Spese giudiziali – Sentenza di primo grado – Riforma parziale – Caduzazione ex lege condanna alle spese – Applicabilità (Cass. n. 3302/2012)

Redazione 02/03/12
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Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 904/2007 il Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione proposta dalla BGS General s.r.l. avverso il decreto con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 8.742,86 in favore della General Europe Vacuum s.r.l. a titolo di restituzione di un settimo delle spese di giudizio determinate in complessivi 6 50.000,00 con sentenza emessa dal Tribunale di Milano in un giudizio proposto dalla stessa BGS General nei confronti di varie parti fra cui la GEV, sentenza parzialmente riformata dal giudice dell’appello che ha rigettato la domanda nei confronti di una delle parti appellanti confermando nel resto la pronuncia di primo grado. La Corte d’Appello di Milano con sentenza del 20 novembre 2009, in parziale riforma della suddetta sentenza n. 904 /2007 del Tribunale di Milano, ha dichiarato non dovuta detta somma di Euro 8.742,86 considerando che la stessa Corte territoriale, pronunciandosi in sede di gravame avverso la sentenza con la quale varie parti erano state condannate al risarcimento del danno in favore della BGS General, pur accogliendo il gravame di una delle parti, non aveva ridotto l’ammontare delle spese relative al giudizio di primo grado, per cui la General Europe Vacuum s.r.l. non aveva diritto alla restituzione della quota delle spese di giudizio di primo grado relativa alla parte nei cui confronti è stata rigettata la domanda in sede di appello.

 

La General Europe Vacuum s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.

 

La BGS General resta intimata.

 

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., e art. 79 c.p.c., comma 2, e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. In particolare si deduce il vizio logico della sentenza impugnata che, non interpretando correttamente la pronuncia della Corte d’Appello di Milano che aveva ridotto la condanna al risarcimento del danno rigettando la domanda nei confronti di una delle parti condannate in primo grado, ha ritenuto illogicamente ed incoerentemente immutato l’ammontare delle spese di giudizio. Inoltre la corte territoriale non avrebbe interpretato correttamente la pronuncia in questione non esaminando in modo logico e completo tutte le parti di essa e cioè dispositivo e motivazione. In tal modo la Corte territoriale avrebbe violato anche i canoni dell’interpretazione degli atti in generale dettati dall’art. 1367 c.c.. Inoltre la Corte di Milano avrebbe errato nel ritenere non suddivisibile per quota la condanna alle spese e non ritenendo quindi detraibile la quota di un settimo al cui pagamento era stata condannata la parte nei cui confronti la domanda è stata successivamente rigettata in appello.

 

Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 336 c.p.c., comma 1, secondo cui la riforma della sentenza di primo grado ha effetto anche sulle parti della sentenza stessa dipendenti dalla parte riformata, per cui la parziale riforma della sentenza di primo grado con la assoluzione di una delle parti condannate in primo grado, comporterebbe necessariamente la parziale caducazione ex lege della statuizione sulle spese, tanto che la stessa sentenza modifica detta statuizione con riferimento alla parte assolta in sede di appello compensando le spese del primo grado relative a tale parte, a nulla rilevando che nel dispositivo della sentenza non è menzionata una riforma relativa alle spese di giudizio.

 

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente riguardando entrambi il regolamento delle spese di giudizio in appello in relazione ad una parziale riforma della sentenza di primo grado. In particolare con il primo motivo si lamenta un’erronea interpretazione della sentenza e con il secondo si deduce l’illegittimità della sentenza stessa interpretata nel senso della conferma della statuizione sulle spese nonostante la riduzione della condanna riferita ad una delle sette parti appellanti. I motivi sono infondati in quanto la statuizione in questione, correttamente interpretata dalla sentenza impugnata in questa sede, è pienamente legittima.

 

E’ consolidato il principio di diritto secondo cui “In base al principio fissato dall’art. 336 c.p.c., comma 1, secondo il quale la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cosiddetto effetto espansivo interno), la riforma, anche parziale,della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d’appello, di provvedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse”. (Cass. n. 13059 del 2007).

 

Nella specie con la sentenza d’appello in questione in questo giudizio, la Corte di Milano ha accolto parzialmente l’appello con riferimento ad una sola delle parti, ha compensato le spese di giudizio di primo grado con riferimento alla parte nei cui confronti è stata riformata la sentenza di primo grado ma ha confermato l’ammontare delle spese complessive e la relativa condanna per le altre parti soccombenti anche nel giudizio di appello. La Corte territoriale ha quindi assolto all’onere di valutare la nuova situazione determinatasi, che, in ragione della conferma dell’accoglimento della domanda nei confronti delle altre parti e di rigetto nei confronti di una sola, ha ritenuto di compensare le spese del primo grado con riferimento alla parte vittoriosa in appello, ma di non ridurre la condanna delle altre parti nè l’ammontare delle spese originariamente stabilito con riferimento alla condanna di tutte le parti originariamente convenute. La Corte d’Appello avrebbe ben potuto ridurre l’ammontare delle spese, ma tale mancata statuizione non è affatto illegittima, in quanto ha ritenuto idonea la liquidazione indipendentemente dal rigetto della domanda nei confronti di una delle sette parti, con giudizio incensurabile in sede di legittimità. L’unica cosa che la stressa Corte d’Appello non avrebbe potuto fare, pena la violazione dell’art. 91 c.p.c., per cui la parte vittoriosa non può essere condannata alle spese, era quella di confermare la statuizione sulle spese della prima sentenza, condannando anche la parte vittoriosa in appello al pagamento delle spese, ma tale evenienza, come detto, non si è verificata.

 

Ne discende che nella specie trova applicazione il principio di diritto così espressamente enunciato: “In tema di regolamento delle spese di lite nel giudizio d’appello, il principio secondo cui la riforma, anche parziale, della pronuncia di primo grado determina la caducazione ex lege anche della statuizione di condanna alle spese, non risulta violato nel caso in cui il giudice di secondo grado confermi espressamente, per le parti non riformate, la sentenza di primo grado, così recependo il pregresso regime delle spese di lite sulla base di una complessiva riconsiderazione, seppure implicita, riguardante entrambi i gradi, dell’esito della lite” (Cass. 6 novembre 2009 n. 23364).

 

Nulla si dispone sulle spese soccombendo ****** parte costituita.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

 

Nulla sulle spese.

Redazione