Rischia una condanna per dichiarazione infedele ed evasione fiscale l’imprenditore che contabilizza costi carburante eccessivi (Cass. pen. n. 36050/2012)

Redazione 20/09/12
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Svolgimento del processo

Il G.I.P. del Tribunale di Sciacca, con provvedimento del 16.11.2011, disponeva -ai sensi dell’art. 322-ter cod. pen. e della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, (Legge finanziaria 2008) – il sequestro “per equivalente” di beni mobili e immobili appartenenti a T.S., fino alla concorrenza dell’importo di Euro 158.527,00, correlando l’applicazione della misura a condotte illecite alla stessa contestate in relazione al delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4 (dichiarazioni infedeli dirette ad evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, presentate quale amministratrice e rappresentante legale della s.r.l. “*******”).

Sull’istanza di riesame avanzata nell’interesse dell’indagata, il Tribunale di Agrigento ha confermato il provvedimento di sequestro con ordinanza del 29 dicembre 2011.

Avverso l’ordinanza dei Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore della T., il quale ha eccepito:

– la inconfigurabilità del fumus del reato ipotizzato, che sarebbe stato riconnesso soltanto “all’accertamento molto empirico ed approssimativo della Guardia di Finanza”, fondato su criteri induttivi non corretti;

– la illegittimità del sequestro dei beni personali della legale rappresentante della società, in una situazione in cui sarebbe stata solo la persona giuridica a trarre profitto dall’ipotetico illecito;

– la illegittimità del sequestro medesimo in pendenza di una procedura fallimentare instaurata nei confronti della società.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

2. Le eccezioni che attengono alla valutazione di merito delle risultanze probatorie non sono proponibili in questa sede.

Il Tribunale del riesame ha adeguatamente verificato la configurabilità del fumus del reato ipotizzato, rilevando che dalle indagini effettuate emerge un sensibile squilibrio tra i costi per consumo di carburante contabilizzati dalla società e le correlate prestazioni oggetto di fatturazione ai fini fiscali.

L’ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano al giudice del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, te contrarie affermazioni della ricorrente (prive, tra l’altro, di argomenti specifici di confutazione) non valgono certo ad escludere la configurabilità del fumus del delitto contestato.

3. La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che, in tema di reati commessi nell’interesse della persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede, per la sua legittimità, la preventiva escussione del patrimonio dell’ente (vedi Cass., Sez. 3: 27.1.2011, n. 7138, **********; 11.4.2012, n. 17485, ******. Il principio è pure enunciato in Sez. 3, 8.2.2012, n. 13996, Veriato).

La c.d. confisca per equivalente – alla quale è funzionale il sequestro preventivo di ciò che a tale provvedimento ablativo può essere soggetto all’esito dei procedimento – può riguardare (a differenza dell’ordinaria confisca prevista dall’art. 240 c.p., che può avere ad oggetto soltanto cose direttamente riferibili al reato) beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del reo, neppure hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato (cfr. Cass., Sez. Unite, 22.11.2005, n. 41936, ****).

La ratio dell’istituto, in tutti i casi in cui esso è legislativamente previsto, è quella di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume “i tratti distintivi di una vera e propria sanzione” (vedi Cass., Sez. Unite: 2.7.2008, n. 26654, ****************** s.p.a. ed altri e 15.10.2008, n. 38834, P.M. in proc. *******).

Va ribadito, pertanto, che il nesso di pertinenzialità – che deve ordinariamente sussistere nel sequestro preventivo – non è richiesto per il sequestro finalizzato alla confisca dell’equivalente, dovendo soltanto esistere “a monte”, come rapporto tra l’ipotizzato prezzo o profitto del reato e la fattispecie criminosa per cui si procede (vedi Cass.: Sez. 5, 16.1.1994, Napolitano; Sez. 2, 28.10.2005, ********).

4. Le argomentazioni riferite al fallimento della società sono del tutto irrilevanti, poichè è la stessa ricorrente a lamentare l’intervenuto sequestro di beni personali e non di beni ricompresi nella massa attiva fallimentare.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione