Responsabile del reato di lesioni colpose il padrone del cane che circola libero in un’area aperta al pubblico e morde una donna (Cass. pen., n. 46307/2013)

Redazione 20/11/13
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Ritenuto in fatto

Il Giudice di Pace di Pisa, con sentenza in data 15 novembre 2012 ha ritenuto C.D. responsabile del reato di lesioni colpose per avere omesso di custodire con le dovute cautele un cane in suo possesso che, in luogo pubblico, rincorreva e mordeva al ginocchio O.E. , alla guida di un velocipede, la quale a causa del morso cadeva, procurandosi lesioni personali e l’ha condannato alla pena di Euro 400,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale sentenza C.D. , a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento e la censurava per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 606, lett. c), c.p.p. in relazione alla norma sulla disciplina della notifica del decreto di citazione a giudizio ex art. 171 e 169 c.p.p.. Sosteneva infatti la difesa che l’imputato non aveva mai ricevuto valida notifica del decreto di citazione a giudizio dinnanzi al giudice di Pace di Pisa. Il C. infatti aveva eletto domicilio in Castelfranco di Sotto (PI) presso l’avvocato ****************, senza nessuna indicazione di indirizzo. Peraltro nel periodo intercorrente tra l’elezione di domicilio e la notifica del decreto di citazione a giudizio l’avvocato **************** non era più iscritta all’albo ordinario e quindi non poteva più difendere il sig. C. . Secondo la difesa quindi la sopra indicata notifica era inesistente perché effettuata in uno studio che in quel luogo non esisteva più.
2) Violazione dell’art. 606, lett. e), e.p.p. in relazione all’art. 590 c.p.. Secondo la difesa erroneamente il giudice di Pace aveva ritenuto la responsabilità dell’imputato sulla base delle dichiarazioni del teste L.A. che aveva visto il cane spingere la persona offesa, facendola cadere dalla bicicletta. Sul punto osservava la difesa che dalle dichiarazioni del predetto teste, e da quelle del teste N.L. , non si dicavava che il cane avrebbe morso la persona offesa, come si poteva evincere dal capo di imputazione.
3) Violazione dell’art. 606, lett. b) c.p.p. in relazione alla valutazione delle prove. Osservava la difesa che il giudice aveva errato nella valutazione delle prove, dal momento che nella certificazione medica acquisita agli atti non si parlava di morso. Inoltre secondo la difesa non sarebbero del tutto credibili le dichiarazioni del teste L. per quanto attiene all’orario in cui era avvenuto il sinistro (il teste lo colloca nella mattina, mentre dal certificato si evince che la donna era arrivata al pronto soccorso alle ore 16.40 del (omissis)). Anche per quanto attiene al luogo in cui l’incidente si è verificato non ci sarebbe chiarezza, dal momento che il giudice parla di “area aperta al pubblico”, mentre l’agente N. avrebbe affermato che si trattava di una strada privata a fondo chiuso.

Considerato in diritto

I proposti motivi di ricorso sono manifestamente infondati. Per quanto attiene al primo, osserva la Corte che C.D. aveva eletto domicilio presso l’avvocato ****************, che successivamente era risultata non più iscritta all’albo. Tale circostanza non ha peraltro alcun rilievo ai fini della elezione di domicilio, che resta comunque valida, essendo totalmente irrilevante la circostanza che la persona presso cui il domicilio era stato eletto non rivesta più la qualità di avvocato.
Per quanto attiene poi al secondo e al terzo motivo di ricorso, gli stessi sono manifestamente infondati in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.
Il giudice di Pace di Pisa ha infatti indicato con congrua e logica motivazione le ragioni che gli hanno consentito di ritenere la responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, in quanto ha evidenziato che il C. aveva lasciato libero in area aperta al pubblico un cane doberman di notevoli dimensioni, senza guinzaglio, omettendo quindi le necessarie cautele dirette a prevenire azioni aggressive del cane, che infatti aveva aggredito una donna che procedeva in bicicletta, che cadeva a terra, procurandosi le lesioni di cui al capo di imputazione.
Il ricorso proposto da C.D. manca pertanto di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la mancanza o la contraddittorietà della motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e descrive circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto a ascrittogli in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.
Pertanto né rispetto ai capi né rispetto ai punti della sentenza impugnata, né rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, sono state in alcun modo configurate l’assenza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.

Redazione