Sanità pubblica: la Usl fallita deve pagare il personale del comune utilizzato nella struttura (Cass. n. 3043/2013)

Redazione 08/02/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 19 maggio 1999 il Comune di Pistoia, avvalendosi del procedimento previsto dal R.D. n. 639 del 1910, ingiunse alla Gestione liquidatoria di una soppressa Unità sanitaria locale (in prosieguo Usl) il pagamento di L. 2.670.863.358, quale rimborso di spese ed oneri di retribuzione del personale comunale che aveva operato per la Usl in forza di apposito comando.
L’opposizione proposta dal commissario liquidatore della Usl fu rigettata dal Tribunale di Pistoia e fu ugualmente rigettato S’appello successivamente proposto dal medesimo commissario.
Infatti la Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata in cancelleria il 19 gennaio 2006, dopo aver disatteso un’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dalla difesa del Comune, reputò infondato l’assunto dell’appellante secondo cui la cessata Usl sarebbe stata priva di legittimazione passiva rispetto alla pretesa creditoria in discussione e ritenne che tale pretesa fosse adeguatamente supportata dal riconoscimento contenuto in una lettera proveniente dall’allora direttore generale della stessa Usl.
Avverso questa sentenza il commissario incaricato della gestione liquidatoria dell’Usl ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
Il Comune di Pistola si è difeso con controricorso, prospettando altresì due motivi di ricorso incidentale ai quali il ricorrente principale ha replicato, a propria volta, con un controricorso, cui ha fatto seguito un ulteriore scambio di memorie.
Con ordinanza depositata il 19 settembre 2012 la terza sezione di questa corte, alla quale i ricorsi erano stati inizialmente assegnati, ha segnalato che uno dei motivi del ricorso incidentale investe una questione di giurisdizione. Pertanto la trattazione è stata rimessa alle sezioni unite.
Il Comune di Pistoia ha depositato nuova memoria.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art. 335 c.p.c..
2. L’esame del ricorso incidentale riveste carattere preliminare.
Tale ricorso consta di due motivi. Nel primo di essi si sostiene che la corte d’appello avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di difetto di giurisdizione in quanto, avvalendosi dello speciale provvedimento d’ingiunzione previsto dal R.D. n. 639 del 1910, il Comune aveva esercitato “un potere pubblicistico soggetto alle regole del procedimento amministrativo” ponendosi così fuori dai confini della giurisdizione ordinaria. Nel secondo motivo si lamenta, invece, che la corte d’appello non abbia esaminato ed accolto l’eccezione con cui la difesa del medesimo Comune si era opposta all’esame del motivo di gravame concernete il preteso difetto di legittimazione passiva della Gestione liquidatoria dell’Usl perchè tale motivo era sorretto da una prospettazione diversa da quella formulata dall’opponente in primo grado.
Nessuna di tali censure appare meritevole di accoglimento.
2.1. Quella in tema di giurisdizione è manifestamente infondata.
Premesso, infatti, che nella presente causa non è in questione la scelta dell’amministrazione comunale di comandare proprio personale presso l’Usl per lo svolgimento dei compiti a quest’ultima affidati, bensì soltanto la pretesa al rimborso dei costi sostenuti dalla medesima amministrazione per retribuire detto personale, onde – come giustamente osservato nell’impugnata sentenza – vengono in gioco solo i risvolti patrimoniali del rapporto così instaurato e non anche quelli afferenti all’esercizio di un pubblico potere, va notato come il ricorrente sembri ora in qualche modo quasi voler spostare il tiro, individuando l’esercizio del pubblico potere non nella vicenda che ha dato luogo alla controversia bensì nella scelta del mezzo attraverso cui è stata esercitata la pretesa creditoria: ossia nel ricorso allo speciale procedimento d’ingiunzione contemplato dal citato R.D. n. 639 del 1910.
Sennonchè è di tutta evidenza che tale scelta è neutra rispetto alla materia del contendere e che non certo da essa può dipendere il riparto di giurisdizione, essendo peraltro ben noto che la procedura di riscossione coattiva di cui al citato decreto trova il suo fondamento in un potere di autoaccertamento della pubblica amministrazione, cui non si accompagna alcuna discrezionalità e tanto meno un affievolimento dei contrapposti diritti dei destinatari dell’ingiunzione, giacchè la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità debbono derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, onde resta sempre ferma la facoltà per l’ingiunto di richiedere al giudice la verifica in concreto dell’esistenza dei suindicati presupposti (cfr., in argomento, Sez. un, 25 maggio 2009, n. 11992).
2.2. E’ ugualmente infondato il secondo motivo del ricorso incidentale, giacchè nessuna inammissibile mutatio libelli si è verificata nel giudizio di secondo grado. Il preteso difetto di legittimazione passiva della Gestione liquidatoria della Usl – o comunque l’impossibilità d’individuare in essa il soggetto tenuto al pagamento del debito che aveva formato oggetto dell’ingiunzione – era stata posta sin dall’inizio della causa a base dell’opposizione avverso l’ingiunzione medesima. Eventuali diverse argomentazioni in diritto riversate nel giudizio d’appello, pur sempre volte a ribadire quel preteso difetto di legittimazione, non potevano esser tali da implicare alcun mutamento dei fatti in discussione e sarebbero state individuabili anche d’ufficio, onde certamente esse non valgono a configurare una violazione dell’art. 345 c.p.c..
3. Occorre pertanto esaminare il ricorso principale, i cui primi due motivi possono essere trattati congiuntamente.
3.1. In entrambi tali motivi la ricorrente insiste nel negare la propria legittimazione passiva, Pur senza contestare che le cessate Usl fossero dotate di autonoma personalità giuridica nei rapporti con i terzi, essa sostiene che, dovendosi il rapporto con il Comune per l’esercizio delle competenze socio-sanitarie a quest’ultimo spettanti qualificare in termini di “avvalimento” dell’Usl da parte del medesimo Comune – e non già di delega di funzioni, come erroneamente ritenuto dalla corte d’appello -, l’Usl avrebbe operato nel caso in esame quale un organo interno del Comune: donde il suo difetto di legittimazione passiva rispetto alla pretesa avente ad oggetto il rimborso delle spese di retribuzione del personale comunale collocato in posizione di comando presso l’Usl.
Le doglianze non persuadono.
E’ incontestabile che le Unità sanitarie locali (Usl), introdotte dalla L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, fossero dotate di una propria soggettività giuridica pubblica, anche con particolare riguardo agli atti concernenti il personale e la gestione finanziaria, godendo quindi di autonomia amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica (cfr., tra le altre, Cass. 11 novembre 1988, n. 6105, e, più di recente, Cass. 18 agosto 2004, n. 16069); ed è parimenti indubbio che le relative gestioni liquidatorie (già gestioni stralcio) abbiano poi usufruito della soggettività dell’ente soppresso (così Sez. un. 15 novembre 2005, n. 32022).
Ferma tale premessa, la circostanza sulla quale il ricorso particolarmente insiste, cioè il fatto che nella specie non vi sarebbe stata una delega all’Usl di funzioni spettanti al Comune di Pistoia, in quanto il rapporto tra detti enti si sarebbe invece svolto secondo il modello del cosiddetto “avvalimento”, non incide sulla legittimazione passiva dell’Usi, nè comunque sull’individuazione di essa come soggetto obbligato al rimborso di oneri sostenuti dal Comune per attività svolte dall’Usi. L’indicata circostanza potrebbe avere eventuale rilievo soltanto se si stesse qui discutendo dell’imputabilità degli effetti giuridici di determinati atti all’uno o all’altro dei soggetti summenzionati:
giacchè la delega di funzioni amministrative comporta la riferibilità immediata di quegli atti all’ente delegato, al contrario di quel che accade nel caso dell’avvalimento”, in cui un ente si serve dell’attività svolta da un altro ente in guisa di un proprio apparato operativo. Nell’uno come nell’altro caso, però, se si tratta di enti dotati entrambi di autonoma e distinta soggettività giuridica, questa certo non vien meno nei reciproci rapporti, nè si crea confusione contabile ed amministrativa tra essi.
Gli oneri di spesa inerenti all’attività svolta non cessano, quindi, di essere riferibili all’ente che quell’attività abbia svolto, ed i termini in cui quegli oneri andranno poi eventualmente ripartiti o rimborsati dipendono dal diverso possibile atteggiarsi di quanto al riguardo previsto; di modo che, una volta ammesso che i compiti espletati in concreto dall’Usl (poco importa se in base ad un rapporto di delegazione o di “avvalimento”) hanno comportato l’utilizzazione di personale dipendente retribuito dal Comune di Pistoia, o che comunque quest’ultimo ha anticipato oneri inerenti allo svolgimento dell’attività posta in essere dall’Usl, ciè è sufficiente a rendere quest’ultima passivamente legittimata rispetto alla richiesta di rimborso di tali oneri.
3.2. Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso, nel quale si denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la corte d’appello nel ricavare la prova del credito in contesa da una lettera di riconoscimento sottoscritta nel 1999 “dall’allora direttore generale dell’Usl”, senza però considerare che le gestioni liquidazione delle soppresse unità sanitarie locali sono dotate di una soggettività giuridica distinta da quella degli enti cessati, oltre che di autonomia funzionale contabile, onde il riconoscimento in questione non sarebbe stato riferibile al commissario liquidatore odierno ricorrente.
Occorre in contrario osservare che l’espressione “allora direttore generale dell’Usi”, adoperata nell’impugnata sentenza, è certamente imprecisa, per l’evidente ragione che nel 1999 le unità sanitarie locali erano state già soppresse. Non possono però sussistere dubbi sul fatto che, con quell’espressione, la corte d’appello abbia inteso in realtà riferirsi a colui il quale, ai fini che qui interessano e che si riflettono nel contenuto della lettera di riconoscimento del debito, è subentrato nella posizione del direttore generale dell’Usl: ossia proprio al commissario incaricato della gestione liquidatoria dell’ente soppresso, il quale del resto non nega di essere stato il firmatario di quella lettera. E che poi tale lettera sia stata sottoscritta non nella suddetta qualità di commissario liquidatore, bensì in altra veste, è circostanza di fatto che sfugge al vaglio del giudice di legittimità.
4. La reiezione tanto del ricorso principale quanto di quello incidentale suggerisce di compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Redazione