempre dalla relazione ******* ( pag. 398) si evince che il credito per 7,3 milioni di euro erogato alla Cirio Holding era garantito da pegno su azioni Cirio Finanziaria
o Nella relazione… gli ispettori Consob segnalano la situazione di conflitto relativamente a (omissis) la insufficienza delle procedure volte a disciplinare la situazione di conflitto relativamente a (omissis) (doc. 20 di parte attrice).
I fatti e le circostanze sopra descritte evidenziano che la vendita dei titoli, avvenuta’ nella fase del cd grey market, ha costituito innanzitutto un indubbio vantaggio per l’intermediario che doveva "liberarsi" della giacenza appena acquisita.
Inoltre, attraverso l’emissione delle obbligazioni, il Gruppo Cirio si è finanziato senza fare ulteriore ricorso al sistema bancario , ed anzi i proventi delle entrate costituite dalIa vendita dei bonds Cirio halmo concorso a ridurre il debito nei confronti degli istituti di credito.
Nella vicenda di specie la Banca (omissis) ha assunto la triplice veste di finanziatore per linee di credito nei confronti del gruppo Cirio con diritto di voto nelle assemblee delle società di tale gruppo quale creditore pignoratizio, dilead manager nel consorzio di collocamento dei bonds oggetto di causa e da ultimo, di intermediario finanziario nella vendita di alcune emissioni delle obbligazioni in oggetto.

Giova poi evidenziare che il prezzo della vendita in contropartita diretta applicato agli odierni attori è stato molto più alto di entrambi i prezzi di collocamento; e anche da questo più modesto, ma pur significativo, particolare emerge che la Banca ha perseguito il proprio interesse e non quello del cliente.

Il rimedio in caso di conflitto: nullità- annullamento· risarcimento danni da inadempimento
Ciò premesso, occorre ora individuare il rimedio applicabile alla fattispecie di conflitto e la conseguente sanzione.

Come è noto, la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte ha escluso il rimedio della nullità nelle ipotesi di violazione degli obblighi comportamentali posti a carico dell’intermediario dalle norme del TUF e dai Regolamenti attuativi che, nei casi di conflitto (cosi come nei casi di inadeguatezza della operazione finanziaria) prescrivono che gli intermediari devono in linea di principio astenersi, quindi rendere evidente il profilo di conflitto/ inadeguatezza e solo dopo aver dato le opportune avvertenze ed avere ricevuto ( con evidenza documentale) la indicazione di procedere, possono dare corso all’ ordine.

Parte della dottrina, mantenendo – almeno in un primo momento – un atteggiamento critico nei confronti dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite, ha invocato il rimedio della nullità per le operazioni compiute in conflitto di interessi, ovvero per le operazioni inadeguate, in assenza delle prescrizioni contenute nella normativa di riferimento.

La critica si è incentrata sulla constatazione che non siamo di fronte ad un generico dovere comportamentale, ad un mero obbligo di diligenza, ma ad un vero e proprio divieto legale che può essere scriminato solo in presenza di specifiche modalità esecutive.
Dunque la sanzione più appropriata dovrebbe essere la nullità per illiceità, in omaggio all’esigenza di ordine pubblico economico di garantire t’integrità dei mercati contro la diffusione di operazioni pericolose e molto probabilmente dannose (nullità virtuale ex art. 1418 c.c.).

Parte della giurisprudenza, invero precedente alla pronuncia delle Sezioni Unite, aveva molto suggestivamente costruito la sanzione di nullità seguendo un altro percorso e cioè ritenendo che la mancanza di avvertimento e di autorizzazione scritta da parte dell’investitore ( nei ‘casi di conflitto o di inadeguatezza) non configurasse una mera violazione di una regola di condotta, bensì la violazione di un requisito di forma intrinseco alla fattispecie negoziale ( cosi, il Trib. Venezia, 22.10.07).
Ed è’ stato ancora sostenuto che l’omissione di informazioni espressamente dovute per legge o per regolamento per assicurare la formazione di un consenso consapevole del cliente potrebbe operare quale causa di annullamento per raggiro omissivo, anche colposo, ai sensi dell’art. 1439 c.c. ogni volta che il cliente provi che la specifica informazione che l’intermediario non ha fornito non era già in suo possesso, con la conseguenza che la dichiarazione reticente o l’omessa informazione avrebbero inciso sul suo consenso rendendolo meno consapevole di quanto avrebbe dovuto essere.

