Tribunale Amministrativo Regionale Lazio Roma sez. I 17/9/2010 n. 32352

Redazione 17/09/10
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FATTO

Espone il ricorrente che, superate le prove scritte dell’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato per l’anno 2008, indetta con d.m. 22 luglio 2008, in data 13 ottobre 2009 ha sostenuto la prova orale, conseguendo all’esito un giudizio sfavorevole, che, successivamente espletato l’accesso al relativo verbale, risultava conseguente al conseguimento del punteggio di 30 in diritto amministrativo e in diritto ecclesiastico, di 25 in diritto costituzionale, in diritto comunitario e in ordinamento forense, di 20 in diritto processuale penale.

Detto negativo giudizio provvede indi ad impugnare con il presente gravame, affidato ai seguenti motivi di censura:

1) violazione dell’art. 3 della l. 241/90; violazione e falsa applicazione del r.d. 24 gennaio 1934, n. 37, art. 17-bis e s.m.i., della circolare 18 dicembre 2008 della Commissione presso il Ministero della giustizia per l’esame di avvocato, sessione 2008; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, superficialità, difetto di istruttoria, omessa motivazione, illogicità e irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti.

Parte ricorrente, illustrata la motivazione dell’avversato giudizio e la disciplina relativa all’esame di avvocato, con particolare riferimento a quella dettata per le prove orali, sostiene che la stessa sarebbe stata disattesa dalla Commissione esaminatrice, che non ha fatto precedere l’escussione del candidato sulle questioni di diritto relative alle cinque materie prescelte dalla prescritta breve illustrazione di tutte le prove scritte, momento necessario ed imprescindibile delle prove orali, limitando l’operazione ad una sola una di esse (diritto penale), pur avendo dato atto nel verbale prestampato del relativo adempimento. La carenza, si specifica, è testimoniata dalla “scheda allegato” contenente la cosiddetta “specifica della prova orale”.

Parte ricorrente prosegue illustrando vieppiù che, nel corso della succinta illustrazione della prova di diritto penale, venivano inspiegabilmente contestati i corretti riferimenti indicati dal candidato alla giurisprudenza della CEDU, e veniva manifestata insofferenza di fronte all’evocazione da parte del medesimo di sentenze europee;

2) violazione dell’art. 3 della l. 241/90; violazione e falsa applicazione del r.d. 24 gennaio 1934, n. 37, art. 17-bis e s.m.i., della circolare 18 dicembre 2008 della Commissione presso il Ministero della giustizia per l’esame di avvocato, sessione 2008, dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, superficialità, difetto di istruttoria, omessa motivazione, illogicità e irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti.

Il ricorrente afferma che alcune delle domande riportate nel verbale del 13 ottobre 2009 non corrispondono a quelle effettivamente poste al ricorrente, e che l’asserita insufficienza nella preparazione nelle materie di diritto costituzionale, diritto comunitario, diritto penale ed ordinamento forense sono assolutamente prive di fondamento, tant’è che il ricorrente ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento nel Regno Unito per il tramite del Master of Law presso la London Metropolitan University di Londra. Prosegue il ricorrente illustrando che i commissari interroganti sul diritto comunitario e sul parere di diritto penale non erano al corrente della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e della CEDU citata dal candidato, mentre il commissario S., interrogante sulla procedura penale, ha assunto un atteggiamento aggressivo alla richiesta del candidato di precisargli una domanda postagli (e non riportata in verbale), di talché tutto l’esame, nonostante l’esponente abbia dato prova della sua preparazione, rispondendo esaurientemente a tutte le domande (salvo quella del commissario S.), è risultato viziato da un siffatto comportamento, violativo di ogni forma di garanzia del privato e di legalità, e, segnatamente, dei principi di non discriminazione e di imparzialità che sorreggono le procedure concorsuali pubbliche, categoria cui si ascrive quella in esame. Il ricorrente lamenta infine di aver appreso dopo l’esame di non essere stato promosso senza essere al contempo informato della votazione assegnatagli;

3) violazione dell’art. 3 della l. 241/90; violazione e falsa applicazione del r.d. 24 gennaio 1934, n. 37, art. 17-bis e s.m.i., della circolare 18 dicembre 2008 della Commissione presso il Ministero della giustizia per l’esame di avvocato, sessione 2008, dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, superficialità, difetto di istruttoria, omessa motivazione, illogicità e irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti.

Con la finale censura si torna a sostenere che le operazioni di esame, come riportate nel relativo verbale, anche con riferimento al negativo giudizio espresso, non corrispondono né a quanto avvenuto in sede di esame né alla preparazione dimostrata del candidato, ulteriormente sostenendosi la carenza di ragioni di interesse pubblico alla predisposizione di un verbale non veritiero, e si precisa, a mezzo di analitiche descrizioni, il carattere mortificatorio, irrisorio e vessatorio, nonché violativo dei doveri commissariali (sino a travalicare nell’abuso di atti d’ufficio e nella omissione di atti d’ufficio) mantenuto sin dall’inizio della prova dal commissario S. nei confronti del ricorrente, sostanziatosi in una forma di persecuzione psicologica e violenza morale, nonostante questi avesse risposto alle domande postegli e versasse in una posizione chiaramente sottordinata.

L’Amministrazione intimata si è costituita in resistenza.

La domanda di sospensione interinale degli effetti degli atti impugnati, dalla parte ricorrente incidentalmente interposta, non è stata delibata, essendo stata rinviata al merito alla camera di consiglio fissata per la sua trattazione.

La parte ricorrente ha affidato a varie memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 14 luglio 2010.

DIRITTO

1. Si controverte in ordine al giudizio di inidoneità conseguito dal ricorrente alla prova orale dell’esame di Stato per l’esercizio della professione di avvocato, indetto con d.m. 22 luglio 2008 per l’anno 2009.

2. Il ricorso è infondato.

3. E’ in primo luogo infondata la prima censura, con la quale si fa constare che, come attestato dalla scheda di specifica della prova orale cui il ricorrente è stato sottoposto, la Commissione esaminatrice, in violazione del disposto dell’art. 17-bis, comma 3, del r.d. 24 gennaio 1934, n. 37 e s.m.i., non ha fatto precedere l’escussione del candidato sulle questioni di diritto relative alle cinque materie prescelte dalla prescritta breve illustrazione di tutte le prove scritte, bensì ha limitato l’operazione ad una sola una di esse (diritto penale).

La Sezione ha già avuto modo di precisare che l’assunto su cui si basa la censura – ovvero che la succinta illustrazione delle prove scritte contemplata dalla norma indicata costituirebbe un ineludibile obbligo della commissione di esame, la cui inosservanza comporterebbe l’irrimediabile illegittimità della prova orale – non è condivisibile (Tar Lazio, Roma, I, 15 gennaio 2009, n. 233)

In realtà, la suddetta previsione non può intendersi nel senso prospettato, che, determinando la necessità di un adempimento meccanicistico, da effettuare sempre e comunque, concreterebbe una inammissibile ed ingiustificata mortificazione dei lavori di quest’ultima.

In realtà, più limitatamente, la norma intende riservare all’organo collegiale la possibilità di estendere il colloquio anche all’esame e alla discussione delle prove scritte, ma solo tutte le volte in cui tale fase sia ritenuta necessaria o, comunque, opportuna, al fine di consentire al candidato di chiarire le tesi esposte nei suoi elaborati e alla commissione di verificarne l’effettiva paternità e, soprattutto, la consapevolezza che ne ha accompagnato l’elaborazione.

4. E’ d’uopo, inoltre, osservare, con riferimento alla notazione del ricorrente che il modulo prestampato del verbale dei lavori della Commissione, con formula prestampata, dà atto dell’intervenuta “breve illustrazione delle prove scritte”, che neanche tale circostanza può condurre agli effetti sperati.

Per giurisprudenza pacifica, in sede di operazioni concorsuali, le irregolarità della verbalizzazione non hanno di per sé carattere viziante, qualora non compromettano la funzione strumentale propria del verbale (tra altre, Tar Lazio, Roma, I, 3 novembre 2009, n. 10725; C. Stato, V, 11 maggio 2009, n. 2880).

E se è vero che nelle procedure concorsuali pubbliche la verbalizzazione è forma di garanzia della trasparenza della valutazione, purtuttavia la mancata integrale trascrizione di tutti gli elementi relativi alle operazioni compiute ovvero altre mende rilevabili nello stesso si traducono in un mera irregolarità, salvo che, in presenza di ulteriori elementi sintomatici possa insorgere il dubbio della non corrispondenza sostanziale di quanto riportato nel processo verbale con l’effettiva attività svolta dalla Commissione.

E una siffatta evenienza è qui assolutamente non intravedibile.

Di talché non risultano neanche fondate le censure con le quali, nel prosieguo, parte ricorrente ha sostenuto che alcune delle domande riportate nel verbale del 13 ottobre 2009 non corrispondono a quelle effettivamente poste al ricorrente.

5. Le argomentazioni con le quali parte ricorrente ha preteso di individuare un nesso di conseguenzialità fra l’atteggiamento asseritamene ostile e scostante mantenuto nel corso della prova orale nei propri confronti dalla Commissione – e segnatamente da uno dei suoi componenti – e l’esito della stessa non si sollevano – in difetto di concludenti elementi dimostrativi atti a provare con carattere di necessaria concretezza una qualche efficienza causale – dal rango di indimostrate asserzioni, in quanto tali insuscettibili di sindacato.

