Overruling processuale: sei mesi sono sufficienti per prendere atto del mutamento di indirizzo (Cass. n. 3042/2012)

Redazione 28/02/12
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Svolgimento del processo Con pronuncia del 28.11.06 il Tribunale di Terni dichiarava la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. responsabile unica dell’infortunio sul lavoro patito il 12.11.96 da C.L. (dipendente della allora Enichem S.p.A., chiamato ad effettuare un intervento all’interno dello stabilimento della Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A.), ma rigettava la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal lavoratore per aver quest’ultimo rinunciato, in via transattiva, ad ogni ulteriore importo oltre a quello percepito dalla Assicurazioni Generali S.p.A. per conto della responsabile dell’evento dannoso.

Tale sentenza era emessa in contraddittorio anche della Sindyal – Attività Diversificate S.p.A. (già Enichem S.p.A.) e della Padana Assicurazioni S.p.A., da cui la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. aveva chiesto di essere manlevata.

Con sentenza emessa il 10.6.09 e depositata il 22.8.09 la Corte d’appello di Perugia dichiarava improcedibile l’appello incidentale con cui la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. aveva chiesto accertarsi la concorrente responsabilità del C. nell’aver causato l’evento dannoso e, accogliendo per quanto di ragione l’appello principale proposto dal lavoratore, rilevato che il supposto atto di transazione era da considerarsi, in realtà, una mera quietanza, condannava la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. a pagare al C. la differenza (pari ad Euro 61.466,50 oltre rivalutazione ed interessi) tra l’ammontare del risarcimento dei danni biologico e morale sofferti dal lavoratore e l’importo già corrispostogli a tale titolo dalla Assicurazioni Generali S.p.A.;

infine, i giudici del gravame rigettavano la richiesta della Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. di essere tenuta indenne dalla Padana Assicurazioni S.p.A., essendosi prescritto ex art. 2952 c.c., comma 3, il relativo diritto.

Per la cassazione della sentenza ricorre la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso il C., che a sua volta spiega ricorso incidentale.

Resistono con separati controricorsi la Sindyal – Attività Diversificate S.p.A. (già Enichem S.p.A.) e la ENI Insurance Limited (già Padana Assicurazioni S.p.A.).

Tutte le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

Preliminarmente ex art. 335 c.p.c., si riuniscono i ricorsi perchè aventi ad oggetto la medesima sentenza.

1 – Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., artt. 1223, 1224, 1283 e 2087 c.c., e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui la Corte territoriale, dopo aver liquidato il danno attualizzandolo alla data della sentenza d’appello, vi ha aggiunto rivalutazione e interessi a decorrere non dalla data della sentenza medesima, ma da quella dell’infortunio sul lavoro (12.11.96).

Obietta invece il C. – fra l’altro – che la Corte perugina non ha affatto attualizzato il risarcimento dei danni alla data della sentenza, ma lo ha liquidato applicando le tabelle in vigore all’epoca dell’infortunio, con conseguente doverosa applicazione, sull’importo così determinato, di rivalutazione ed interessi ex art. 429 c.p.c., u.c..

Tale motivo di ricorso è infondato in forza dell’assorbente rilievo che nulla, nel testo della sentenza impugnata, dimostra che la Corte territoriale ha attualizzato il danno; nè il ricorso ha integralmente riprodotto (a riguardo risultando, quindi, non autosufficiente) le tabelle applicate dai giudici di secondo grado per dimostrare che esse erano attualizzate alla data della sentenza;

anzi, dallo stralcio riportato a pag. 10 dell’atto di impugnazione emerge che si tratta di tabelle sicuramente anteriori, poichè tutti i valori vi compaiono ancora espressi in lire.

Sostiene ancora la società ricorrente che l’attualizzazione (che, di per sè, escluderebbe la giuridica possibilità di far decorrere rivalutazione ed interessi dalla data dell’infortunio) si evincerebbe dall’aumento del 10% applicato dalla Corte umbra, ma neppure questo particolare emerge dalla motivazione della gravata pronuncia, sicchè ogni ulteriore verifica in proposito finirebbe con il risolversi in un accertamento di fatto, non consentito in sede di legittimità.

Quanto al dedotto vizio di contraddittorietà della motivazione, esso si colloca all’esterno dell’area dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il vizio di motivazione spendibile mediante ricorso per cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacchè quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in cassazione (v. art. 384 c.p.c., u.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire.

Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata sia corretta ancorchè malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge o falsa od erronea sua applicazione.

Nel caso di specie la società ricorrente lamenta, in realtà, solo vizi di diritto e non indica quali affermazioni in punto di fatto – nel corpo della motivazione della sentenza impugnata – sarebbero fra loro logicamente incompatibili e, quindi, contraddittorie.

2- Con il secondo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 2087 c.c., dell’art. 112 c.p.c., nonchè degli artt. 40, 41, 185 e 590 c.p., oltre a vizio di omessa motivazione, per avere la Corte territoriale liquidato il danno morale pur non essendo configurabile il delitto di lesioni colpose p. e p. ex art. 590 c.p. e non potendosi nemmeno liquidare un diverso danno non patrimoniale, operazione non consentita dopo Varrei costituito da Cass. S.U. n. 26972/08, che ha affermato la natura unitaria del danno non patrimoniale nell’ambito dell’art. 2059 c.c., ammettendo risarcimenti ulteriori solo se adeguatamente dedotti e provati.

Il motivo è infondato.

Proprio la sentenza n. 26972/08 della S.U. di questa S.C. (richiamata dalla società ricorrente) e quelle successive (tutte conformi: cfr., ex aliis, Cass. Sez. 3^ 25.9,09 n. 20684; Cass. Sez., Lav. 19.12.08 n. 29832) hanno ripetuto che il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale è ormai risarcibile (così come quello derivante da illecito aquiliano) anche in assenza dell’astratta configurabilità di un reato (e ciò in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.), essendo sufficiente che vi sia stata un’apprezzabile lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito.

Sempre in tale sentenza le S.U. hanno ribadito – come già in passato più volte affermato – che il concreto pregiudizio non patrimoniale può dimostrarsi anche in via presuntiva e/o mediante massime di comune esperienza o fatti notori: basta che detto danno non patrimoniale sia allegato.

Le considerazioni che precedono escludono che nel caso di specie i giudici del merito fossero tenuti – contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso principale – a motivare in ordine all’astratta configurabilità, a carico del datore di lavoro o di suoi preposti, di un reato di lesioni colpose, il che comporta il rigetto della doglianza anche sotto il profilo del dedotto vizio di motivazione.

3 – Con il terzo motivo la società ricorrente si duole di omessa e contraddittoria motivazione, nonchè di violazione dell’art. 2952 c.c., comma 4, artt. 1460, 99 e 2907 c.c., e art. 112 c.p.c., per non avere l’impugnata sentenza considerato che l’Enichem S.p.A. aveva validamente provveduto a sospendere il termine di prescrizione ex art. 2952 c.c., comma 4, anche a favore della Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A.; infatti l’Enichem era stata convocata dal C. davanti alla Direzione Provinciale del Lavoro con la medesima lettera dell’11.2.2002 a valere sulla polizza poi invocata dalla società ricorrente, polizza che copriva la responsabilità civile generale del Gruppo Enichem, non disconosciuta dalla Padana Assicurazioni; si prosegue in ricorso con il dire che la comunicazione ex art. 2952 c.c., comma 4, essendo diversa dalla denuncia di sinistro, può provenire dallo stesso danneggiato od anche da un terzo; inoltre, in sede di merito la ricorrente aveva eccepito che ai sensi della clausola di cui al punto 5.5. della polizza la società assicuratrice si impegnava ad “usare larga tolleranza nelle denunce dei danni e di termini o prescrizioni in materia di assicurazionè”, sicchè il ritardo di due soli mesi dal compimento del termine annuale di prescrizione avrebbe importato l’impiego di tale tolleranza; infine – conclude la ricorrente – la Corte territoriale è incorsa in vizio di ultrapetizione per aver rilevato d’ufficio l’operatività dell’art. 1460 c.c., nel momento in cui ha affermato che la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. sarebbe stata inadempiente rispetto all’obbligo di comunicare alla società assicuratrice, non appena possibile, la notizia di eventi che potessero ragionevolmente comportare l’attivazione della polizza.

Il motivo è fondato.

Si premetta che l’impugnata sentenza ha implicitamente accertato che era in corso una polizza assicurativa tra la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. e la Padana Assicurazioni S.p.A. (oggi ENI Insurance Limited), tanto da esaminarne diffusamente la summenzionata clausola 5.5; tuttavia, ha poi escluso il diritto della ricorrente ad essere tenuta indenne dalla società assicuratrice sol perchè era maturata la prescrizione da quest’ultima eccepita.

Ogni altro discorso circa l’esatta identificazione della polizza in discorso (la controricorrente ENI Insurance Limited nega che la polizza a garanzia dell’Enichem sia la stessa della ricorrente) implicherebbe accertamenti in punto di fatto, preclusi nella presente sede.

Ciò detto, si muova dal rilievo che l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione è avvenuto sul presupposto che la richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., (avanzata dal C. in data 11.2.02) vale come richiesta di risarcimento e che fra essa e la notifica (5.4.03) della chiamata in causa della Padana Assicurazioni S.p.A. (ora ENI Insurance Limited) ad opera della Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. è decorso un tempo superiore al termine annuale di cui all’art. 2952 c.c..

A pag. 22 del ricorso principale si trascrive – però – il passo della memoria di costituzione in primo grado con cui la stessa Padana Assi.ni aveva sostanzialmente ammesso di aver appreso tramite l’ENICHEM di tale richiesta di risarcimento da parte del C..

In punto di diritto si tenga presente che la comunicazione ex art. 2952 c.c., comma 4, essendo diversa dalla denuncia di sinistro, può provenire dallo stesso danneggiato od anche da un terzo (giurisprudenza costante di questa Corte Suprema: cfr, e pluribus, Cass. Sez. 3^ 22.8.07 n. 17834; Cass. Sez. 3^ 17.5.97 n. 4426): a ciò si aggiunga che l’esistenza di una causa di sospensione della prescrizione, ancorchè non dedotta nelle fasi di merito, non integrando un’eccezione in senso stretto è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, sempre che – però – le relative circostanze siano risultanti dagli atti già ritualmente acquisiti nel precedente corso del processo (cfr. Cass. Sez. 2^ 15.10.09 n. 21929).

Dunque, sul presupposto – accertato in sede di merito – dell’esistenza della polizza invocata dalla Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. deve concludersi che, poichè la stessa Padana Ass.ni aveva ammesso nelle proprie difese di essere comunque venuta a conoscenza – grazie a quanto comunicatole dall’ENICHEM – della summenzionata richiesta risarcitoria del danneggiato C., si era in presenza di una comunicazione idonea a sospendere il decorso della prescrizione ai sensi dell’art. 2952 c.c., comma 4, finchè il credito del danneggiato non fosse divenuto liquido ed esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non si fosse prescritto.

Quanto precede assorbe l’esame delle ulteriori doglianze contenute nel terzo motivo.

4 – Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa interpretazione degli artt. 346, 436, 291, e 156 c.p.c., nonchè vizio di motivazione laddove l’impugnata sentenza ha dichiarato improcedibile l’appello incidentale con cui la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. aveva chiesto accertarsi la concorrente responsabilità del C. nella causazione dell’evento dannoso;

tale improcedibilità – lamenta la ricorrente – è stata dichiarata per omessa tempestiva notifica dell’appello medesimo, non potendosi concedere ex art. 291 c.p.c., nuovo termine per provvedervi visto il contrario indirizzo di Cass. S.U. 30.7.08 n. 20604, nonostante che tale ultima sentenza – che aveva ribaltato un anteriore costante indirizzo giurisprudenziale in senso contrario – contenesse un principio di diritto pubblicato dopo che la Corte d’appello aveva già concesso il termine per la rinotifica con l’accettazione di tutte le altre parti; inoltre – conclude la ricorrente -la prima udienza di discussione effettiva della causa era stata quella del 10.6.09, atteso che all’udienza del 28.1.09 (in cui era stato concesso nuovo termine per la notifica dell’appello incidentale) non risultava ancora trasmesso dal Tribunale di Terni il fascicolo di primo grado.

Il motivo – con il quale in sostanza si invoca un’applicazione di prospettive overruling, accolta nel nostro ordinamento alla stregua di quanto statuito da Cass. S.U. 11.7.2011 n. 15144 – è infondato.

Quello rappresentato dalla società ricorrente sarebbe un caso addirittura paradigmatico di applicazione di prospettive overruling se non fosse che il mutamento di giurisprudenza si è verificato, nella specie, assai prima che la Nuova Terni Industrie Chimi che S.p.A. incorresse nell’omessa notifica del proprio appello incidentale.

Invero, come precisa la stessa ricorrente, all’udienza del 28.1.09 la Corte territoriale aveva concesso nuovo termine per la notifica dell’appello incidentale evidentemente in applicazione del precedente costante orientamento (rappresentato da Cass. S.U. 29.7.96 n. 6841 e dalla conforme successiva giurisprudenza) secondo il quale, nel rito del lavoro, ogni eventuale vizio od inesistenza della notifica dell’atto di impugnazione, non comunicandosi all’impugnazione stessa, imponeva al giudice di assegnare all’appellante, previa fissazione di un’altra udienza di discussione, un termine – necessariamente perentorio – per provvedere a notificare ricorso e decreto.

Tuttavia, l’inversione del radicato orientamento giurisprudenziale sul tema, poi applicata dall’impugnata pronuncia, era intervenuta già circa sei mesi prima, vale a dire il 30.7.08, data di deposito della sentenza n. 20604/08 delle S.U..

Pertanto, pur a voler tenere conto dei normali tempi tecnici di memorizzazione di tale precedente nella banca dati di questa S.C. normalmente consultabile on line, è indubbio che la Nuova Terni Industrie Chimiche S.p.A. ha avuto a propria disposizione un ampio arco temporale per tenere conto di tale mutata giurisprudenza e, conseguentemente, prevenire il verificarsi di ogni decadenza a proprio danno (sulla conoscibilità di un revirement giurisprudenziale v. anche Cass. Sez. 2^ 7.2.2011 n. 3030, che ha escluso un’applicazione – mediante rimessione in termini – di prospective overruling in un caso in cui il mutamento di giurisprudenza era conoscibile già due mesi prima del compimento dell’atto processuale rispetto al quale la parte era incorsa in decadenza).

Nè ha pregio obiettare che l’udienza del 28.1.09 (in cui era stato concesso nuovo termine per la notifica dell’appello incidentale) ad ogni modo si sarebbe dovuta ugualmente rinviare per mancata trasmissione del fascicolo di ufficio dal Tribunale di Terni, di guisa che – secondo la società ricorrente – dovrebbe considerarsi come prima udienza effettiva quella del 10.6.09 (rispetto alla quale la notifica dell’appello incidentale era tempestiva): in contrario basti ricordare che per costante insegnamento di questa S.C. nel rito del lavoro neppure i rinvii d’ufficio dell’udienza originariamente fissata sono idonei a posticipare i termini stabiliti a pena di decadenza (cfr., ad es., Cass. 17.10.06 n. 22230; Cass. 8.7.02 n. 9875; Cass. 11.4.2001 n. 5444).

5- Con unico motivo di doglianza il ricorrente incidentale ****** lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., art. 1229 c.c., comma 2, artt. 1243 e 2087 c.c., nonchè vizio di motivazione nella parte in cui l’impugnata sentenza, detraendo dal risarcimento spettante al danneggiato l’indennizzo da lui già percepito dalla Assicurazioni Generali S.p.A., ha fatto erronea applicazione del principio della compensatìo lucri cum damno, che invece richiede che il pregiudizio e l’incremento patrimoniale discendano entrambi dallo stesso fatto, mentre nel caso di specie l’indennizzo discende dalla polizza assicurativa e il risarcimento del danno dall’illecito contrattuale (violazione dell’art. 2087 c.c.), sicchè si tratta di attribuzioni derivanti da titoli diversi;

nè – obietta il C. – in contrario può valere la motivazione addotta dalla Corte territoriale, secondo cui il lavoratore, nel momento in cui ha riscosso l’indennizzo direttamente beneficiando della polizza in discorso, ha con ciò aderito all’intero contratto e, quindi, anche alla clausola 1.27 della polizza, in forza della quale è stato imputato al totale del risarcimento l’indennizzo che il danneggiato ha percepito dalla Assicurazioni Generali S.p.A.: in realtà – conclude l’odierno ricorrente incidentale – si tratta di clausola nulla ai sensi dell’art. 1229 c.c., comma 2, perchè si traduce in un illegittimo patto preventivo di limitazione della responsabilità ex art. 2087 c.c., che è norma di ordine pubblico.

Il motivo è infondato vuoi perchè non considera il più recente orientamento che, in tema di risarcimento dei danni da infortunio sul lavoro, non esclude l’operatività del principio della compensalo lucri cum damno (cfr. ad es., in relazione all’analoga ipotesi della detrazione dal risarcimento di quanto già percepito dal lavoratore a titolo di indennizzo INAIL, Cass. 2.7.2010 n. 15738; Cass. 10.11.2000 n. 14638; in relazione alla retribuzione corrisposta dal datore di lavoro all’infortunato, v. Cass. n. 4475/1993; in relazione all’aliunde perceptum ai fini del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, v. Cass. S.U. 19.7.1990 n. 7380; Cass. 29.3.96 n. 2906; Cass. 3.2.1998 n. 1099; Cass. 4.2.98 n. 1150), vuoi perchè la clausola di cui parla l’impugnata sentenza non è nulla, atteso che non importa una limitazione di responsabilità a favore del datore di lavoro in contrasto con norme di ordine pubblico.

Invero, clausole siffatte, lungi dal ridurre la responsabilità del datore di lavoro e il risarcimento spettante al lavoratore, hanno unicamente lo scopo di evitare un circuito di azioni, consentendo al danneggiato di ricevere direttamente dall’assicuratore l’indennizzo che, altrimenti, verrebbe attribuito in via di manleva al datore di lavoro stipulante, condannato a risarcire i danni patiti dal proprio dipendente.

6 – In conclusione, si rigetta il ricorso incidentale, si accoglie il terzo motivo di quello principale, si rigettano i restanti motivi e si cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio – anche per le spese – alla Corte d’appello di Firenze.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello incidentale, accoglie il terzo motivo di quello principale, ne rigetta i restanti motivi e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.

Redazione