Sequestro preventivo: è possibile sottoporre a vincolo cautelare anche i crediti che la società indagata vanta nei confronti di soggetti terzi (Cass. pen. n. 8740/2013)

Redazione 22/02/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 20 dicembre 2011 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze rigettava l’istanza depositata in data 23 novembre 2011 al pubblico ministero da D.R.M., legale rappresentante di ****** s.p.a., con la quale (per le stesse ragioni poste a sostegno di analoga istanza depositata in data 14 marzo 2011 in relazione al decreto di sequestro preventivo emesso in data 16 novembre 2008 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze e sulla quale non si era provveduto) si chiedeva “la revoca del provvedimento di sequestro disposto dal G.I.P. del Tribunale di Firenze sui crediti vantati da ****** nei confronti di Telecom e conseguentemente autorizzare Telecom al pagamento della somma trattenuta a seguito del sequestro ai danni di Flynet” e, in subordine, “che quanto meno venga disposta la restituzione da parte di Telecom Italia la somma di Euro 320.000 in quanto il traffico oggetto di contestazione relativo alle numerazioni non geografiche 899 risulta essere di 80.000”, Il sequestro preventivo per equivalente, per un ammontare di 400.000,00 Euro, era finalizzato nel caso in esame alla confisca obbligatoria, anche per equivalente, prevista in materia di reati transnazionali dalla L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 11, e applicabile alle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo di uno dei reati contemplati dall’art. 3 della legge citata. Nel caso di specie era stato disposto il sequestro per equivalente in quanto la confisca del prodotto, del profitto e del prezzo del reato non sarebbe stata possibile “trattandosi di ingentissime somme di denaro occultate o trasferite all’estero su conti correnti intestati a prestanome o a società di diritto extracomunitario o comunque rispetto ai quali ogni tipo di attività a sorpresa per bloccarne la libera circolazione appare impossibile da eseguire” (cfr. decreto di sequestro preventivo in data 16 giugno 2008). Il sequestro era stato disposto nei confronti, tra gli altri, degli indagati M.P. e C.G., il primo quale socio occulto e gestore di fatto e da ultimo anche quale legale rappresentante e il C. quale legale rappresentante fino al febbraio 2008 di ****** s.p.a., con sede in (omissis). Detta società era stata individuata quale ente responsabile per il reato dei suoi amministratori ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 5, prima parte, lett. a), in relazione ai reati transnazionali di riciclaggio ed associazione per delinquere (capi D ed E) commessi dai predetti M. e C. nell’interesse e a vantaggio dell’ente.

Con ordinanza in data 6 aprile 2012 il Tribunale di Firenze, pronunciandosi sull’appello proposto dal legale rappresentante di ****** s.p.a., ha confermato il provvedimento di rigetto emesso dal giudice per le indagini preliminari in data 20 dicembre 2011.

Avverso la predetta ordinanza il D.R. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. Con il ricorso si deduce:

1) l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 c.p.p. e ss., e L. n. 146 del 2006, art. 11, in quanto il sequestro preventivo nei confronti dell’indagato C.G., all’epoca legale rappresentante di ****** s.p.a., della somma di Euro 280.958,00, depositata su un conto corrente bancario a lui intestato, e di un immobile di proprietà dello stesso del valore di circa 500.000,00 Euro (secondo la “perizia di stima” dell’ing. Ce. depositata dalla difesa) ammontava ad una somma superiore a quella del profitto del reato (400.000,00 Euro), sufficiente pertanto a garantire un’eventuale futura confisca;

2) l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 c.p.p. e ss., e L. n. 146 del 2006, art. 11, in quanto oggetto del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nel caso di specie erano, nei confronti della persona giuridica, dei crediti nei confronti di Telecom Italia s.p.a., che non avrebbero potuto essere sequestratio trattandosi di utilità non ancora conseguite dall’ente;

3) l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, per l’omesso esame della memoria difensiva e dell’ampia documentazione allegata.

Il primo motivo è infondato.

