Responsabilità amministrativa delle società: nesso fra elargizione e aggiudicazione da provare (Cass. pen. n. 46763/2012)

Redazione 03/12/12
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Svolgimento del processo

1. Con decreto del 17-18 febbraio 2012 il G.i.p. presso il Tribunale di Bologna ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni di proprietà di Irisbus Italia s.p.a. e di C.C. per importi rispettivamente pari ad Euro 34.781.960,00 e ad Euro 315.468,13, indagati, quest’ultimo, per il reato continuato di cui all’art. 81 cpv. c.p., artt. 110, 319, 319 bis, 321 e 483 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 479 c.p., art. 61 c.p., n. 2, artt. 482 e 476 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 360 c.p., e la prima per l’illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25, commi 2 e 3, in relazione al predetto delitto di corruzione aggravata, commessi in (omissis) nell’arco temporale ricompreso fra il (omissis).

2. Con ordinanza del 31 marzo – 20 aprile 2012, in riforma dell’impugnato decreto, il Tribunale del riesame di Bologna ha ritenuto parzialmente fondata l’istanza proposta nell’interesse del C. e infondata quella nell’interesse della Irisbus Italia s.p.a., riducendo il sequestro preventivo disposto a carico del primo e disponendo che lo stesso sia mantenuto su beni aventi un valore pari ad Euro 249.743,13, con il conseguente dissequestro e la restituzione all’indagato degli ulteriori beni sequestrati se non sottoposti a vincolo per altra causa; ha altresì confermato il decreto con riguardo alla posizione della Irisbus Italia s.p.a, condannandola al pagamento delle spese della procedura incidentale.

3. Secondo la contestazione formulata in sede cautelare – inerente ad una serie di irregolarità legate all’appalto-concorso per la realizzazione, nei Comuni di Bologna e S. Lazzaro di Savena, del sistema di trasporto pubblico del tipo intermedio a guida vincolata su gomma, di cui al bando di gara pubblicato il 20 dicembre 2002 per un importo iniziale di Euro 144.666.224,48, finanziato, sulla base dell’accordo di programma del 21 novembre 2002, dallo Stato, dalla Regione, dai Comuni di Bologna e S. Lazzaro di Savena e da A.T.C, s.p.a., società partecipata dalla Provincia e dal Comune di Bologna, la quale avrebbe dovuto dar corso all’attuazione dell’opera – il C., quale componente del consiglio di amministrazione di A.T.C, s.p.a., nonchè project manager per lo stesso consiglio di amministrazione, membro della commissione di pre-qualificazione per il suddetto appalto-concorso e socio della T.E.SI. s.r.l., incaricata prima dalla Ducati Energia s.r.l. e poi dal Consorzio Cooperative Costruzioni s.c.a.r.l. per la progettazione, la direzione dei lavori e la sicurezza ai fini della realizzazione di un immobile sito in (OMISSIS), avrebbe ricevuto, in concorso con altri pubblici ufficiali intervenuti nelle varie fasi di programmazione, deliberazione ed esecuzione della predetta opera pubblica, denaro ed altre utilità dalla Irisbus s.p.a. e dal consorzio C.C.C, s.c.a.r.l. (la prima, società del gruppo Fiat, quale capogruppo dell’A.T.I, costituita con il C.C.C, s.c.ar.l., per l’appalto legato alla realizzazione dell’opera pubblica su indicata), consistiti nella consegna della somma di Euro 315.468,13 tra il 30 luglio 2004 ed il 31 dicembre 2007, liquidatagli per il tramite della società T.E.SI. s.r.l., della quale era amministratore di fatto e socio. Tale società era stata incaricata dal C.C.C, s.c.a.r.l., con un contratto di prestazione professionale formalizzato il 23 febbraio 2005, per la progettazione, la direzione dei lavori e la sicurezza nella realizzazione del suddetto immobile – che il C.C.C, s.c.a.r.l. aveva acquistato con rogito del 29 luglio 2004, ma con atto preliminare anteriormente stipulato il 29 dicembre 2003 tra la Ducati Energia s.r.l. e la Coop. costruzioni consorziata con il medesimo C.C.C, s.c.a.rl., dalla Ducati Energia s.r.l. – la quale, in precedenza, aveva a sua volta conferito alla stessa società TE.SI. s.r.l. il medesimo incarico, fissando però un compenso di Euro 131.499,94 e l’inizio dei lavori per la data del 14 febbraio 2004.

4. Avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame il 26 marzo 2012 (31.3/20.4.2012) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di C.C., deducendo al riguardo le seguenti censure:

a) erronea applicazione dell’art. 319 c.p., con riferimento al nesso finalistico tra la pretesa dazione e l’atto del pubblico ufficiale, nonchè motivazione apparente in violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, (ex art. 606 c.p.p., lett. b), in quanto la dazione non sarebbe funzionale al compimento dell’atto e le somme erogate al C. dal C.C.C, s.c.a.r.l. non sarebbero finalizzate al compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio, ma rappresenterebbero la congrua remunerazione del suo lavoro professionale;

b) violazione dell’art. 319 c.p., in ragione della sua erronea applicazione con riferimento al momento consumativo del delitto (ex art. 606 c.p.p., lett. b), in quanto la relativa utilità sarebbe concretizzata, tutt’al più, dal conferimento degli incarichi professionali oggetto della stipula dei due contratti in data 27 gennaio 2005 e in data 23 febbraio 2005, da intendersi come mere occasioni di lavoro attribuite al C., mentre la loro esecuzione dovrebbe ritenersi del tutto lecita, poichè le somme pagate risulterebbero congrue rispetto ai lavori effettivamente eseguiti: ne conseguirebbe la prescrizione del reato, in quanto il duplice schema consumativo della corruzione non potrebbe richiamarsi nel caso di specie, ed il momento ultimo di perfezionamento del reato dovrebbe individuarsi nella data di firma del contratto di collaborazione tra il C.C.C, e la TE.SI. s.r.l., ossia nella data del 23 febbraio 2005;

c) l’illegittimità costituzionale dell’art. 321 c.p.p., comma 2, per contrasto con l’art. 27 Cost., comma 2, nella parte in cui consente il sequestro preventivo di cose di cui è consentita la confisca per equivalente, costituendo tale misura, per la sua natura afflittiva e sanzionatola, una pena applicata anticipatamente in via cautelare, poichè i beni che ne costituiscono l’oggetto non hanno un rapporto di pertinenzialità con il reato e non sono connotati da pericolosità: l’applicazione anticipata di una pena, in assenza di ragioni di prevenzione, contrasterebbe all’evidenza con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.

5. Avverso la predetta ordinanza, inoltre, ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Irisbus Italia s.p.a,, deducendo i seguenti motivi di doglianza:

a) violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 19 e 53, per l’erronea interpretazione della nozione di profitto ivi richiamata, e dal Tribunale definita travisando i principi enunciati dalle Sezioni Unite (con la sentenza n. 26654/2008) e dalla successiva elaborazione della giurisprudenza di legittimità, che fa divieto di determinare il profitto da reato nella somma percepita a seguito di attività imprenditoriale lecitamente svolta pur in forza di un contratto viziato da reato nella sua genesi: l’importo di Euro 34.781,960,00, risultante dal certificato di pagamento n. 20, non sarebbe altro che il corrispettivo legittimamente pagato da A.T.C, s.p.a. alla Irisbus Italia s.p.a. in relazione alle prestazioni sino a quel momento svolte in adempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte (art. 5.2 e seguenti del capitolato speciale d’appalto);

b) violazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 53 e 19, nella parte in cui prevede la possibilità di procedere alla confisca per equivalente di denaro, beni ed altre utilità di valore equivalente al prezzo o a profitto del reato, mentre nel caso in esame è stato sottoposto a vincolo, seppure fino al limite della concorrenza, un bene di valore molto superiore, in presenza di numerosi altri beni sottoponibili a sequestro, il cui valore avrebbe potuto meglio coprire, senza superarlo, l’ammontare del profitto così come determinato.

Motivi della decisione

6. I ricorsi sono fondati e vanno conseguentemente accolti nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati.

7. In ordine al primo motivo di ricorso articolato dal C. deve rilevarsi, in particolare, come l’impugnata ordinanza dia per scontata la ricorrenza di un profilo che, di contro, avrebbe dovuto essere oggetto di uno specifico vaglio preliminare al fine dell’accertamento del requisito del fumus commissi delicti, ossia la sussistenza della necessaria relazione di tipo finalistico tra la dazione e l’atto del pubblico ufficiale quale elemento costitutivo dell’ipotizzata fattispecie incriminatrice di cui all’art. 319 c.p..

Senza dar conto di tale aspetto, la sussistenza del fumus è stata apoditticamente desunta, nell’iter motivazionale dell’impugnata ordinanza, dal rilievo assegnato ad elementi di natura congetturale e privi, al fine su indicato, dei necessari requisiti di univocità e valenza dimostrativa in ordine alla configurabilità di un’intesa corruttiva, ossia: a) dalle numerose irregolarità riscontrate nelle fasi della procedura che ha portato all’aggiudicazione dell’appalto all’A.T.I. “Irisbus s.p.a.” – “CCC s.c.a.r.l.”; b) dalla mancata estromissione della TE.SI. s.r.l. da parte dei Consorzio, proprio in prossimità della predetta aggiudicazione (quando la società di riferimento del C.C.C, era un’altra); c) dalla correlativa decisione del CCC s.c.a.r.l. di proseguire il rapporto di collaborazione professionale con quella società, cui ha fatto seguito la previsione di una considerevole remunerazione aggiuntiva rispetto all’importo già concordato con la “Ducati Energia” s.p.a..

Un assetto motivazionale, quello or ora sinteticamente illustrato, le cui sequenze argomentative paiono dispiegarsi senza considerare il peso degli argomenti a contrario desumibili, per un verso, da una possibile valutazione di congruità delle somme percepite nell’espletamento del predetto incarico (secondo il giudizio al riguardo espresso dallo stesso C.T. del P.M.), e, per altro verso, dalla preesistenza, quanto meno dal luglio del 2001, dei rapporti professionali avviati dal C. e dalla TE.SI. s.r.l. con la Ducati Energia, elemento, questo, che potrebbe fornire una plausibile spiegazione alternativa circa la scelta di non estromettere nella fase esecutiva del rapporto una parte contrattuale che aveva già da tempo iniziato a svolgere le sue prestazioni professionali con riguardo all’oggetto dell’incarico poi formalizzato nel febbraio 2005.

E’ noto il principio, in questa Sede più volte affermato, secondo cui il Tribunale del riesame, nel verificare i presupposti per l’adozione di una misura cautelare reale, non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del “fumus” del reato contestato (Sez. 3, n. 27715 del 20/05/2010, dep. 16/07/2010, Rv. 248134; Sez. 3, n. 18532 del 11/03/2010, dep. 17/05/2010, Rv. 247103).

Inoltre, costituisce ius receptum, nell’elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, il principio secondo cui, ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio è stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la considerazione della mera circostanza dell’avvenuta dazione (da ultimo, v. Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011, dep. 09/02/2012, Rv. 251867; Sez. 6, n. 24439 del 25/03/2010, dep. 28/06/2010, Rv. 247382; Sez. 6, Sentenza n. 34417 del 15/05/2008 Cc. (dep. 28/08/2008) Rv. 241082).

Sulla base di quanto or ora esposto, deve rilevarsi come, nel caso di specie, siffatta, necessaria, dimostrazione della ricorrenza del nesso fra l’utilità e l’atto da compiere non possa in alcun modo evincersi dal complesso degli elementi rappresentati nel percorso motivazionale dell’impugnato provvedimento, che ricollega in termini del tutto generici il comportamento tenuto dall’indagato in occasione dell’aggiudicazione dell’appalto-concorso oggetto del tema d’accusa al corrispettivo dal predetto ricevuto in ragione dello svolgimento della sua attività professionale.

Per quel che attiene, inoltre, alle doglianze prospettate nel secondo e nel terzo motivo di ricorso del C., le stesse devono intendersi logicamente assorbite alla luce delle preliminari considerazioni e dei rilievi or ora illustrati in merito alla carenza dell’indispensabile requisito del “fumus” dell’ipotizzato reato di corruzione propria.

8. La riscontrata carenza del fumus commissi delicti riguardo alla fattispecie di corruzione propria oggetto del tema d’accusa determina, altresì, il travolgimento dei presupposti giustificativi del vincolo cautelare reale disposto, per le medesime ragioni, nei confronti della “Irisbus Italia” s.p.a. ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2 bis, D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 19 e 54, relativamente all’ipotizzato illecito di cui al cit. D.Lgs., art. 25, commi 2 e 3, in ordine alle somme di denaro corrisposte alla predetta società dalla stazione appaltante ATC s.p.a., a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto-concorso in suo favore avvenuta.

Dalle su esposte considerazioni discende, conclusivamente, la restituzione dei beni in sequestro a favore degli aventi diritto.

La Cancelleria curerà l’espletamento degli adempimenti previsti dall’art. 626 c.p.p..

 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p..

Redazione