Notificazione a mezzo posta: valida anche se il ritiro del plico è stata eseguito anche da soggetti diversi (Cass. n. 17561/2013)

Redazione 18/07/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29 novembre 2001 il Tribunale di Palermo condannava la Cooperativa “Il Nocciolo” a r.l. al pagamento, in favore di A.S. , della somma di L. 89.701.313, oltre interessi, a titolo di compensi per prestazioni professionali (progettazione di un impianto di trasformazione e lavorazione di nocciole in semilavorati).
Con atto del 18 maggio 2004 la predetta cooperativa, contumace in primo grado, proponeva appello tardivo, eccependo la nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio e di ogni atto successivo, in essi compresa la sentenza impugnata nonché la nullità della citazione ai sensi dell’art. 164 c.p.c., non essendo stata rinnovata la citazione nel termine indicato dal Giudice ed essendo stato comunque assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dall’art. 163 bis c.p.c.; deduceva, altresì l’infondatezza della domanda.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 29 gennaio 2007, dichiarava inammissibile il gravame, reputando valida la notifica dell’atto di citazione, il che, a prescindere dalla dedotta nullità della medesima citazione, non consentiva di ritenere che l’appellante non avesse avuto legale conoscenza del processo instaurato nei suoi confronti dall’A..
Avverso la sentenza della Corte di merito la Cooperativa “Il Nocciolo” a r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Ha resistito con controricorso A.S. .

Motivi della decisione

1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile, ai sensi del comma 2 dell’art. 27 del medesimo decreto legislativo, ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati dalla data di entrata in vigore dello stesso (2 marzo 2006) e successivamente abrogata dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n. 69 a decorrere dal 4 luglio 2009 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (29 gennaio 2007).
2. Con il primo motivo, denunciando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 160 c.p.c. e delle norme da esso richiamate, assume la ricorrente che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere valida la notificazione dell’atto di citazione, non essendo state osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia.
2.1. In relazione al motivo di ricorso all’esame la ricorrente pone i seguenti quesiti di diritto:
“dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se sia affetta da nullità, ex art. 160 c.p.c., la notificazione per mezzo del servigio postale di un atto di citazione ad una cooperativa a r.l., allorquando, dall’avviso di ricevimento, la consegna risulti essere stata eseguita a persona che non sia il legale rappresentante della destinataria, che non sia vincolata da alcun rapporto lavorativo o di fiducia con la destinataria, che non sia in possesso di apposita delega scritta al ritiro e che risulti essere il coniuge non convivente, neanche temporaneamente, e legalmente separato del legale rappresentante della destinataria”;
“dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, in caso di contestazione circa la validità della notifica ex art. 160 c.p.c., l’onere di provare che la consegna sia stata fatta a persona che sia vincolata da un rapporto lavorativo o di fiducia con la destinataria, o, comunque, che sia in possesso di apposita delega scritta al ritiro, incombe su chi assume la validità della notifica, sicché nel caso in cui tale onere non sia stato soddisfatto la notifica citata deve ritenersi affetta da nullità”.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della 1. 20 novembre 1982, n. 890, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto valida la notificazione dell’atto di citazione pur essendo i coniugi C. -L. legalmente separati e non convivendo essi da anni, neppure temporaneamente.
3.1. In relazione al secondo motivo di ricorso, la ricorrente pone il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell’art. 7 della l. 890/82, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, possa dirsi valida la notificazione di un atto di citazione ove la consegna del plico sia avvenuta nelle mani del coniuge del rappresentante legale della destinataria, da anni legalmente separato dalla moglie e da anni non convivente con lei neppure temporaneamente, non addetto alla casa della medesima, ne addetto alla sede della destinataria”.
4. I primi due motivi, che,essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.
4.1. Ed invero i quesiti formulati in relazione ai motivi all’esame risultano eccentrici rispetto alla fattispecie, prescindendo dalla dirimente circostanza che, nel caso di specie, il plico risulta essere stato ritirato dopo il suo deposito presso l’ufficio postale dal delegato della destinataria.
Peraltro, i motivi sono comunque infondati, avendo C.S. ritirato il plico raccomandato depositato presso l’ufficio postale, rilevando in tal caso la indicata qualità di delegato della presidente della Cooperativa, L.D. (o M.D. ), di cui era coniuge separato, e non quella di coniuge, pur se quest’ultima qualità sia stata comunque riportata sull’avviso di ricevimento. Come è stato già affermato da questa Corte (v. Cass. 12 luglio 2005, n. 14606), infatti, ai fini della notificazione a mezzo del servizio postale, l’incaricato al ritiro del piego depositato nell’ufficio postale, a causa dell’assenza del destinatario, non deve avere i requisiti stabiliti dall’art. 7 della legge n. 890 del 1982 per i soggetti abilitati a ricevere il plico nel luogo indicato sul piego postale, essendo sufficiente, in considerazione della circostanza che il destinatario ha conferito l’incarico a chi provvede a ritirare il plico all’ufficio postale, che il delegato sottoscriva l’avviso di ricevimento con la indicazione della specifica qualità e l’agente postale certifichi con la sua firma in calce al documento la ritualità della consegna.
A tanto deve aggiungersi che l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relazione di notifica, costituendo, ai sensi dell’art. 4, terzo comma, della legge n. 890 del 1982, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data sia l’identità della persona cui la consegna medesima figura effettuata e che ha sottoscritto l’avviso anzidetto, riveste natura di atto pubblico e, quindi, risulta munito della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la propria sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza, onde il destinatario di un simile avviso, là dove intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze di quest’ultimo, affermando (come nella specie, tra l’altro) che la consegna sia stata effettuata a persona non in possesso di apposita delega scritta, ha l’onere, se intende contestare quanto risulta dal predetto avviso, di impugnare lo stesso a mezzo di querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza o negligenza del detto agente (Cass. 8 febbraio 2001, n.1783; Cass. 1 marzo 2003, n. 3065; Cass. 27 aprile 2004, n. 8032; Cass.22 aprile 2005, n. 8500).
5. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta vizi motivazionali e formula il seguente quesito: “dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se risulti omessa, insufficiente o contraddittoria la motivazione dell’impugnata sentenza della Corte di appello di Palermo, in ordine al seguente fatto controverso: fra il rappresentante legale dell’odierna ricorrente e il coniuge separato che ha ricevuto la notifica a mezzo posta, della citazione di primo grado almeno per quanto attiene all’attività della cooperativa, continuavano a esservi rapporti”.
5.1. Il motivo è inammissibile, non cogliendo l’effettiva ratio decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata e non essendo, quindi, relativa a un fatto decisivo per il giudizio. Difatti il convincimento della Corte circa la validità della notificazione in questione si fonda sulla circostanza, questa sì decisiva, che il ritiro della raccomandata presso l’ufficio postale da parte del C. “non poteva, invero, non essere stato preceduto da un apposito incarico” (da intendersi evidentemente come delega).
6. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 327, secondo comma, c.p.c., sostenendo che la Corte di appello avrebbe errato nell’affermare che, a prescindere dalla dedotta nullità della citazione, non ricorrevano le condizioni per accogliere il gravame, non consentendo la validità della notificazione di ritenere che la Cooperativa non avesse avuto legale conoscenza del processo instaurato nei suoi confronti dall’A. . Lamenta la ricorrente che il Giudice del merito abbia desunto l’avvenuta conoscenza, da parte della stessa, del processo dal dato non dimostrato della validità della notifica della citazione.
6.1. In relazione al motivo di ricorso all’esame la ricorrente pone il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudice del merito possa ex officio dedurre la prova dell’avvenuta legale conoscenza del processo da parte del contumace, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 327, 2 co. c.p.c., a prescindere dalla dedotta nullità della stessa citazione o se non debba, invece, essere la controparte a dover dimostrare che, nonostante la nullità della citazione (e/o della notificazione), il contumace abbia avuto ugualmente conoscenza del processo”.
6.2. Il motivo in esame è inammissibile, in quanto il relativo quesito di diritto, così come formulato, é inadeguato, difettando di specificità e concretezza. Ed invero, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere, dalla sua sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero – come nel caso all’esame – nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza o meno della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n. 3530).
7. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 163 bis c.p.c. nonché “omessa statuizione e motivazione”.
La Cooperativa “Il Nocciolo” a r.l. assume che la Corte territoriale avrebbe errato nel non tenere conto che tra il giorno della pretesa notifica e quello dell’udienza di prima comparizione vi erano termini liberi inferiori a sessanta giorni, tenuto conto della sospensione feriale, e che, peraltro, la notifica in parola era stata eseguita oltre il termine di trenta giorni assegnato dal Giudice.
In relazione al quinto motivo di ricorso la ricorrente pone i seguenti quesiti di diritto:
“dica l’Ecc.ma Corte se sia affetta da nullità la citazione allorquando tra il giorno della notifica e quello di 1 comparizione vi sia un termine inferiore a 60 giorni liberi”;
“dica l’Ecc.ma Corte se è viziata la sentenza del Giudice di Appello che ha omesso statuizione e motivazione su uno dei motivi di appello”.
7.1. Il motivo in esame é inammissibile, in quanto i relativi quesiti di diritto, così come formulati, sono inadeguati, difettando di specificità e concretezza, privi come sono di ogni puntuale riferimento al caso all’esame.
8. Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Redazione