Sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (Cass. pen. n. 15050/2013)

Redazione 02/04/13
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Svolgimento del processo

1. Il Gip presso il tribunale di Salerno, premesso che *****, nella qualità di legale rappresentante della società At prefabbricati s.r.l. di Eboli, ometteva il versamento dell’*** per il periodo d’imposta relativo all’anno 2007, per 59.202,00 Euro, secondo quanto accertato dal competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate con atto del 30 settembre 2010, disponeva, con decreto del 18 aprile 2012, il sequestro per equivalente di corrispondenti somme di denaro sui conti personali del richiedente sulla scorta del combinato disposto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, Legge Finanziaria n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, e art. 322 ter c.p.. In particolare il decreto di sequestro preventivo era disposto sulle somme di danaro giacenti sui conti correnti intestati all’indagato e, in caso di incapienza di fondi, su beni mobili o immobili, su quote sociali nella disponibilità dell’indagato medesimo.

2. Proponeva istanza di riesame T.A. il 22 maggio 2012, avverso il menzionato decreto di sequestro preventivo emesso il 18 aprile 2012. A fronte del provvedimento, il difensore deduceva la necessità di un’approfondita verifica delle contestate condotte criminose e del necessario collegamento tra l’oggetto del sequestro ed il profitto del reato.

Il tribunale di Salerno, con ordinanza del 4 giugno 2012, rigettava l’appello.

Osservava il Collegio che le doglianze erano infondate. Il fumus commissi delicti era integrato, con riferimento alla fattispecie in esame, dal verbale di accertamento dell’Ufficio finanziario. Inoltre, posto che il profitto del reato contestato era pecuniario e che il vincolo era stato apposto anch’esso su una somma di denaro, detto sequestro, stante la fungibilità del suo oggetto, doveva ritenersi eseguito in forma specifica in base alla prima parte del richiamato art. 322 ter c.p., recidendo, dunque, ogni vincolo di pertinenzialità tra bene oggetto di sequestro e reato contestato richiesto solo in caso di diverso genus dell’oggetto del vincolo ablativo.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione anche con motivi aggiunti e con memoria ex art. 611.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo oltre motivi aggiunti.

Con l’unico motivo del ricorso il ricorrente deduce la mancanza del fumus commissi delicti non essendo sufficiente, a suo dire, il mero richiamo del verbale di accertamento dell’ufficio finanziario in merito alla mancato versamento dell’Iva dovuta entro il termine prescritto. Deduceva che dalla contabilità della società risultavano fatture non interessate per Euro 504.690; importo che corrispondeva ad un’*** pari ad Euro 84.150. Pertanto in realtà la società non aveva la disponibilità per saldare il debito *** dell’anno. In ogni caso non risultava che l’indagato aveva prelevato somme dalle casse sociali.

Con i motivi aggiunti il ricorrente ha dedotto che non vi era la prova, nè era stata indicata nell’ordinanza originaria di applicazione della misura cautelare, della possibilità di procedere al sequestro in forma specifica, ossia al sequestro dei conti correnti della società. La confisca del profitto non è possibile quando esso appartenga a persona estranea al reato: nel caso di reato connesso da amministratori di una società il cui profitto rimane nelle casse della società stessa, questa non può considerarsi persona estranea al reato anche se non è prevista alcuna responsabilità amministrativa. In sostanza il ricorrente sostiene che può procedersi alla confisca di beni diversi per un valore equivalente solo ove sia impossibile sottoporre a confisca di beni che si identificano con il profitto del reato.

2. Il ricorso è infondato.

In generale va ribadito quanto già affermato da questa corte (Cass., Sez. 6^, 5/03/2009 – 26/06/2009, n. 26611) secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni dell’ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l’unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto. Con riferimento specifico poi ai reati tributari questa Corte (Cass., Sez. 3^, 14/06/2012 – 4/07/2012, n. 25774) ha affermato che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, comma 2, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti.

Rimane quindi la responsabilità – penale innanzi tutto – del legale rappresentante o di chi ha agito per la persona giuridica che può essere attinto da sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, in materia di reati tributari, Cfr. Cass., Sez. 3^, 27/01/2011 – 24/02/2011, n. 7138, che ha precisato che in caso di reati commessi nell’interesse della persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede, per la sua legittimità, la preventiva escussione del patrimonio dell’ente.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2013.

Redazione