Il sequestro preventivo, anche per equivalente, della somma di 400.000,00 Euro era stato disposto nell’ambito di complesse indagini concernenti il reato di frode informatica (art. 640 ter c.p., commi 1 e 2) nonchè i reati p. e p. dagli artt. 617 quater e 615 ter c.p., e quelli di riciclaggio, associazione per delinquere, reati tutti aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, nei confronti degli indagati Ci.Fr., Ci.Gi., C. C., M.P. e C.G.. Dai verbali di esecuzione del provvedimento in atti non risulta che si sia proceduto anche nei confronti della società Flynet, quale ente responsabile ex D.Lgs. n. 231 del 2001, dei reati transnazionali di riciclaggio ed associazione per delinquere (capi D ed E), al sequestro della somma di 400.000,00 Euro, ma nel ricorso si sostiene tuttavia che Telecom Italia s.p. a. si è rifiutata di pagare la somma di Euro 400.000,00 dovuta alla Flynet s.p.a., sua creditrice, pur non contestando le prestazioni relative alle fatture emesse dalla predetta società, in ragione del menzionato decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze (v. missiva in data 21 ottobre 2008, doc. 2 allegato all’atto di appello e al ricorso per cassazione). Secondo il ricorrente nell’ordinanza impugnata sarebbe stato disatteso il principio, ormai consolidato, della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in caso di reati plurisoggettivi, il sequestro preventivo per equivalente può incidere indifferentemente tanto sui beni dell’ente che ha tratto vantaggio dal reato quanto sui beni della persona fisica che ne è autore materiale, interessando ogni concorrente anche per l’intero profitto ove non sia possibile stabilire l’entità dell’arricchimento individuale ma risulti la corresponsabilità di tutti nell’illecito, con l’unico limite che il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo del profitto. Nel caso di specie, secondo il ricorrente, il sequestro preventivo avrebbe ecceduto nel quantum l’ammontare complessivo del profitto nei confronti della persona fisica C., all’epoca amministratore della società Flynet sul quale in caso di riconosciuta responsabilità penale la confisca andrebbe ad incidere per primo, e un’eventuale confisca nei confronti della persona giuridica Flynet s.p.a. sarebbe illegittima in quanto verrebbe superato il valore dell’intero profitto stimato in Euro 400.000,00. Tale assunto difensivo è fondato sulla stima del valore dell’immobile sequestrato al C. effettuata dal consulente della difesa. La Corte rileva, a questo riguardo, che nel provvedimento impugnato la stima del consulente della difesa è stata presa in considerazione, ma disattesa, con argomentazioni non irragionevoli (la perizia di stima dell’ing. Ce.Ce. era datata 20 novembre 2008), essendosi negata l’asserita duplicazione del valore per il quale il vincolo cautelare era stato emesso, lamentata dalla difesa, in quanto “…non è stata offerta alcuna prova di tale assunto, tale certo potendo essere il solo riferimento a perizie – peraltro datate – effettuato dai difensori, poste le indubbie oscillazioni di valore subite dal mercato immobiliare negli ultimi cinque anni e posto l’attuale difficile determinazione del presumibile valore di un immobile”. Si tratta di una valutazione di merito, insindacabile in questa sede in cui, del resto, il sindacato di legittimità è limitato, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, al vizio della violazione di legge. Peraltro la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, avendo natura provvisoria, può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, anche se poi il provvedimento definitivo di confisca, rivestendo invece natura sanzionatoria, non può essere duplicato o comunque eccedere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso profitto (Cass. sez. 5^ 10 gennaio 2012 n. 13562, *****; sez. 5^ 24 gennaio 2011 n. 13277, *******; sez. 5^ 3 febbraio 2010 n. 10810, ***********; sez. F. 28 luglio 2009 n.33409, Alloum; sez. 6^ 6 marzo 2009 n. 18536, P.M. in proc. **********; Sez. Un. 27 marzo 2008 n.26654, ************************* e altri). Si è infatti evidenziato come, ai fini della ripartizione interna tra correi della cautela reale, il sequestro preventivo ha natura provvisoria, essendo strumentale alla futura esecuzione della confisca, e può pertanto essere disposto, per l’intero (e, cioè, fino all’entità del profitto complessivo), nei confronti di ciascuno degli indagati, a differenza della confisca, istituto di natura sanzionatoria che non può in alcun caso eccedere l’ammontare del prezzo o del profitto del reato.

Il secondo motivo è parimenti infondato.

Dall’esame della motivazione e del dispositivo del decreto di sequestro preventivo in questione (come anche dalla relativa richiesta del pubblico ministero) non risulta che il vincolo cautelare sia stato disposto in relazione ai crediti vantati da ****** s.p.a. nei confronti di Telecom Italia s.p.a., ma solo che quest’ultima, pur non contestando le fatture emesse dalla società Flynet, “non ne aveva disposto il pagamento a causa del decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP. in data 16 giugno 2008” (cfr. istanze depositate in data 14 marzo 2011 a f.28427 ss. e in data 5 dicembre 2011 a f. 28425-6). Del resto analoga istanza depositata in data 1 dicembre 2008 (ff.28432-3) nell’interesse dell’indagato M.P., il quale chiedeva “la revoca del sequestro preventivo della somma relativa alle fatture che Telecom non ha provveduto a pagare dal giugno 2008 ad oggi a favore di Flynet” era stata rigettata in mancanza di documentazione su “quanto risulta essere stato sequestrato a M. personalmente e alla società Flynet quale persona giuridica indagata”. Sarebbe stato comunque onere del ricorrente, in ipotesi, esporre specificamente le ragioni che avrebbero impedito “l’esecuzione” del sequestro preventivo anche in ordine ai crediti – non contestati, liquidi ed esigibili – di ****** s.p.a. nei confronti di Telecom Italia s.p.a. (v. verbale di esecuzione in data 3 ottobre 2008 f. 8664 il all. 4), mentre non è questa la sede per affrontare problemi relativi all’esecuzione del sequestro, che non risultano nemmeno essere stati sfiorati nelle competenti sedi di merito, o in ordine ai rapporti contrattuali tra Flynet s.p.a. e Telecom Italia s.p.a.. Nè, peraltro, può escludersi in linea di principio la possibilità di sottoporre a vincolo cautelare crediti che siano certi, liquidi ed esigibili (Cass. sez. 6^ 17 giugno 2010 n.35748, P.M. e Impregilo s.p.a.), come nel caso in esame in cui Telecom Italia s.p.a. risulta aver bloccato il pagamento delle fatture a Flynet s.p.a. unicamente in ragione della notifica del decreto di sequestro preventivo, e non può escludersi nel caso concreto che, quanto meno nell’ambito di una valutazione limitata sul piano cautelare al fumus commissi delicti, che il profitto costituisca immediata e diretta conseguenza del contratto stipulato tra le due società. Nemmeno, infine, può negarsi aprioristicamente, ai fini dell’applicazione della misura cautelare reale, che un credito che sia certo, liquido ed esigibile possa costituire “utilità” D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 19, comma 2, e art. 53, in quanto l’ente creditore ben potrebbe comunque cederlo a titolo oneroso e acquisire in tal modo un effettivo arricchimento patrimoniale.

Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Nella memoria difensiva di cui sarebbe stato omesso l’esame venivano sviluppate le deduzioni già contenute nell’atto di appello, che risultano essere state prese in considerazione nell’ordinanza impugnata, e inoltre il difensore chiariva “quale era effettivamente la procedura delle numerazioni non geografiche dove ****** operava come semplice società intermediaria, che non aveva la possibilità di controllare la gestione dei numeri da parte dei singoli centro servizi, in quanto il sistema di controllo antifrode era gestito interamente da Telecom, che in caso di anomalia o contestazioni provvedeva a bloccare il pagamento del servizio (come si evince dal contratto tra Flynet e Telecom, prodotto al Tribunale del riesame)”.

Difetta tuttavia nel ricorso l’indicazione delle ragioni per le quali il contenuto di detta memoria, nella parte riguardante “la procedura delle numerazioni non geografiche”, avrebbe dovuto essere considerata rilevante ai fini della decisione sull’appello dal giudice di merito il quale, comunque, quanto al fumus commissi delicti ha richiamato le considerazioni già contenute nel provvedimento con il quale era stato disposto il sequestro preventivo e nel provvedimento appellato, così implicitamente disattendendo il contenuto della memoria sul punto. Del resto la valutazione del fumus commissi delicti esulava dalla sintetica e generica richiesta di revoca del sequestro preventivo presentata nell’interesse del Flynet s.p.a. ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 3, e fondata solo sul rilievo, erroneo per quanto sopra detto, che il sequestro eseguito nei confronti del C. fosse di per sè sufficiente a garantire l’eventuale confisca e, trattandosi di reati plurisoggettivi, impedisse o limitasse l’imposizione del provvedimento cautelare anche nei confronti dei concorrenti.

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione