Ricusazione del giudice (Cass. pen. n. 25166/2013)

Redazione 07/06/13
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Ritenuto in fatto

C.V. ricorre personalmente avverso l’ordinanza in data 19/11/2012, con cui la Corte di Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile la ricusazione, presentata nei confronti del G.I.P. dr.ssa M.P. .
Il ricorrente, con un primo motivo, lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 41 e 127 c.p.p. con riferimento alla pronuncia emessa “de plano”, nonostante una delibazione di merito che avrebbe richiesto l’instaurazione del contraddittorio camerale; e, con un secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 34 e 37 c.p.p. in ordine alla esclusione della incompatibilità, nonostante il precedente diniego del patteggiamento, deciso dallo stesso giudice sulla base di valutazioni di merito sulla personalità del ricorrente.

Considerato in diritto

L’impugnazione è fondata nei termini che seguono.
Risulta agli atti che la dr.ssa P. , con decisione 20 settembre 2012 aveva rigettato una richiesta avanzata dal C. , di definizione del procedimento a suo carico, mediante applicazione della pena concordata, giustificando il diniego sulla base della considerazione che “la ricaduta nel reato (omogeneo ai plurimi precedenti) non appare occasionale ed è piuttosto significativa di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità dell’imputato” cosicché riteneva di non accogliere la richiesta di non applicare la recidiva reiterata contestata.
La Corte di appello, decidendo sulla ricusazione della dr.ssa P., prospettata sotto il profilo della sua incompatibilità a decidere, attesa la sua precedente decisione, ha escluso che la stessa, con la motivazione sopra indicata, si sia pronunciata sul merito della vicenda.
Al contrario e correttamente, il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, dopo aver rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il diniego del patteggiamento comporti l’insorgere di una situazione di incompatibilità, per il giudice che lo abbia deliberato, ha precisato che ciò avviene peraltro:
a) quando detto diniego non implichi una valutazione sul merito della notizia di reato, ma il rigetto consegua alla mera interpretazione ed applicazione di una norma processuale (cfr. Cass. pen. Sez. 6. 8/2/2005. *********);
b) quando il rigetto si correli alla non concedibilità della sospensione condizionale, rilevata sulla base di dati oggettivi costituiti dai precedenti penali ostativi risultanti dal certificato penale, in assenza di ogni prognosi di non ricaduta connessa ad una valutazione di personalità ed in assenza di qualsiasi apprezzamento sulla notizia di reato (Cass. Pen. Sez. 2, 13/10/1993, ******);
c) quando il rigetto del patteggiamento allargato consegua ad una situazione di recidiva ostativa all’accesso al rito, rilevata sulla base della mera disamina delle annotazioni di cui al certificato penale, dunque della constatazione di dati oggettivi del tutto ininfluente rispetto alla cognizione del giudizio abbreviato, subordinatamente richiesto dall’imputato (cfr. Cass. Pen. Sez. 4, 10/2/2011, Atiq, non massimata).
Ritiene la Corte, avuto riguardo a tale giurisprudenza, che, come sostenuto dal Procuratore generale, debba escludersi che il caso in esame sia riconducibile ad una delle anzidette tre ipotesi, le quali tutte si caratterizzano dalla comune circostanza della carenza di ogni apprezzamento in ordine al merito della notizia di reato e di ogni valutazione sulla stessa personalità e pericolosità dell’imputato scaturente da una disamina dei suoi precedenti.
Nella specie, invece, come evidenziato, sia dalla ricorrente che dal P.M., il diniego del patteggiamento e l’insussistenza degli estremi per l’esclusione della recidiva si sono fondati proprio sulla ritenuta e valorizzata significatività dell’aggravante, in relazione alla condotta oggetto di addebito, in grado di esprimere una più accentuata colpevolezza (dunque una maggiore gravità del fatto) e una maggiore pericolosità dell’imputato stesso, con incidenza sul trattamento sanzionatorio e sugli ulteriori effetti commisurativi.
Da ciò consegue che la corte distrettuale, come giudice della ricusazione, si sarebbe dovuta pronunciare sulla dedotta valenza pregiudizievole di detto apprezzamento “di personalità, pericolosità e particolare gravità del fatto (correlato alla affermata significatività della recidiva)”, rispetto alla proposta richiesta di patteggiamento ed ai termini della sua quantificazione, anziché limitarsi al rilievo di insussistenza della incompatibilità, richiamandosi alla non pertinente giurisprudenza attinente alla diversa ipotesi di rigetto del patteggiamento per effetto della interpretazione ed applicazione di una mera norma processuale.
La gravata ordinanza va quindi annullata senza rinvio, dichiarando l’incompatibilità al giudizio nei confronti del C. del giudice M.P. .

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara l’incompatibilità al giudizio del giudice M.P. 

Redazione