Sgravi contributivi in favore delle imprese: necessaria l’effettiva iscrizione del lavoratori alle liste di mobilità (Cass. n. 16830/2013)

Redazione 05/07/13
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Svolgimento del processo

Con sentenza del 20 settembre 2007 la Corte d’appello de L’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale de L’Aquila del 30 novembre 2005, ha rigettato la domanda della ITA Iniziative Turistiche Alberghiere s.r.l. volta ad ottenere l’annullamento del verbale ispettivo redatto a suo carico dall’INPS e dalla Direzione Provinciale del Lavoro de L’Aquila con la richiesta di pagamento di Euro 219.989,00 a titolo di contributi ed Euro 88.352,00 per somme aggiuntive per avere essa fruito dei contributi ex art. 8 comma 4 legge 223 del 1991 in quanto aveva assunto, nel periodo dal 21 al 27 dicembre 2001, 29 lavoratori a seguito dell’acquisto dell’azienda (omissis) e non in base ad un obbligo di legge, bensì per sua libera determinazione, con conseguente riconoscimento allo sgravio riconosciuto dalla norma citata alle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 della stessa legge. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia di rigetto ritenendo inconciliabili gli accordi stipulati tra le parti al fine di mantenere i livelli occupazionali e gli sgravi in questione, che presuppongono che i lavoratori per i quali i benefici sono riconosciuti siano stati licenziati e siano anche iscritti nelle liste di mobilità. La Corte aquilana ha considerato che non vi è stata alcuna interruzione dell’attività lavorativa e che i licenziamenti sono stati meramente formali e fittizi, per cui non vi è stato un incremento dell’occupazione richiesto dalla normativa regolante gli sgravi in parola, tanto che, contrariamente a quanto assunto dalla ITA, i lavoratori nemmeno erano stati iscritti nelle liste di mobilità.
La ITA propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.
L’INPS ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze si costituiscono.
La ITA ha presentato memoria.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 8 comma 4 della legge n. 223 del 1991 in relazione all’art. 47 della legge n. 428 del 1990. In particolare si assume che l’assunzione dei lavoratori licenziati in questione sarebbe avvenuta per libera iniziativa della stessa società, non vertendosi in un caso di cessione di azienda ex art. 2112 cod. civ. con conseguente obbligo di assunzione da parte della cessionaria, per cui la ricorrente avrebbe realizzato un incremento occupazionale con relativo diritto agli sgravi in questione contestati dall’INPS.
Il ricorso è infondato. Sula base delle circostanze di fatto di cui allo storico della sentenza impugnata e ricavabili dalle risultanze istruttorie, non rivisitabili in questa sede di legittimità, la motivazione della stessa sentenza si sottrae a tutte le censure che le sono stata mosse per essere congrua, priva di salti logici e per avere fatto corretta applicazione dei principi di diritto applicabili in materia. Questa Corte di Cassazione, infatti, ha più volte ribadito, in fattispecie con profili di indubbia analogia con quella in esame, che il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall’art. 8, commi secondo e quarto, della legge n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex art. 4 e 24 della stessa legge, presuppone che venga accertato che la situazione di esubero del personale posto in mobilità sia effettivamente sussistente e che l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di detto personale da parte di una nuova impresa risponda a reali esigenze economiche e non concretizzi invece condotte elusive degli scopi legislativi finalizzate al solo godimento degli incentivi, mediante fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti lavorativi.
Conseguentemente, il diritto alle agevolazioni contributive va, ad esempio, escluso ove si accerti che fra l’impresa ammessa alla procedura di mobilità e quella che procede all’assunzione dei lavoratori licenziati é intervenuto un contratto di affitto avente ad oggetto il complesso unitario di tutti i beni aziendali e idoneo a configurare un vero e proprio trasferimento d’azienda che, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., che importa la continuazione dei rapporti di lavoro con l’acquirente ed è quindi incompatibile con il riconoscimento dei benefici contributivi (cfr. in tali sensi Cass. 4 marzo 2003 n. 2443 e Cass. 27 giugno 2001 n. 8800 che evidenziano la necessità ai fini decisori di accertare se il trasferimento di azienda è avvenuto anche attraverso distinti momenti e diverse fasi, assumendo rilievo, altresì, l’accertamento dei tempi ravvicinati di costituzione della società cessionaria, di esaurimento della procedura di mobilità, di stipula del contratto di affitto e di conclusione di un accordo preordinato ai licenziamenti collettivi dei dipendenti della società cedente; nello stesso senso e per analoghe statuizioni da ultimo Cass. 27 aprile 2010 n. 10014 e Cass. 25 luglio 2008 n. 20499). Alla stregua dei principi ora enunciati il ricorso va rigettato perché privo di fondamento dovendosi ribadire quanto in precedenza detto, e cioè che la sentenza impugnata ha fatto corretta e motivata applicazione di consolidati principi giuridici; e corollario di questi principi è l’affermazione fatta propria dal giudice d’appello secondo cui, per usufruire degli sgravi secondo il dettato dell’art. 8, comma 4 bis della legge n. 223 del 1991, risulta necessario che la iscrizione dei lavoratori nelle liste di mobilità preceda la assunzione dei lavoratori da parte del nuovo datore di lavoro. Ed invero tale preventiva iscrizione, oltre a configurare un ostacolo ad accordi tendenti a ottenere solo un beneficio contributivo senza però apportare un vantaggio per la collettività in termini di effettiva e stabile occupazione lavorativa, persegue pure l’ulteriore finalità di una giusta regolarizzazione del mercato del lavoro anche in fase di nuovo ingresso nell’area di soggetti che altrimenti sarebbero destinati ad accrescere il fenomeno della disoccupazione o sottooccupazione.
Le spese seguono la soccombenza. Nulla si dispone sulle spese relative al Ministero del Lavoro che non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio relative all’INPS liquidate in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge;
Nulla sulle spese relative al Ministero del Lavoro.

Redazione