Ciò premesso, premesso altresì che dal carattere imperativo di una norma non può inferirsi in via automatica che la sua violazione dia luogo a nullità ed in ossequio alla funzione nomofilattica delle giurisprudenza delle Sezioni Unite, questo collegio ritiene nella specie accoglibile la domanda risarcitoria formulata dalla difesa attrice subordinatamente alla domanda di nullità, quale naturale conseguenza dell’accertato inadempimento della convenuta agli obblighi sopra evidenziati e non assolti in punto conflitto.

Il nesso causale
La difesa convenuta, più volte, ed anche in sede di discussione orale avanti il Collegio, (cfr. verbale di udienza 7/09) ha contestato la sussistenza di un nesso causale fra inadempimento e danno.
La questione è delicata e affatto trascurabile.
Le Sezioni Unite, nel censurare la pronuncia della Corte di Appello di Torino nella parte in cui "non si è soffermata a valutare se sussistesse o meno la situazione di conflitto di interessi (…) poiché ha escluso che comunque vi fosse la prova della dannosità dell’eventuale conflitto" ( …) "sulla base della considerazione che le operazioni in questione, se anche compiute con un diverso intermediario, non avrebbero dato risultati differenti" hanno chiarito che "se la situazione di conflitto (è) configurabile, non (sono) le concrete e specifiche modalità esecutive a venire in questione, ma il compimento stesso dell’operazione che non avrebbe dovuto affatto avere luogo.
*****è la nota pronuncia non si sia particolarmente diffusa sulle ipotesi di conflitto e di inadeguatezza e sulle conseguenze che una siffatta situazione, ove accertata, determinano sul piano risarcitorio, può dirsi che almeno sul rimedio ( risarcimento e non nullità) e sul nesso inadempimento e danno ( da. considerarsi sussistente in re ipsa per il semplice fatto della violazione del divieto) non residuano spazi di dubbio.

E questo Collegio, al di là del doveroso rispetto per l’autorevole pronuncia, ritiene di condividere il principio secondo cui nella fattispecie di conflitto ( e di inadeguatezza) deve considerarsi irrilevante l’indagine sul nesso causale fra inadempimento e danno.
Proprio perché il divieto legale a carico dell’intermediario di compiere operazioni in difetto di informazione e di successiva autorizzazione del cliente opera sul semplice presupposto della presenza di un interesse in conflitto ( situazione) ed indipendentemente dall’incidenza dell’interesse sulla condotta dell’intermediario (azione) o sui termini dell’operazione ( risultato dell’azione), deve ritenersi irrilevante accertare il nesso di causalità fra la violazione dell’obbligo di astensione ed il pregiudizio patito dal cliente, consistito nella perdita totale o parziale dell’investimento.

E’ ben vero che la perdita di valore di uno strumento finanziario dipende essenzialmente dall’andamento sfavorevole, del mercato e che dunque può condividersi in linea di principio l’assunto secondo cui la eventuale perdita si registrerebbe negli stessi termini anche se l’operazione venisse compiuta da altro intermediario non portatore di quell’interesse in conflitto, pur tuttavia la previsione di un divieto legale di agire, che le Sez. Un. si sono incaricate di individuare e valorizzare, ma proprio la precipua funzione di prevenire e – in caso di violazione di trasferire il rischio sul soggetto che viola il divieto ( nella specie sul1’intermediario).
Neppure la circostanza che le operazioni di investimento siano per lo loro natura aleatorie vale a vanificare tale nesso: aleatorio è infatti il risultato economico delle operazioni ( in quanto legato all’andamento del mercato), ma non il contenuto dell’obbligazione di fedeltà e diligenza dell’intermediario nel rapporto con l’investitore che, anzi, deve atteggiarsi in modo ancor più stringente laddove si consideri che le operazioni di investimento sono intrinsecamente pericolose (potendo comportare la perdita totale o parziale del capitale investito o, in certe operazioni, addirittura di un capitale maggiore di quello inizialmente investito.
Deve al contrario ritenersi che, proprio in quanto rischio tipico del settore, l’andamento sfavorevole del mercato non valga ad interrompere il nesso di causalità.
D’altro canto costituisce un canone generale dell’ordinamento più volte teorizzato dalla dottrina e reso concreto dalla giurisprudenza il principio secondo cui qualora l’agente abbia violato non il generale precetto di condotta prudente, bensì un precetto specifico e precostituito, la responsabilità si estende a tutti gli eventi che siano realizzazione del pericolo in relazione al quale la regola di condotta è stata posta, indipendentemente da ciò che l’agente abbia previsto o potesse prevedere.

La ricostruzione del1a volontà ipotetica dell’investitore ( come l’informazione omessa avrebbe inciso sulla formazione del1a volontà del cliente) al pari del giudizio ipotetico sull’ordine degli eventi che si sarebbero altrimenti verificati, resta dunque irrilevante, atteso che una volta riconosciuto che si è in presenza di un divieto legale di agire, l’illecito consiste e si consuma nel semplice fatto di agire in violazione di un divieto.
Ciò che unicamente rileva è il fatto che l’intermediario ha posto l’investitore in una situazione di pericolo che il legislatore intendeva prevenire per scongiurare il rischio di un pregiudizio ritenuto insito in quel1a condotta.

Possibile interruzione del nesso causale
Una volta escluso il rimedio della nullità ed intrapresa la strada del risarcimento del danno, il fatto che la perdita dipenda dalla violazione del dovere di astensione non può significare che, una volta compiuta l’operazione, non si possano considerare comportamenti del1’intermediario idonei ad interrompere il nesso causale o a configurare un concorso di colpa del cliente nel1a produzione/aggravamento del danno.
Si pensi alle ipotesi in cui l’intermediario abbia suggerito il disinvestimento; ovvero alle ipotesi in cui il cliente non abbia aderito a vantaggiose offerte di scambio pur in assenza di fondate ipotesi di ripresa del titolo.
E sul punto, quanto al regime probatorio, si rammenta che la Suprema Corte, in una recente pronuncia, si è espressa ritenendo che " in tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (art, 1227 c. c.) configura non una eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, che deve essere esaminata, anche d’ufficio, dal giudice, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile – sul piano causale – la colpa concorrente dello stesso creditore" (Cass. n. 15382/06).
Le suesposte considerazioni assumono rilievo solo per completezza di indagine, non essendo stata nel caso di specie dedotta alcuna ipotesi di concorso di colpa dell’investitore nella causazione del danno.

Il quantum risarcibile
Se la violazione della diligenza professionale dell’intermediario risiede nel fatto di non essersi astenuto dal compimento dell’ operazione, il danno che consegue in via immediata e diretta al compimento dell’operazione è l’intero interesse positivo: cioè la perdita integrale o parziale del capitale, restando del tutto irrilevanti, come precisano le Sez. Un., "le modalità con cui l’operazione è stata in concreto realizzata o avrebbe potuto esserlo con altro intermediario".

Peraltro, solo la sanzione risarcitoria dell’intero interesse positivo rende effettivo il precetto che, diversamente, sarebbe del tutto svuotato di contenuto e rifluirebbe nel generico dovere di diligenza professionale.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte ed attesa la natura valoristica della obbligazione risarcitoria, la convenuta andrà condannata al risarcimento del danno nella misura di € 50.482,44, pari all’esborso sostenuto per l’acquisizione dei titoli, oltre rivalutazione monetaria in base agli indici ISTAT – costo vita dalla data dell’addebito sul conto ( 16.02.01) al saldo ed oltre interessi sulla somma rivalutata al tasso annuo medio ponderato del 3% ( cfr. ***** 1712195), con la medesima decorrenza.
La difesa convenuta non ha documentato la avvenuta corresponsione dI cedole prima del default, né la difesa attrice ha riconosciuta di averle percepite;
Pertanto l’ammontare del risarcimento resta come sopra quantificato.
L’accoglimento della domanda con riferimento al dedotto profilo del conflitto rende, superfluo l’esame delle ulteriori addebiti mossi dalla difesa attrice.

Le spese processuali che seguono la soccombenza, sono liquidate in favore degli attori nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra statuizione assorbita o disattesa, cosi provvede:
accertati la responsabilità della Banca convenuta per le ragioni di cui in motivazione, condanna la medesima al risarcimento del danno liquidato in favore degli attori in € 50.482,44 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 16.02.0 l al saldo ed oltre interessi sulla somma rivalutata al tasso medio ponderato del 3% dal 16.2.0l al saldo.
condanna la convenuta alla rifusione delle spese processuali degli attori liquidate in (omissis) per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Milano, il 7 gennaio 2009.

Redazione