Rilascio del permesso di soggiorno: rinnovo e limiti (Cons. Stato, n. 5429/2013)

Redazione 14/11/13
Scarica PDF Stampa

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 4639 del 2013, proposto da: P. N, rappresentato e difeso dagli avv.ti ***************** e ****************, con domicilio eletto presso l’avv. ****************, in Roma, via Carlo Mirabello n. 23;
contro
Ministero dell’Interno, costituitosi in giudizio, per legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. PIEMONTE – SEZIONE I n. 00403/2013, resa tra le parti, concernente diniego rilascio permesso di soggiorno.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Viste l’ordinanza istruttoria n. 3773/13 e la documentazione prodotta in esecuzione della medesima;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013, il Cons. ******************, nessuno essendo ivi presente per le parti;
L’odierno appellante ha impugnato in primo grado il provvedimento del Questore di Asti in data 9 novembre 2012, con il quale gli è stato negato il rilascio (in sede di aggiornamento del titolo) del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo per lavoro subordinato, nonché il rilascio di un permesso di soggiorno ad atro titolo.
Il provvedimento si basa sull’intervenuta condanna ritenuta “ostativa”, con sentenza divenuta irrevocabile nel 2010, alla pena di due anni di reclusione e € 600 di multa per i reati di sfruttamento della prostituzione continuato e di detenzione illegale di armi continuato in concorso, nonché su un giudizio di pericolosità sociale ex art. 1 l. n. 1423 del 1956 e ss.mm. ii., a sua volta basato sulla “condotta tenuta, lo stabile inserimento nell’ambiente criminale astigiano” e la tipologia dei predetti reati, tali da far “ragionevolmente presumere” che l’interessato “tragga, anche solo in parte, i mezzi di sostentamento da attività delittuose e che sia comunque dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza e l’integrità pubblica”.
In linea generale il primo giudice ha rilevato, in sintesi, che ai sensi dell’art. 9 del t.u. 25 luglio 1998 n. 286 (come sostituito in attuazione della normativa comunitaria dall’art. 1 del d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 3), il diniego di rilascio del “permesso per lungo soggiornanti” deve essere sorretto da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo alla circostanza dell’intervenuta condanna penale ma su più elementi ed in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio nazionale ed all’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, escludendo l’operatività di ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate:
Nell’esame concreto della fattispecie in esame lo stesso primo giudice ha però ritenuto legittimo il diniego.
Ritiene di contro il Collegio, che, come lamentato dall’appellante, dal contenuto sopra riportato del provvedimento in esame emerga con chiarezza come la Questura di Asti non abbia preso in alcuna considerazione quegli elementi di legge suaccennati, ovverossia la durata del soggiorno nel territorio nazionale ( il cui inzio risale ormai a 13 anni fa ), l’inserimento sociale, familiare ( tutta la famiglia è in Italia ) e lavorativo ( esistenza di una attività lavorativa in corso ) del signor Ndoka, restando ovviamente non consentito al giudice di sostituirsi all’Amministrazione nell’apprezzamento di tali elementi.
Inoltre, essa si è limitata ad effettuare un giudizio di pericolosità sociale solo apparente, in quanto basato su un sostanziale automatismo traente ragione dai – pur gravi – reati, com’è provato dall’apoditticità delle conclusioni a cui la Questura perviene con tale giudizio, non sorretto a sua volta da elementi concreti se non la – mera – condanna, “alla luce” della quale ha disposto il diniego, senza considerare, tra l’altro, il lasso di tempo trascorso dalla commissione dei reati e la condotta dell’istante durante tale periodo.
Ciò assume rilevo anche alla stregua del disposto dell’art. 5, co. 5, prima parte, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale va tenuto conto di “sopraggiunti nuovi elementi”, che consentano il rilascio del titolo.
Pertanto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado dev’essere accolto, fatta salva, ovviamente, la rinnovazione del procedimento, nel corso del quale andrà accertata la pericolosità sociale dell’interessato non solo in base alla condanna penale intervenuta ma in concreto e con riferimento all’attualità, nonché dovrà essere tenuto conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo del medesimo.
Tuttavia, si ravvisano giuste ragioni per disporre la integraole compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.
Spese doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013

Redazione