Procedimenti elettorali, l’autenticazione delle sottoscrizioni non è una manifestazione di volontà (Cons. Stato n. 3400/2012)

Redazione 11/06/12
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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, con la sentenza n. 7592 del 20 dicembre 2010, nella resistenza della Regione Lombardia, dell’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte di Appello di Milano e dei signori G.A. ed altri.; definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dai signori M.C. e **** per l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti per le elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione regionale della Lombardia svoltesi il 28 e 29 marzo 2010, nonché del verbale delle operazioni espletate il 27 e 28 febbraio 2010 dall’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte d’Appello di Milano, relativamente alla disamina e all’ammissione alle elezioni della lista “Per la Lombardia” e di ogni altro atto presupposto o connesso, ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio e irricevibili i motivi aggiunti.

In particolare, secondo il predetto tribunale, l’unico articolato motivo del ricorso principale era generico, come eccepito dagli intimati, essendosi i ricorrenti limitati a dedurre pretesi vizi nelle operazioni di raccolta delle firme di presentazione della lista “Per la Lombardia”, senza fornire al riguardo alcuna allegazione di nullità, né alcuna prova e tanto meno indizio delle dedotte irregolarità (a nulla rilevando che la fondatezza degli asseriti vizi fosse ricavabile dal Provv. del 1 marzo 2010 dell’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte di Appello di Milano, trattandosi di atto annullato dallo stesso Tribunale amministrativo regionale di Milano, sez. IV, con le sentenze n. 559 e 560 del 9 marzo 2010, passate in giudicato, la prima addirittura in quanto confermata dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1640 del 13 marzo 2010); le censure spiegate con i motivi aggiunti erano poi tardive, in quanto non traevano origine da fatti e documenti conosciuti dopo la proposizione del ricorso, ma da fatti e documenti ben noti ai ricorrenti, esponenti della lista “M.P.” fin dal febbraio 2010.

Di conseguenza il tribunale ha respinto anche la richiesta di sospensione del giudizio in attesa dell’esito dei processi pendenti davanti all’autorità giudiziaria ordinaria per la dedotta falsità delle firme in questione”.

2. Con rituale e tempestivo atto di appello i predetti signori M.C. e **** hanno chiesto la riforma della predetta sentenza, lamentando “Erroneità del capo III.A. della sentenza, relativo alla inammissibilità del ricorso introduttivo per presunta mancanza di un principio di prova” ed “Erroneità del capo II.B. della sentenza, relativo alla irricevibilità dei motivi aggiunti per tardività”, con cui hanno contestato la correttezza della declaratoria di inammissibilità del ricorso e di irricevibilità dei motivi aggiunti, riproponendo poi tutti i motivi di censura spiegati in primo grado col ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti e chiedendo la previa sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 77 c.p.a. per l’incidente di falso.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Lombardia nonché i signori R.F. (difeso dagli avvocati ************* e *********************), R.A. ed altri. (difesi dagli avvocati prof. ***************, ****************, ***************** e **************), P.T. ed altri. (difesi dagli avvocati ************* e ***************), che tutti hanno dedotto la inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, chiedendone il rigetto anche richiamando tutte le eccezioni e difese svolte negli atti difensivi di primo grado.

Ha resistito al gravame anche l’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte d’Appello di Milano

3. Con sentenza non definitiva n. 5345 del 22 settembre 2011 questa Quinta Sezione del Consiglio di Stato, accogliendo l’appello, ha riformando la predetta sentenza, dichiarando innanzitutto ammissibile il ricorso proposto in primo grado e tempestivi e ricevibili i motivi aggiunti, quindi, pronunciando sui motivi di censura spiegati in primo grado, li ha respinti tutti in quanto infondati, eccezione fatta per quello relativo alla falsità delle firme di presentazione della lista “Per la Lombardia”, in relazione al quale ha sospeso, con separata ordinanza, il processo in attesa della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di costituzionalità delle norme che non consentono al giudice amministrativo l’accertamento della falsità di un documento, sollevata dalla stessa Sezione Quinta in controversia analoga con la ordinanza n. 1000 del 16 febbraio 2011.

4. La Corte costituzionale con la sentenza n. 304 dell’11 novembre 2011 ha dichiarato non fondata la predetta questione di legittimità costituzionale (degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104; dell’articolo 7 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840; degli articoli 41, 42 e 43 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642; degli articoli 28, terzo comma, e 30, secondo comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054; degli articoli 7, terzo comma, ultima parte, e 8 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034; nonché dell’articolo 2700 del codice civile, sollevata con riferimento agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione).

