Peculato: appropriazione di denaro della Cassa di Previdenza privata (Cass. pen. n. 39359/2012)

Redazione 05/10/12
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Ritenuto in fatto

1. Il GUP del Tribunale di Frosinone, con sentenza del 2 aprile 2008, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava Fe.P. colpevole del delitto di cui agli artt. 81 cpv. e 314 cod. pen. – per essersi appropriato, nella qualità di impiegato presso la Cassa Edile di Frosinone, la somma complessiva di € 213.743,77 della quale aveva la disponibilità, avendola ricevuta, tra il novembre 2005 e il gennaio 2007, da vari datori di lavoro operanti nel settore edilizio per le finalità proprie dell’Ente – e lo condannava, in concorso delle circostanze attenuanti generiche, a pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
2. A seguito di gravame proposto dall’imputato, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 17 luglio 2009, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, riduceva la misura della pena inflitta all’imputato entro limiti ritenuti più equi.
Il Giudice distrettuale, dopo avere sottolineato che la materialità dei fatti non era sostanzialmente contestata e che l’appellante aveva posto solo la questione della qualificazione giuridica degli stessi, sostenendo la loro riconducibilità nel paradigma dell’appropriazione indebita, riteneva che le Casse Edili, pur di origine e costituzione convenzionale, non erano comunque estranee ad una disciplina pubblicistica, considerato che l’art. 1 della legge 14/07/1959 n. 741 aveva delegato il Governo «ad emanare norme giuridiche, aventi forza di legge, al fine di assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una medesima categoria».
Il Governo, quindi, aveva recepito, sulla base di tale delega, i CCNL per i dipendenti delle piccole e medie imprese edilizie, che prevedevano l’obbligo di queste di accantonare presso le Casse Edili somme dovute agli operai a titolo di retribuzione differita per ferie, gratifica natalizia e festività infrasettimanali e calcolate in percentuale su alcune componenti della retribuzione, con l’effetto che tale accantonamento liberava i datori di lavoro dal loro obbligo verso i dipendenti- Tale meccanismo perseguiva una essenziale finalità pubblica di rilievo costituzionale, in quanto mirava ad assicurare ai lavoratori del settore un salario proporzionato all’attività lavorativa svolta e finiva con l’assolvere una funzione previdenziale, intesa in senso lato. Le Casse Edili, pur di natura privatistica, nel ricevere dai datori di lavoro del settore le somme di cui innanzi per la successiva corresponsione ai lavoratori, svolgevano un’attività avente i tipici connotati del servizio pubblico di cui all’art. 358 cod. pen; ne conseguiva che l’imputato, in quanto funzionario addetto, con autonomia operativa, a tali compiti, rivestiva la qualifica di incaricato di pubblico servizio e che l’appropriazione delle somme nella sua disponibilità per ragione del servizio espletato integrava il reato di peculato.
3. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato, deducendo:
1) violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 357 e 358 cod. pen., per non essersi considerato che le Casse Edili hanno natura privatistica; che il rapporto tra queste e i lavoratori, dopo l’accantonamento delle somme da parte dei datori di lavoro, è un rapporto di delegazione, in forza del quale la Cassa è obbligata verso il lavoratore e non svolge alcuna funzione previdenziale o assistenziale, ma di mera intermediazione; che la tesi oggettivo-funzionale, incentrata sulla concreta attività svolta dall’agente, determina uno smisurato ampliamento del concetto di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
2) difetto di legittimazione della Cassa Edile a costituirsi parte civile, in quanto non danneggiata dal reato;
3) misura eccessiva della pena.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
2. È dato di fatto pacifico, in quanto non contestato, che il Fe., funzionario della Cassa Edile di Frosinone, curava la riscossione delle somme versate dagli imprenditori del settore edilizio a titolo di accantonamento della parte di retribuzione differita dovuta ai propri dipendenti e la successiva erogazione a questi ultimi delle medesime somme, che concernevano il trattamento economico contrattuale relativo alle ferie, alla gratifica natalizia e alle festività infrasettimanali, meccanismo questo imposto dalle peculiari connotazioni dello specifico rapporto di lavoro (per lo più di breve durata e con notevole mobilità interaziendale) e dall’esigenza di garantire ai lavoratori del settore minimi salariali inderogabili. Il Fe., quindi, avendo per ragione dei compiti espletati la disponibilità delle dette somme, se ne era appropriato, distogliendole dalla loro fisiologica destinazione.
2.1. Ciò posto, si tratta di stabilire se la condotta posta in essere dall’imputato integri il reato contestatogli o quello meno grave di appropriazione indebita.
Tale questione, in quanto strettamente connessa alla ritenuta qualità di incaricato di pubblico servizio del Fe., ma contestata dalla difesa del medesimo, impone un’attenta riflessione sul punto.
L’art. 358 cod. proc. pen. definisce l’incaricato di un pubblico servizio come colui che, a qualunque titolo, presta un servizio pubblico, a prescindere da qualsiasi rapporto d’impiego con un determinato ente pubblico.
Il legislatore del 1990 (art. 18 legge 26/04/1990 n. 86), nel delineare la nozione di incaricato di pubblico servizio, ha privilegiato il criterio oggettivo-funzionale, utilizzando la locuzione «a qualunque titolo» ed eliminando ogni riferimento, contenuto invece nel vecchio testo dell’art. 358 cod. proc. pen., al rapporto d’impiego con lo Stato o altro ente pubblico. Non si richiede, quindi, che l’attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche. Il capoverso dell’art. 358 cod. proc. pen. esplicita il concetto di servizio pubblico, ritenendolo formalmente omologo alla funzione pubblica di cui al precedente art. 357, ma caratterizzato dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima (poteri deliberativi, autoritativi o certificativi). Il parametro di delimitazione esterna del pubblico servizio è dunque identico a quello della pubblica funzione ed è costituito da una regolamentazione di natura pubblicistica, che vincola l’operatività dell’agente o ne disciplina la discrezionalità in coerenza con il principio di legalità, senza lasciare spazio alla libertà di agire quale contrassegno tipico dell’autonomia privata, con esclusione in ogni caso dall’area pubblicistica delle mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. Quanto al criterio di delimitazione interna del servizio pubblico, lo stesso difetta – come si è detto – dei poteri propri della pubblica funzione.
2.2. Alla luce dei principi esposti, deve ritenersi, avvallando sostanzialmente il discorso giustificativo della sentenza in verifica, che il funzionario della Cassa Edile addetto alla gestione degli accantonamenti di percentuali delle retribuzioni dei lavoratori del settore riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, a prescindere dalla natura privata dell’Ente e dalla mancanza di uno specifico atto normativo o amministrativo di attribuzione del pubblico servizio.
Anche a seguito degli interventi della Corte Costituzionale (sentenze n. 129 del 1963 e n. 100 del 1965), l’intera disciplina dell’accantonamento delle percentuali di retribuzione differita, stabilita dalla contrattazione collettiva recepita in atto avente forza di legge, non è venuta meno, essendo comunque rimasto fermo l’obbligo del datore di lavoro al detto accantonamento.
Ciò che rileva è che la Edilcassa, prevista dalla contrattazione collettiva per i dipendenti delle imprese edili, svolge comunque, quale ente di fatto dotato di autonomia, una funzione di mutualità e assistenza, rientrando tra i suoi compiti non solo il pagamento ai lavoratori delle somme che il datore di lavoro e obbligato ad accantonare per ferie, gratifica natalizia e festività infrasettimanali, ma anche lo svolgimento di funzioni di tipo previdenziale in senso lato, quali la corresponsione delle indennità integrative di malattia, la compartecipazione a spese mediche documentate per gli iscritti e propri familiari, l’assegnazione di borse di studio per i figli degli iscritti, l’erogazione di assegni funerari, aiuti economici per i figli portatori di handicap.
Ed invero, con riferimento al compito primario di corrispondere ai lavoratori del settore la parte di retribuzione differita e accantonata, deve rilevarsi che trattasi di attività riconducibile alla nozione di pubblico servizio, in quanto diretta oggettivamente al raggiungimento della pubblica finalità, ex art. 36 Cost., di «assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una medesima categoria» (art. 1 legge n. 741 del 1959), obiettivo questo assunto come proprio dallo Stato anche se il suo concreto perseguimento, per il particolare meccanismo previsto per una categoria di lavoratori non stabili e soggetti a notevole mobilità, finisce con l’essere demandato a un soggetto privato.
Con riferimento agli altri trattamenti di carattere assistenziale e mutualistico erogati dalla Cassa Edile e ai quali innanzi si è fatto cenno, non va sottaciuto che il finanziamento di tali prestazioni avviene mediante l’utilizzo degli interessi sugli accantonamenti mensili del nettamente economico differito (14,20% sulla retribuzione) e la contribuzione aggiuntiva a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori iscritti. La gestione degli accantonamenti, attraverso gli opportuni investimenti destinati a procurare risorse finanziarie nel periodo in cui le somme rimangono nella disponibilità della Cassa Edile, finisce con l’assolvere, quindi, anche una indiretta fruizione di tipo previdenziale o assistenziale, attività anche questa integrante certamente un pubblico servizio.
È il caso, peraltro, di aggiungere che, con il D.Lgs. n. 276 del 2003 e successive integrazioni, sono state attribuite alle Casse Edili addirittura finzioni di rilevanza pubblica, come la certificazione della regolarità contributiva per le imprese iscritte (D.U.R.C., che – di solito – è rilasciato dall’INPS, dall’INAIL o da altri Enti previdenziali), il che conferma, sia pure sotto altro profilo, l’incidenza che l’attività di detti Enti spiega in un’area di interesse pubblico e ben più ampia di quella relativa al rapporto di lavoro privato.
Conclusivamente, la distrazione dal loro vincolo di destinazione e la conseguente appropriazione delle somme accantonate, delle quali il funzionario della Cassa Edile aveva, in ragione del pubblico servizio svolto, la disponibilità (il conto corrente bancario sul quale le stesse erano depositate era cointestato al Fe.), integrano il reato di peculato.
Il ricorrente evoca anche, al punto n. 4 del primo motivo di ricorso, nella prospettiva di contestare la configurabilità del peculato, la norma di cui all’art. 315 cod. pen.. Tale richiamo non è pertinente, considerato che, con la riforma del 1990, il delitto di malversazione a danno di privati è stato assorbito nel delitto di peculato. Secondo il nuovo testo di quest’ultima fattispecie, infatti, il requisito dell’altruità del denaro o della cosa mobile, oggetto di appropriazione, rende irrilevante la distinzione dell’appartenenza pubblica o privata del bene.
2.3. La Cassa Edile di Frosinone, in quanto comunque obbligata a versare ai lavoratori aventi diritto le somme di cui era depositaria e oggetto di illecita appropriazione da parte del proprio funzionario, è soggetto danneggiato e, quindi, legittimato a costituirsi parte civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno.
2.4. La scelta sanzionatoria, in quanto espressione dell’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, si sottrae a qualunque censura di legittimità.
3. Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile, Cassa Edile di Frosinone, liquidate nella misura in dispositivo precisata.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e a rifondere alla parte civile costituita le spese del grado, che liquida in complessivi € 2.500,00, oltre IVA e CPA.

Così deciso il 7 marzo 2012.

Redazione