Piccoli imprenditori: non più soggetti a fallimento, ma possono essere comunque condannati per bancarotta (Cass. pen. n. 45585/2012)

Redazione 21/11/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Vallo della Lucania, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 6 ottobre 2011 rigettava l’istanza con la quale G.G., ai sensi dell’art. 673 c.p.p., aveva chiesto la revoca della sentenza di condanna pronunciata a suo carico, con sentenza n. 99/91, per il reato di bancarotta fraudolenta, perchè abrogata, successivamente alla condanna definitiva, tale fattispecie penale.

A sostegno della decisione il G.E. richiamava l’insegnamento di SS.UU., 28.2.2008, n. 19601, secondo il quale la novella di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, non esercita influenza ai sensi dell’art. 2 c.p., sui procedimenti penali in corso in virtù della modifica della L. Fall., art. 1.

2. Avverso detta ordinanza ricorre il G., assistito dal difensore di fiducia, sviluppando due motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione degli artt. 2 e 3 c.p.p., sul rilievo che la sentenza dichiarativa di fallimento, ancorchè definitiva, non fa stato nel processo penale, il quale ha il compito di verificare la condizione soggettiva dell’imprenditore, vero presupposto del reato di bancarotta.

Di qui la violazione dell’art. 2 c.p.p., il quale esplicitamente attribuisce al giudice penale il potere di risolvere ogni questione funzionale alla decisione.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 2 c.p., giacchè la nuova formulazione della *******., art. 1, ha escluso dal fallimento i piccoli imprenditori ed il ricorrente, al momento della condanna, era un piccolo imprenditore non sottoponibile a fallimento.

3. Con requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per il rigetto del ricorso.

4. Il ricorso è infondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte di legittimità, nella sua più autorevole composizione, il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta *******., ex art. 216 e ss., – R.D. n. 267 del 1942 – non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento non solo quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza della impresa, ma anche quanto ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste dalla L. Fall., art. 1, per la fallibilità dell’imprenditore; conseguentemente, le modifiche apportate alla *******., art. 1, prima dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e poi dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza, ai sensi dell’art. 2 c.p., sui procedimenti penali in corso (Cass., Sez. Unite, 28/02/2008, n. 19601). Conseguenza diretta del principio di diritto appena esposte è che i fatti di bancarotta commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e del successivo D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, modificativi dei requisiti per l’assoggettabilità dell’imprenditore a fallimento, continuano ad essere previsti come reato anche se, in base alle nuove disposizioni, l’imprenditore non potrebbe più essere dichiarato fallito (Cass., Sez. Unite, n. 19601/2008 cit.).

Non è quindi nella fattispecie invocabile il principio generale di cui all’art. 2 c.p., comma 4, come difensivamente domandato dal ricorrente, atteso l’esplicito dettato ermeneutico innanzi richiamato.

5. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato ed il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione