Quattro anni di reclusione per attentato ad una Caserma dell’Esercito (Cass.pen. n. 15938/2013)

Redazione 08/04/13
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Presidente La corte ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Verso le ore 7,40 del (omissis) all’ingresso della caserma dell’esercito posta in (omissis), esplodeva un ordigno che provocava il ferimento di due militari. L’attentatore, il quale aveva portato l’ordigno sul luogo della deflagrazione azionandone poi il congegno e rimanendo a terra ferito, veniva identificato in G.M. , cittadino libico. Le indagini immediatamente attivate consentivano di accertare, attraverso le dichiarazioni rese dalla convivente del G. , M.G. , e dal nipote, B.M. , che il predetto frequentava assiduamente tale I.M. e K.A.H. ed accertamenti su quest’ultimo consentivano di appurare che il medesimo aveva messo a disposizione del G. un appartamento in via (…), adibito da questi a laboratorio per la fabbricazione artigianale di un ordigno, aveva accompagnato il G. con la sua autovettura ad acquistare 3 sacchi di 40 kg. ciascuno di nitrato di ammonio; aveva aiutato il G. nel trasporto di due di questi sacchi nell’appartamento di via (…), aveva infine acquistato una bombola poi portata in via (…).
In forza di tali accertamenti il K. veniva dapprima fermato, poi sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere ed infine accusato, in concorso con il G. e con I.M. , del reato di cui alla rubrica per aver fabbricato svariati tipi di esplosivi tra cui l’ordigno artigianale utilizzato per l’attentato del (omissis) , la cui esplosione aveva ferito gravemente l’attentatore il quale, tra le multiple lesioni, perdeva la vista e subiva l’amputazione della mano destra.
1.2 Per quanto di interesse nel presente giudizio di legittimità, il K. veniva giudicato nelle forme del giudizio abbreviato ed il GUP del Tribunale di Milano, in data 9 luglio 2010, lo condannava alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 2000,00 di multa, negando l’applicazione delle attenuanti generiche ed applicando l’aggravante della finalità terroristica.
A sostegno della decisione il giudicante richiamava le testimonianze rese dai due militari rimasti feriti in seguito all’attentato, le immagini del sistema di videosorveglianza della caserma, gli esiti delle perquisizioni domiciliari presso l’abitazione del G. e del K. , le sommarie informazioni rese dalla convivente del G. , M.G. , dal nipote del G. , dai venditori dei tre sacchi di nitrato di ammonio, dalle testi A.D. e Bo.Il. , le immagini del sistema di videosorveglianza del negozio, le spontanee dichiarazioni del coimputato I. , l’interrogatorio del G. e del K. . Dal quadro probatorio in tal modo composto il giudice di prime cure ricostruiva i fatti di causa come segue: il G. da tempo coinvolto nella dimensione politica dell’integralismo islamico, aveva spesso manifestato il suo intendimento di consumare attentati dinamitardi a sostegno del suo credo politico-religioso, proponimenti dei quali non aveva fatto mistero con le persone a lui più vicine tra le quali anche il ricorrente. Questi, assiduo accompagnatore del G. al quale era legato da forte amicizia, gli concesse l’uso di un alloggio nella sua disponibilità per la preparazione dell’ordigno poi utilizzato per i fatti di causa, accompagnò l’attentatore per l’acquisto del materiale necessario alla sua fabbricazione, lo aiutò a trasportare due sacchi di 40 kg. presso il laboratorio allestito per questo tenendo nella sua autovettura il terzo sacco, acquistò a beneficio sempre dell’attentatore una bombola di gas, fu notato armeggiare, subito dopo l’attentato, nel portabagagli di una autovettura, con il coimputato I. , nei pressi della sua abitazione e dell’abitazione del G. , collocate nello stesso stabile. Dopo la fabbricazione dell’artigianale ordigno il G. , il mattino del (omissis) , si portò da solo sul luogo dell’attentato, maldestramente azionando il meccanismo esplosivo che deflagrò prima di quanto fosse stato programmato cagionando le conseguenze già innanzi indicate. Il K. si è sempre dichiarato estraneo all’attentato ed alla fabbricazione dell’ordigno, ha ammesso i coinvolgimenti di cui innanzi giustificandoli con l’amicizia con il G. , il quale gli avrebbe chiesto l’uso dell’alloggio per una attività di stampa e per avere un rifugio per i dissapori in corso con la convivente, ed ha sostenuto che non immaginava a cosa servisse il materiale acquistato con i sacchi di 40 kg.. La versione difensiva non è stata ritenuta credibile dal giudicante in costanza dei dati probatori ed indiziari raccolti nel processo.
1.3 Anche in sede di appello l’imputato proponeva la sua versione della vicenda, insistendo sulla concessione delle attenuanti generiche e sulla eliminazione dell’aggravante della finalità terroristica ed in data 15 novembre 2011, la Corte di assise di appello di Milano, confermava la pronuncia appellata con la sola esclusione della costituzione di parte civile del Ministero della difesa nei confronti del ricorrente, mandato esente per questo dalla relativa condanna risarcitoria deliberata in prime cure.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo interesse sviluppa un unico ed articolato motivo di impugnazione, con il quale denuncia difetto di motivazione in relazione alla confermata responsabilità penale del ricorrente, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla mancata esclusione dell’aggravante della finalità terroristica. Argomenta in particolare la difesa ricorrente, A) quanto al giudizio di colpevolezza: la motivazione articolata dai giudici di merito a sostegno della decisione di condanna si appalesa illogica, contraddittoria ed apparente; le circostanze valorizzate a tal fine di prestano ad una lettura non univoca e comunque tale da non consentire il superamento della soglia del ragionevole dubbio; non risulta affatto provato che il G. abbia messo a parte il K. delle sue intenzioni dinamitarde ed il fatto che ne abbia parlato con altri (col nipote ad esempio e con l’amico I. ) non può consentire di affermare con certezza che abbia fatto lo stesso col ricorrente; il nipote del G. ha dichiarato che il K. non ha mai discusso con lo zio di progetti illeciti a differenza di quanto invece fatto dal I. , il quale con il G. navigava su siti jihadisti; il materiale informatico sequestrato al K. ha dimostrato che non v’era da parte del ricorrente alcun interesse verso il radicalismo islamico; la plausibilità delle giustificazioni addotte dall’imputato in ordine alla disponibilità data al G. dell’alloggio ove fu fabbricato l’ordigno è stata negata pregiudizialmente; il processo ha accertato la verità di dissidi tra il G. e la sua convivente e che il trasporto dei due sacchi di nitrato di ammonio presso il predetto alloggio era stato eseguito dal ricorrente insieme alla figlia, circostanza questa probante della sua buona fede; risulta valorizzata dai giudicanti la iniziale negazione da parte del K. delle circostanze successivamente ammesse, nonostante sin dal primo momento il ricorrente abbia protestato comunque la sua buona fede; risultano altresì valorizzate le intercettazioni in carcere senza considerare che era normale che fossero quelli gli argomenti di discussione con i familiari e che mai vi è stata una ammissione di colpevolezza in quei contesti; anche per l’avvistamento da parte della teste A. dell’imputato intento ad armeggiare nel vano portabagagli, non ha tenuto conto la corte di merito delle risultanze delle annotazioni di servizio, per le quali alle 9,15 gli operanti erano presso l’abitazione del G. e che di lì a poco iniziarono la perquisizione presso la vicina abitazione del K. ; del pari risulta valorizzato l’incontro della sera precedente tra il K. ed il G. , nonostante tali incontri tra i due fossero frequenti e questo esclude che quell’incontro possa avere portata indiziaria circa il coinvolgimento del K. nella condotta contestatagli.
B) In riferimento al diniego delle attenuanti generiche i giudici territoriali hanno argomentato richiamando la gravità dei fatti ed il comportamento dell’imputato, di guisa che il colpevole di un fatto grave viene penalizzato due volte per la stessa cosa, ai fini della sanzione e col diniego delle attenuanti. Del pari protestarsi innocente diventa, illogicamente, fattore di negativa valutazione.
C) Quanto, infine, alla riconosciuta finalità di terrorismo, ha omesso di considerare il giudice di merito che il K. non era affatto cosciente dei propositi del G. e di essi nulla sapeva, come provato nel processo con le testimonianze M. , B. e I. e con l’esame dei suoi supporti informatici.
3. Il ricorso è infondato.
3.1 ***** qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Ne consegue che, ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorché altrettanto logica (Cass. 5.12.02 *********; Cass. 6.05.03 Curcillo).
Orbene, nel caso in esame palese è la natura di merito delle argomentazioni difensive, giacché volte le medesime, a fronte di un’ampia e lodevolmente esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli elementi di prova puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare uno svolgimento della vicenda del tutto alternativo a quello logicamente ricostruito con la sentenza impugnata.
Ed invero non può negarsi rigore logico nella valorizzazione di dati e circostanze di palese sintomaticità quali la consegna nella completa disponibilità del G. dell’alloggio da parte del ricorrente, l’utilizzo di esso come laboratorio per la fabbricazione di ordigni, l’impegno diretto nell’acquisto del materiale necessario per la realizzazione degli ordigni, la frequentazione dell’alloggio stesso durante il suo anomalo utilizzo fino al sabato precedente l’attentato, la palese inverosimiglianza della protesta di buona fede in ordine alla non conoscenza di quanto stava accadendo in quell’alloggio, la palese pretestuosità delle ragioni che avrebbero convinto il K. a concedere al G. il suo utilizzo, la detenzione ingiustificata fino all’attentato del terzo sacco di nitrato di ammonio ed il silenzio sul suo utilizzo e la sua sparizione, la frequentazione assidua con il G. , da tutti indicato, finanche dal fratello, come soggetto ormai totalmente infatuato di radicalismo islamico tanto da ribadire a destra e a manca i suoi intendimenti dinamitardi dei quali appare del tutto irragionevole pensare non abbia messo a parte il ricorrente, l’amico più assiduamente frequentato; le intercettazioni in carcere, là dove l’imputato mostra di conoscere bene a cosa servivano i fili del telefono, infatti utilizzati per azionare l’esplosione e sul quale il ricorrente temeva di avere lasciato tracce papillari. A tale robusto quadro probatorio logicamente valutato la difesa ricorrente oppone, se n’è dato conto innanzi, che non hanno significato univoco la consegna dell’appartamento, l’acquisto del nitrato di ammonio e della bombola, che non è provato alcun interesse dell’imputato verso la causa dell’integralismo islamico, che per amicizia il K. si incontrava spesso con il G. , che i dissidi tra il G. e la convivente sono state provati in corso di causa, che la presenza della figlia al momento di trasportare i due sacchi di ammonio accreditano la tesi della buona fede, che i colloqui con i familiari intercettati in carcere non potevano che vertere sulla vicenda di causa, che la teste A. avrebbe fatto dichiarazioni mendaci e comunque contraddette dalle annotazioni di servizio delle forze dell’ordine, tutti argomenti tipicamente in fatto, espressione di valutazioni alternative a quelle per la verità assai più logiche fatte proprie dalla motivazione impugnata.
3.2 Manifestamente infondate appaiono inoltre le censure in ordine al diniego delle attenuanti generiche dappoiché la gravità dei fatti di causa ed il comportamento processuale costituiscono, per costante e risalente lezione giurisprudenziale di questa Corte, circostanze da valutare ai fini dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 62-bis c.p..
3.3 Quanto, infine, all’aggravante della finalità di terrorismo, è appena il caso di osservare che la difesa ricorrente ne nega la ricorrenza attraverso la tesi che l’imputato non conoscesse i propositi del G. , tesi motivatamente esclusa dai giudicanti.
5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p. ed alla rifusione degli oneri processuali sopportati dalle parti civili, costituitesi in giudizio con l’assistenza dell’Avvocatura dello Stato, oneri liquidati in Euro 1800,00 con l’incremento del 20% per la seconda costituzione.

 

P.Q.M.

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili che liquida in Euro 2160,00.

Redazione