Prescrizione penale salva il dipendente colpevole di aver insultato il proprio capo (Cass. pen. n. 7901/2013)

Redazione 18/02/13
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Svolgimento del processo

1. M.V. ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Potenza del 7-4-2011 che, confermando quella del Tribunale di Melfi in data 8-2-2010, lo aveva ritenuto responsabile del reato di ingiuria nei confronti di D.S.B., amministratore della società Stampi 4 spa, di cui l’imputato e la moglie erano dipendenti.

2. Il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio di motivazione per avere i giudici di merito fatto malgoverno delle deposizioni della persona offesa, che inizialmente aveva prospettato anche reati più gravi per i quali era intervenuta assoluzione, e degli altri testi dell’accusa, tutti dipendenti della società, nonchè trascurato il contesto e il significato della parola ignorante nell’uso che l’imputato aveva inteso farne per stigmatizzare il comportamento del datore di lavoro il quale ignorava che la moglie, in congedo per gravidanza, aveva il diritto di ritirare i propri effetti personali dalla postazione di lavoro.

3. Inoltre la sentenza non aveva tenuto conto che gli atteggiamenti del D. nei confronti della coppia, potevano dar luogo alle esimenti della provocazione o della reciprocità. Comunque il reato era prescritto.

Motivi della decisione

1. Poichè alcune doglianze non presentano profili di inammissibilità agli effetti penali, non essendo ravvisabile la prova evidente dell’innocenza del prevenuto, va dichiarata l’estinzione del reato essendone maturato il termine massimo di prescrizione alla data del 1-6-2011, successivamente alla sentenza di secondo grado.

2. Agli effetti civili, ex art. 578 cod. proc. pen., il gravame è nel complesso infondato e va disatteso.

3. Per quanto, infatti, la vicenda sia effettivamente maturata in un contesto di forte contrapposizione tra il datore di lavoro persona offesa e l’imputato e sua moglie, dipendenti, nel quale, in ottica difensiva, M. avrebbe inteso soltanto stigmatizzare la mancata conoscenza da parte del primo di alcuni profili della normativa sul congedo per gravidanza, di cui la moglie intendeva usufruire, le censure di violazione di legge e malgoverno delle prove si muovono, a ben vedere, sostanzialmente nell’orbita di censure di merito, intese ad accreditare una ricostruzione della vicenda alternativa a quella, coerente con le risultanze e non manifestamente illogica, condivisa dalla corte territoriale.

4. E’ poi inammissibile la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle esimenti della ritorsione e della provocazione, non formulata nell’atto di appello, in cui si era sostenuta la ricorrenza della legittima difesa o dello stato di necessità.

5. La sentenza va quindi annullata senza rinvio, limitatamente alle statuizioni penali, per intervenuta prescrizione del reato, essendo il ricorso da rigettare agli effetti civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio le statuizioni penali della sentenza impugnata perchè estinto per intervenuta prescrizione il reato addebitato;

Rigetta l’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi che concernono gli interessi civili.

Redazione