Con la necessaria precisazione che devesi escludere che mere dichiarazioni di privati riportanti la ricostruzione della prova del ricorrente in termini analoghi a quella da lui stesso offerta possano, di per sé, in difetto di qualsiasi altro elemento di carattere obiettivo, integrare quel principio di prova che, solo, può orientare il giudizio di legittimità.

Ad analoghe conclusioni non può che pervenirsi quanto alla puntuale ricostruzione offerta in ricorso di una delle domande postegli (art. 210 c.p.p.) della quale si sostiene l’insidiosità, assumendosi che la stessa, unitamente al predetto atteggiamento complessivo della Commissione, hanno influenzato negativamente la prova.

Dette argomentazioni – come, del resto, altre affermazioni mediante le quali il ricorrente tende ad accreditare di essere più preparato dei componenti della Commissione nella giurisprudenza comunitaria relativa ad alcune materie sulle quali la prova si è svolta ovvero lamenta la disparità di trattamento subita rispetto ad altri candidati – involvono in mere asserzioni del tutto sfornite di alcun, ancorchè minimo, fondamento dimostrativo, eppertanto non rilevano quali elementi inficianti l’avversato giudizio, ulteriormente rilevandosi, al riguardo, che le domande che lo stesso ricorrente riferisce essergli state rivolte (diritto processuale penale: indagini difensive – art. 210 c.p.p. “esame di persona imputata in un procedimento connesso”; ordinamento forense: testimonianza dell’avvocato – il Consiglio nazionale forense), lungi dall’attestare un negativo atteggiamento della Commissione, altro non rivelano che l’esigenza, del tutto consona alla prova, di valutare in capo all’aspirante la sussistenza del bagaglio conoscitivo proprio dell’avvocato.

Di talché, da un lato, non sembra possibile inferire che vi sia stato un vizio nelle operazioni preordinate alla valutazione; dall’altro, il ricorrente non può essere seguito quando afferma di aver comunque fornito risposte sufficienti o addirittura più che positive (tranne che in relazione all’art. 210 c.p.p.), tali da meritare il superamento dell’esame.

Del resto, non appare superfluo soggiungere che una siffatta conclusione involve nella sostituzione del punto di vista dell’interessato a quello espresso in sede di valutazione dalla Commissione di esame, ciò che costituisce, per notoria e più che consolidata giurisprudenza, espressione di un’ampia discrezionalità tecnica, e che, in quanto tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia inficiata, ictu oculi, da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti, che nella fattispecie, alla luce della prospettazione e delle allegazioni dell’interessato, il Collegio non può ravvisare.

A tale ultimo riguardo, nulla muta neanche considerando che il ricorrente, nel contestare l’avversato giudizio di insufficienza nelle materie di diritto costituzionale, diritto comunitario, diritto penale ed ordinamento forense, espone di aver conseguito l’abilitazione all’insegnamento nel Regno Unito per il tramite del Master of Law presso la London Metropolitan University di Londra.

Per vero, l’ordinamento vigente subordina l’esercizio della professione di avvocato esclusivamente al superamento dell’esame di Stato, ovvero ad uno specifico scrutinio volto a sondare l’adeguatezza della preparazione del candidato.

Ne consegue che giammai essa potrebbe ritenersi presunta a causa delle esperienze professionali dal candidato maturate o maturande in altri contesti professionali o culturali, palesando ogni diversa conclusione un insanabile contrasto con la ratio stessa della previsione.

Né la mancata immediata comunicazione al ricorrente, in uno all’esito della prova, della votazione assegnatagli nelle singole materie e complessivamente, può ridondare in un vizio inficiante, atteso che, nel prosieguo, mediante accesso agli atti della procedura, il medesimo ha avuto piena contezza della motivazione del contestato giudizio, che non soffre, ad avviso del Collegio, alcuna menda motivazionale nel permettere la comprensione dei presupposti considerati dalla Commissione e nell’iter logico che ha condotto all’impugnato giudizio.

E ciò dandosi atto che “Il candidato non ha mostrato un’adeguata conoscenza e dimestichezza con gli istituti fondamentali del processo penale, del diritto costituzionale e comunitario; nemmeno nelle altre materie ha mostrato un sufficiente livello di preparazione , tale da poterlo condurre ad una complessiva sufficienza”.

6. Per tutto quanto precede – e non senza dare previo atto che le memorie depositate in corso di causa dalla parte ricorrente nulla aggiungono alle questioni come sin qui trattate – il ricorso deve essere respinto.

Sussistono nondimeno giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Definitivamente pronunziando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa

Redazione