Riassunzione del procedimento: può essere fatta con qualsiasi forma (Cass. n. 16924/2012)

Redazione 04/10/12
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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo con sentenza del 15 novembre 2004 ha dichiarato che l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione (con decreto 28 aprile 1992) di un terreno di sua proprietà ubicato nel comune di (omissis) (in catasto al fg. 40, part. 1 e 2), proposta da G.P. con citazione notificata l’11 settembre 2002 costituiva la continuazione e riassunzione ex art.50 cpc, del precedente giudizio avente identico oggetto intrapreso davanti al Tribunale di Palermo, e concluso con sentenza del 9 gennaio 2002 che aveva dichiarato la propria incompetenza per materia.

Ha quindi respinto le eccezioni di decadenza e di prescrizione sollevate dall’Assessorato per l’Agricoltura e le Foreste e determinato detta indennità dovuta al G. nella misura di Euro 224.494,52, e quella per la precedente occupazione temporanea conseguente al relativo decreto 21 luglio 1989, in Euro 46.324,04.

Per la cassazione della sentenza, l’Assessorato ha proposto ricorso per un motivo; cui resiste il G. con controricorso.

 

Motivi della decisione

Con il ricorso, l’Assessorato regionale, deducendo violazione degli artt. 50, 307 e 310 c.p.c., art. 2946 cc, censura la sentenza impugnata per avere qualificato “riassunzione” l’atto di citazione notificato l’11 settembre 2002 con il quale, invece la G. intendeva proporre un giudizio completamente nuovo: come dimostra l’assenza di qualsiasi volontà di riassumere quello precedente e l’esplicita proposizione con cui dichiarava di iniziare un nuovo processo. Con la conseguenza che dovevano essere accolte le eccezioni di decadenza dall’opposizione e di prescrizione del credito fatto valere dalla G., disattese dalla Corte i di appello.

Il ricorso è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte in caso di declaratoria di incompetenza del giudice adito e di fissazione alle parti di un termine di riassunzione, ha avuto modo in più occasioni di affermare, al fine di verificare se l’atto introduttivo proposto nei termini da una delle parti costituisca un autonomo atto introduttivo di un ordinario giudizio di primo grado, o piuttosto un atto di riassunzione del processo precedentemente introdotto dinanzi al giudice incompetente, che è necessario che il giudice suddetto proceda ad un attento esame del contenuto sostanziale dell’atto in tutto il suo contesto, onde verificare la possibilità di ravvisare dal suo tenore complessivo una implicita ma in equivoca volontà di proseguire il giudizio inizialmente promosso: configurabile pur in assenza della manifestazione di un espresso intendimento di voler proseguire il precedente processo (Cass. 12524/2010; 24444/2007; 12506/2007).

Siffatta verifica è stata puntualmente compiuta dalla Corte di appello che tanto nell’esposizione del fatto, quanto nella parte dedicata alla motivazione, ha motivato il proprio convincimento ritenendo che il secondo atto abbia raggiunto lo scopo della riassunzione in quanto inequivocabilmente effettuata, anzitutto, dallo stesso procuratore dell’espropriato nei termini previsti ed inoltre proprio davanti al giudice indicato nella sentenza di incompetenza.

L’atto poi richiamava tutte le pregresse vicende processuali, come è peculiare dell’intendimento di riassumere, e conteneva nel contempo un espresso riferimento: alla citazione originaria innanzi al Tribunale; alle vicende processuali che ne erano seguite; nonchè alla sentenza di incompetenza emessa da detto organo e da essa espropriata non condivisa, che l’aveva costretta dopo ben dieci anni dalla prima opposizione a rivolgersi alla Corte di appello.

Per cui, ha correttamente concluso, in aderenza ai principi ripetutamente enunciati da questa Corte, che a nulla rilevano le forme dell’atto di riassunzione previsto dall’art.50 cpc, potendo lo stesso consistere in un atto di citazione per il principio di equivalenza delle forme (sentenze 24/2/2004 n. 3623; 9/11/2001 n. 13857; 18/9/1992 n. 10692); avvalersi di una nuova procura la quale, anche se non necessaria, non vizia l’atto (sentenza 25/10/1994 n. 8752); purchè contenga (come appunto nella specie) tutti i requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., ivi compreso “il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio” (sentenza 9/9/2004 n. 18170).

Ed infine che nel caso non rilevava neppure l’espressione con cui la G. si rammaricava di aver dovuto iniziare un nuovo giudizio, riferendosi la stessa all’evidenza alla circostanza di non aver ancora ottenuto dopo ben 10 anni di processo le giuste indennità spettanti: come del resto conferma la considerazione relativa alla statuizione di incompetenza del Tribunale non condivisa, cui tuttavia aveva dovuto prestare ottemperanza onde conseguire il risultato suddetto.

La quale, semmai, ne ribadisce ulteriormente l’intendimento di riassumere il giudizio presso l’autorità indicata dal primo giudice.

Le spese processuali gravano sul soccombente Assessorato e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’Assessorato al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore della G. in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Redazione