Premio aziendale: per ottenere il premio il dirigente deve solo far firmare entro il tempo stabilito il preliminare di vendita (Cass. n. 18566/2012)

Redazione 29/10/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1. A.S., dipendente, con la qualifica di quadro e con mansioni di responsabile dell’Ufficio strumentazione ospedaliera e informatica, della s.p.a. I., il cui pacchetto azionario era interamente detenuto da ************, ha convenuto in giudizio, davanti al giudice del lavoro di Firenze, la N. P. s.p.a. Il ricorrente ha affermato di aver ricevuto il 28 settembre 1999 dalla N. P. s.p.a. una lettera del seguente tenore: “Egregio sig. ****, come Lei sa è intenzione della nostra società vendere la I. s.p.a. nel corso dell’anno 1999. Noi consideriamo il suo impegno fattivo una condizione importante per il raggiungimento di questo obiettivo aziendale, per questo abbiamo intenzione di corrisponderle un premio speciale di lire 60.000.000 lorde. Il premio le verrà corrisposto se lei sarà stato in grado di mantenere nel corso del 1999 la piena operatività, incluso il valore operativo della I. s.p.a., e se la vendita avverrà entro il 31 dicembre 1999″. Intervenuta la cessione, il 22 dicembre 1999, A.S. chiedeva il pagamento della somma promessa ma si vedeva opporre un rifiuto dalla società N. P. che adduceva il carattere di semplice contratto preliminare dell’accordo del 22 dicembre 1999. Di qui la proposizione del ricorso al giudice del lavoro per ottenere il pagamento della somma promessa ovvero la condanna della società al pagamento della stessa somma ex art. 2041 c.c.
2. Il giudice del lavoro di Firenze ha accolto la domanda mentre la Corte di appello di Firenze ha accolto l’appello della società rilevando che la promessa doveva considerarsi un’obbligazione unilaterale condizionata alla cessione definitiva e alla conservazione della piena operatività aziendale, incluso il valore operativo. Condizioni entrambe non realizzate perché per cessione doveva intendersi il trasferimento definitivo delle azioni, avvenuto nell’anno successivo, laddove il contratto preliminare del 22 dicembre 1999 prevedeva sia il diritto al recesso del promittente acquirente che la determinazione del corrispettivo al momento della determinazione del bilancio di cessione. Inoltre nel corso del 1999 la società aveva maturato una consistente perdita operativa. La Corte territoriale ha ritenuto altresì improponibile la richiesta di condanna ex art. 2041 c.c.
3. Ricorre per cassazione A.S. affidandosi a cinque motivi di impugnazione illustrati da memoria difensiva.
4. Si difende con controricorso ************

 

Motivi della decisione

5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 409 c.p.c.) in forza dell’art. 360 n. 3 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativo all’incompetenza funzionale del giudice del lavoro a decidere nella presente controversia, in forza dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Secondo il ricorrente la controversia, riguardando l’esecuzione di un rapporto di lavoro, non doveva essere sottratta alla competenza funzionale del giudice del lavoro come ha invece fatto la Corte di appello con ordinanza del 1 luglio 2003.
6. Il motivo va disatteso. Come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ, sezione III, n. 20494 del 23 settembre 2009) “a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione delle funzioni tra le sezioni lavoro e le sezioni ordinarie del tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio; ne consegue che, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente il giudice del lavoro presso lo stesso ufficio, è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’indicata pronuncia, poiché il tribunale avrebbe dovuto disporre soltanto il cambiamento del rito e la conseguente rimessione al capo dell’ufficio per la relativa assegnazione al giudice del lavoro”.
7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1987 c.c.) e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativo all’erronea qualificazione giuridica di promessa unilaterale attribuita alla lettera del 28 settembre 1999. Il ricorrente censura la mancata considerazione delle posizioni di obbligo previste a carico del destinatario della lettera del 28 settembre 1999.
8. Con il terzo motivo il ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e cioè l’asserito mancato verificarsi della condizione di cui alla lettera del 28 settembre 1999 della vendita delle quote della I. s.p.a. entro il 31.12.1999.
9. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativo all’asserito mancato avveramento della condizione prevista nella lettera del 28 settembre 1999 del mantenimento del valore operativo della s.p.a. I. , in forza dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
10. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2041 e 2042 c.c.) in forza dell’art. 360 n. 3 c.p.c. e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativo alla improponibilità in via sussidiaria dell’azione di indebito arricchimento della s.p.a. N. P., in forza dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
11. I motivi dal secondo al quarto possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione logica e giuridica. Essi sono fondati e conseguentemente rimane assorbito l’esame del quinto ed ultimo motivo.
12. La motivazione della Corte di appello appare contraddittoria laddove da una parte afferma che la scrittura privata è priva di sinallagma contrattuale perché “alla promessa della s.p.a. N. P. non corrisponde alcuna contrapposta obbligazione da parte del S. il quale non assume alcun impegno nei confronti della promittente” e d’altra parte riconosce che la s.p.a. N. P. aveva interesse a mantenere inalterata la competitività della società partecipata I. in vista della prossima cessione, e quindi “ha voluto incentivare il S. e gli altri dirigenti e quadri, promettendo loro un premio perché rimanessero in servizio ancora qualche mese e la società mantenesse la piena operatività e il valore operativo”.
13. La motivazione appare illogica e non adeguatamente raffrontata con i canoni ermeneutici fissati dal codice civile, in particolare negli artt. 1362, 1366, 1367, 1369, 1370 laddove afferma che nessuna ragione sussiste perché l’espressione “se la vendita avverrà entro il 31 dicembre 1999? debba essere intesa non in senso letterale ma ritenendo verificata la condizione con la semplice stipulazione di un contratto preliminare di compravendita”.
14. Uguali considerazioni possono spendersi per l’ulteriore passaggio della motivazione che appare illogica e non adeguatamente rapportata ai citati canoni ermeneutici laddove afferma che la condizione del “mantenimento del valore operativo” potrebbe intendersi verificata se il S. fosse stato in grado di mantenere nel corso del 1999 il valore operativo della I. s.p.a.”. In primo luogo la condizione posta in essere dalla dizione utilizzata nella lettera di offerta del premio – anche a volerla ritenere tale – non poteva non riferirsi al periodo successivo ad essa. In secondo luogo la formula “mantenere la piena operatività, incluso il valore operativo della I. s.p.a.”, il cui significato non appare così scontato ad una lettura testuale, esigeva un esame più articolato che desse conto della possibilità di ricollegare il mantenimento della operatività richiesta personalmente al S. all’obiettivo aziendale prefissato e dichiarato come ragione dell’offerta del premio.
15. Vanno pertanto accolti i motivi di ricorso sopra indicati e rimessa la causa alla Corte di appello di Firenze che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, terzo e quarto motivo, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Redazione