Professionista con segretaria part-time: sì al pagamento dell’Irap (Cass. n. 4923/2013)

Redazione 27/02/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 109/28/09, depositata il 27.5.2009, la CTR del Lazio, in riforma della decisione della CTP di Roma, ha rigettato il ricorso col quale P. N., medico generico convenzionato con il S.s.n, aveva impugnato il silenzio rifiuto avverso la sua istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni 1998-2001, ritenendo sussistente il presupposto impositivo, id est il requisito dell’autonoma organizzazione, per avere il contribuente utilizzato beni strumentali certamente non limitati e prestazioni lavorative di terzi.
Il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, sulla scorta di due motivi successivamente illustrati con memoria. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. E’ stata depositata la relazione ex art. 380 bis cpc, e, su istanza del ricorrente, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per i documentati motivi di salute del difensore del ricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, apparendo idonei i quesiti formulati a corredo dei motivi, coi quali il ricorrente, rispettivamente, denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP ed il vizio di motivazione, i motivi sono infondati. Questa Corte intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cass. SU n. 12108 del 2009, Cass. n. 8556 del 2011), secondo cui “in tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’”ìd quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, in oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni” (il diverso tenore dell’ordinanza di questa Corte n. 6556 del 2011, che il ricorrente riporta nella memoria, costituisce la trascrizione della decisione del giudice di merito, contenuta nell’ordinanza stessa, che è stata cassata per violazione di legge). Va, quindi, rilevato che il vizio di motivazione relativo alla presenza non occasionale di personale dipendente -elemento che, secondo il principio di diritto appena esposto, è sufficiente ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione e, dunque, il presupposto dell’imposta- è infondato, non avendo il ricorrente censurato gli elementi da cui la CTR ha tratto tale accertamento (dati dichiarati nei quadri E delle dichiarazioni relative agli anni d’imposta in contestazione, da cui risultano, nel periodo di riferimento, compensi a terzi per
lavoro dipendente, pari a £ 62.645.000), ed avendo, anzi, riferito, in ricorso, di avvalersi di una segretaria part-time, addetta alla ricezione degli appuntamenti. Gli argomenti dedotti in sede di memoria, coi quali il ricorrente nega di essere soggetto passivo dell’lRAP, invocando pure, una circolare (la n. 28/E del 2010) emessa nelle more della trattazione del presente procedimento, che introdurrebbe un discrimen per i medici di medicina generale con riguardo ad un indice di “organizzazione produttiva” riferito alla proporzione tra costi di collaborazione e i ricavi dell’attività, non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità, implicando nuove valutazioni di merito (peraltro, neppure autosufficienti, non essendo precisato l’ammontare dei compensi percepiti dal professionista negli anni di riferimento).
Il ricorso va, in conclusione, rigettato. Si ravvisano giusti motivi, in considerazione della peculiarità del caso, per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Redazione