E’ da aggiungere, per completezza e con specifico riferimento al presente giudizio, che la Corte costituzionale, con ordinanza letta all’udienza del 4 ottobre 2011 e depositata il successivo 11 novembre 2011, ha dichiarato inammissibile l’intervento della Regione Lombardia nel giudizio di legittimità costituzionale conclusosi con la ricordata sentenza n. 304 dell’11 novembre 2011.

5. I signori M.C. e **** con istanza in data 24 novembre 2011, depositata il successivo 5 dicembre 2011, essendo venuta meno, ai sensi dell’art. 80 c.p.a., la causa di sospensione del giudizio per l’intervenuta sentenza della Corte costituzionale, hanno chiesto la fissazione della nuova udienza di discussione del ricorso.

La Regione Lombardia, con memoria in data 9 marzo 2012, ricordato di aver proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza non definitiva, ritenendola viziata sotto svariati profili, ha eccepito innanzitutto la tardività del deposito dell’istanza di prosecuzione del processo, deposito avvenuto il 5 dicembre 2011, atteso che il termine di 45 giorni (dovendo intendersi dimezzato quello ordinaria di 90 giorni previsto dall’art. 80 c.p.a., in virtù di quanto disposto dall’art. 130, comma 10, c.p.a.) decorreva dal 5 ottobre 2011, data di deposito del dispositivo della pronuncia della Corte costituzionale (come risultava dal sito intranet), non essendo gli appellanti parti di quel giudizio di legittimità costituzionale; in via subordinata, poi, ha chiesto la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 77 c.p.a., in attesa della definizione del giudizio di querela di falso pendente innanzi al Tribunale civile di Milano (il tutto previa valutazione anche dell’opportunità di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione sulla ricordata sentenza non definitiva della Sezione n. 5345 del 22 settembre 2011); quanto al merito ha insistito nella infondatezza della censura concernente la dedotta falsità delle sottoscrizioni, rilevando anche “il plausibile difetto di interesse degli appellanti in ordine alla stessa”, per l’assoluta carenza di prova sia circa la effettiva falsità delle firme sia circa il numero di quelle false, in relazione alla c.d. prova di resistenza.

Il signor R.A. e gli altri suoi litisconsorti con memoria in data 9 marzo 2012 hanno insistito, anche in considerazione della intervenuta sentenza della Corte costituzionale, per la conferma della sentenza impugnata, sostenendo l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso di primo grado, nonché per la declaratoria del difetto di giurisdizione dell’appello per la parte in cui non era stata ancora respinto il ricorso di primo grado.

Con memoria in data 16 marzo 2012 gli appellanti hanno replicato alle avverse deduzioni, evidenziando, per un verso, l’assoluta tempestività dell’istanza di prosecuzione del giudizio e insistendo, per altro verso, per l’accoglimento dell’ultimo motivo di appello da scrutinare concernente la falsità delle firme di presentazione della lista “Per la Lombardia”, in quanto, a loro avviso, l’autenticazione delle firme non sarebbe assistita dalla fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c., tanto più che la finalità dell’autenticazione delle firme di presentazione di una lista sarebbe quella di assicurare il corretto svolgimento dello svolgimento della competizione elettorale nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge, il che renderebbe ultronea e richiesta la sospensione del giudizio in attesa della decisione del giudice civile sulla querela di falso; inoltre, sempre secondo gli appellanti, era destituita di fondamento anche l’eccezione di inammissibilità dell’appello con riferimento alla c.d. prova di resistenza.

Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria di replica, insistendo nelle proprie richieste e conclusioni.

6. Alla pubblica udienza del 27 marzo 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Motivi della decisione

7. Diversamente da quanto sostenuto dall’appellata Regione Lombardia, l’istanza di prosecuzione del giudizio in questione, proposta dagli appellanti con atto in data 24 novembre 2012, depositato il 5 dicembre 2011, è rituale e tempestiva.

In tema di prosecuzione del giudizio sospeso a causa di un incidente di costituzionalità, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che la pubblicità legale prevista con la pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale sulla Gazzetta Ufficiale, pur essendo diretta a rendere generalmente conoscibili le decisioni della Corte, non è tuttavia sufficiente ad assicurarne la conoscenza legale da parte dei soggetti interessati alla prosecuzione del giudizio, conoscenza legale che si ricollega esclusivamente alla comunicazione da parte della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, comunicazione che individua il dies a quo per la istanza di riassunzione (Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2006, n. 2616;, in ossequio a quanto disposto dall’art. 29 della L. 11 marzo 1953, n. 87 (così anche C.G.A., sez. cons., 3 giugno 1999, n. 213, secondo cui “in caso di sospensione del processo amministrativo in presenza di un giudizio incidentale di legittimità costituzionale, in mancanza di specifiche norme di legge, si applicano quelle previste dagli artt. 295 ss. c.p.c., che si riferiscono al caso in cui il processo sia stato sospeso in attesa di sentenza di altro giudice civile o amministrativo; pertanto il termine per la riassunzione del ricorso decorre dalla data di effettiva conoscenza e non dalla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale”.

Nel caso in esame, non essendoci stata alcuna comunicazione da parte della segreteria del giudice a quo agli appellanti, giacché questi non era neppure parte del relativo processo, l’istanza di prosecuzione del giudizio, depositata in data 5 dicembre 2011, nel termine dimezzato di 45 giorni (per effetto del combinato disposto degli artt. 80, comma 1, e 130, comma 10, c.p.a.) dalla pubblicazione della decisione della Corte costituzionale, è da ritenersi tempestiva, solo a tale pubblicazione potendo ricollegarsi l’effetto di conoscenza legale per chi come gli appellanti non era neppure parte del giudizio (condizione che, sotto altro concorrente profilo, rende del tutto irrilevante la lettura in udienza del dispositivo della sentenza ai fini della sua conoscenza legale, ciò senza contare che, com’è noto, il dispositivo per la sua stessa natura non contiene la motivazione della decisione e non può pertanto neppure considerarsi come elemento di conoscenza (legale) della decisione).

8. La Sezione osserva poi che non può accogliersi la tesi degli appellanti, secondo cui potrebbe in ogni caso procedersi all’esame dell’ultimo motivo di gravame, concernente la ammissibilità alla competizione elettorale della lista “Per la Lombardia” e la questione della falsità delle relative firme di presentazione, in quanto l’autenticazione non potrebbe essere considerata alla stregua di un documento o atto pubblico assistito di fede privilegiata anche in ragione della sua peculiare finalità, meramente strumentale e circoscritta alla sola regolarità del procedimento elettorale, con conseguente irrilevanza ed ultroneità della proposizione della querela di falso: dal che deriverebbe, secondo la prospettazione degli appellanti, la non necessità di attendere la definizione del procedimento di querela di falso già instaurato.

E’ appena il caso di rilevare al riguardo che l’autenticazione delle sottoscrizioni non rientra nel novero delle manifestazioni di volontà, bensì in quello delle attestazioni di verità, vincolate dalla osservanza di formalità garantistiche e soggette a rigorosa responsabilità penale nella ipotesi di falso (C.d.S., sez. V, 7 novembre 2007, n. 5745) e che il bene giuridico tutelato dalle norme in materia di procedimento elettorale non è soltanto il corretto svolgimento della competizione elettorale, ma anche e soprattutto la genuinità della volontà dei cittadini sulla scelta di sostenere determinate liste di candidati e, ancor prima, sulla effettività e genuinità delle candidature e dei loro presentatori (C.d.S., sez. V, 29 aprile 2011, n. 2552).

9. Il giudizio de quo deve pertanto essere sospeso ai sensi del combinato disposto degli articoli 39, comma 1, e 77 c.p.a. e dell’art. 295. c.p.c., in attesa della decisione sulla querela di falso proposta innanzi al giudice civile,riservata ogni ulteriore statuizione nel merito e sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, non definitivamente pronunciando sull’appello proposto dai signori M.C. e **** avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione IV, n. 7592 del 20 dicembre 2010, dichiara rituale e tempestiva l’istanza degli appellanti di prosecuzione del giudizio in data 24 novembre 2011, depositata il successivo 5 dicembre 2011 e, per il resto, sospende il giudizio, ai sensi del combinato disposto degli articoli 39, comma 1, e 77 c.p.a. e dell’art. 295. c.p.c., in attesa della decisione sulla querela di falso proposta innanzi al giudice civile, riservata ogni ulteriore statuizione nel merito e sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione