Se mancano le strisce bianche il cittadino può parcheggiare gratis negli spazi blu (Cass. n. 14980/2013)

Redazione 14/06/13
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In fatto e diritto

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2013 dal Consigliere relatore ********************;
udito il pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. *************, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che il Giudice di pace di Roma, con sentenza in data 13 febbraio 2008, ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione al giudizio di opposizione promosso da M.V. avverso il verbale con cui gli era stata contestata la violazione dell’art. 157, comma 6, del codice della strada, per avere sostato con la propria autovettura in zona a pagamento (in via Magenta a Roma) senza esporre il tagliando attestante l’avvenuto versamento della somma dovuta;
che il Tribunale di Roma, decidendo sull’appello del V., con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancel­leria in data 26 aprile 2011, ha riformato la pronuncia del primo giudice ed ha rigettato la proposta opposizione, compensando tra le parti lespese di lite;
che il Tribunale ha da un lato riconosciuto che non poteva essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, perché tra le parti non solo non vi era accordo sulle spese, ma permaneva contrasto in ordine alla validità del verbale;
che, dall’altro lato, il giudice del gravame, esclusa la lamentata illegittimità per mancata conformità della copia all’originale, ha rilevato, per quanto qui ancora rileva, che “da nessun concreto elemento… risulta la violazione dell’art. 7, commi 6 e 8, del codice della strada, atteso che sul punto l’appellante si limita ad elencare corretti principi di carattere generale, senza però dimostrare se gli stessi, nel caso concreto, risultino effettivamente violati”;
che per la cassazione della sentenza del Tribunale il V. ha proposto ricorso, con atto notificato il 26 aprile 2012, sulla base di due motivi;
che l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di un motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 7, commi 6 e 8, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nonché degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e dell’art. 23, comma 12, della legge n. 689 del 1981, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) si lamenta, per un verso, che il Tribunale non abbia tenuto conto che il ricorrente, fin dal primo grado del giudizio, aveva prodotto documentazione fotografica attestante che l’area destinata a parcheggio a pagamento era ubicata all’interno della carreg­giata, determinando un notevole restringimento della stessa; e si sostiene, per altro verso, che, con riguardo alla illegittimità derivante dalla mancata predisposizione dei prescritti spazi di sosta libera, l’onere della prova di avere adempiuto alla normativa era a carico dell’amministrazione;
che,, con il secondo mezzo, il ricorrente articola la medesima censura sotto il profilo del vizio di motivazione;
che entrambi i motivi – i quali, in ragione della loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati
che – con riguardo alla deduzione secondo cui le aree destinate a parcheggio avrebbero determinato un notevole restringimento della carreggiata – il motivo di ricorso, richia­mando a sostequno la documentazione fotografica prodotta nei gradi di merito, pretende di investire questa Corte di legit­timità di una nuova e diretta valutazione di risultanze di fatto, quando il giudice del merito è giunto alla conclusione, logica e argomentata, che la violazione lamentata non emerge, in realtà, da nessuna risultanza processuale, con ciò esclu­dendo che quella documentazione fotografica sia idonea a dimo­strare il denunciato restringimento e la conseguente difficol­tà di circolazione;
che in relazione, poi, alla censura di mancata osservanza del requisito di legittimità costituito dalla messa a disposizione, nelle immediate vicinanze, di un’area di parcheggio libero, il ricorso non va al di là del richiamo a corretti principi di carattere generale, tra cui il potere del giudice ordinario di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, gli atti amministrativi posti a fondamento della pretesa sanzionatoria (secondo quanto già affermato, condivisibilmente, da Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2007, n. 116); ma, non riportando specificamente, nell’atto di impugnazione, il con­tenuto dell’ordinanza del Comune di Roma istitutiva del parcheggio a pagamento in via Magenta, non consente al giudice di. legittimità di valutare, dal testo stesso di quell’atto, la configurabilità stessa del vizio lamentato, esclusa dal giudice a rogo;
che, pertanto, corretta è la conclusione cui è pervenuto il Tribunale, il quale ha rilevato che l’opponente non ha dimostrato la sussistenza in concreto degli asseriti vizi di le­gittimità del provvedimento di delimitazione dell’area dì parcheggio a pagamento;
che questa conclusione è conforme al principio – che qui deva essere ribadito – secondo cui, in tema di violazioni del codice della strada, è onere del trasgressore che proponga, avverso l’atto di accertamento della contravvenzione di sosta in zona di parcheggio a pagamento senza esposizione del relativo tagliando, opposizione fondata sulla asserita illegittimità dell’ordinanza comunale istitutiva del parcheggio a pagamento, dedurre e dimostrare le ragioni di tale illegittimità – e, quindi, della sussistenza delle condizioni per l’esercizio del potere di disapplicazione del giudice ordinario – e non già onore dell’amministrazione provare la legittimità del relativo proveddimento, che adottato ai sensi dell’art. 7 codice della strada, si presume conforme a legge (cfr. Cass., Sez. 1, 27 gennaio 2004, n. 1406; Cass., Sez. I, 14 dicembre 2004, n. 23306; Cass., ****. 1, 17 marzo 2006, n. 6005);
che, quindi, il ricorso dure essere rigettato;
che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata Amministrazione svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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