Non è clandestino lo straniero che entra in Italia col visto di Schengen (Cass. n. 3694/2013)

Redazione 14/02/13
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Ordinanza

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. nel procedimento civile iscritto al R.G. 9698 del 2012.

“Premesso che il cittadino straniero è stato raggiunto da provvedimento di espulsione del 1/9/2010 per essere entrato in territorio italiano sottraendosi ai controlli di frontiera; Rilevato che nel provvedimento impugnato, a sostegno del rigetto dell’opposizione all’espulsione, oltre a respingere il motivo di ricorso relativo all’omessa traduzione dell’atto notificato nella lingua madre dello straniero, viene affermato, per quel che interessa ai fini del presente ricorso, che “lo straniero è entrato in Italia il 1/1/2010 e che, pur essendo in possesso di regolare passaporto Schengen, è entrato nel nostro territorio sottraendosi ai controlli di frontiera e senza un regolare visto d’ingresso come richiesto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 1, dal momento che non ha comprovato alcuna relazione di parentela nel nostro paese, nè indicato un domicilio italiano”;

Considerato che avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione T.E. precisando preliminarmente che nel decreto di espulsione era stata erroneamente indicata la data d’ingresso in Italia nel 1 gennaio 2000, mentre come risultava dal timbro sul passaporto Schengen egli aveva fatto ingresso nel nostro territorio munito di visto turistico il (omissis); che egli nel 2000 aveva 13 anni; che era cittadino albanese oriundo greco e faceva parte – della minoranza greca di questo paese; che era iscritto all’univeristà di (omissis) ed era venuto in Italia solo a far visita al fratello che studia all’Università di (omissis); che è in possesso di un visto di categoria oriundo greco con il quale può recarsi liberamente nei due paesi ed inoltre è munito di regolare visto d’ingresso rilasciato dall’ambasciata greca in data 6 settembre 2007, di durata decennale, con il quale può visitare liberamente i paesi dell’area Schengen; che, pertanto non si è sottratto ai controlli di frontiera ma è entrato come turista, con diritto di soggiorno per 90 giorni; che nel corso del procedimento davanti al giudice di pace è stata richiesta all’ambasciata greca in Italia, la conferma dell’autenticità dei documenti in possesso dell’opponente, conferma che ha dato esito positivo.

Considerato, altresì, che a sostengo del ricorso sono stati esposti i seguenti quattro motivi:

– nel primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a) e comma 4 per essere stato erroneamente affermato che il ricorrente non era entrato regolarmente nel nostro territorio, sottraendosi ai controlli di frontiera, mentre, al contrario, egli era in possesso del sigillo uniforme Schengen riportato sul passaporto apposto in data 31 luglio 2010. Il decreto del giudice di pace conteneva, peraltro, una rilevante inesattezza cronologica riportando come data d’ingresso il 1/1/2010, data che non troverebbe riscontro in alcuno dei documenti prodotti, essendo il cittadino straniero entrato regolarmente in Italia il 31 luglio 2010 come da visto uniforme Schengen, sopra indicato;

– nel secondo motivo viene censurata al violazione del Regolamento CE n. 539 del 2001 che consente ai cittadini albanesi di entrare in Italia, senza visto d’ingresso, nei limiti dei 90 giorni per visita turistica. Nell’allegato I del predetto regolamento è espressamente indicata l’Albania tra i paesi esentati dal visto d’ingresso.

Peraltro il ricorrente, titolare di visto di categoria oriundo greco, concesso dalla Repubblica ellenica era in possesso di visto uniforme Schengen sul passaporto;

– nel terzo motivo viene dedotto il vizio di motivazione del provvedimento impugnato per la contraddittorietà derivante dall’errata indicazione della data d’ingresso del cittadino straniero nel nostro territorio e per non aver tratto alcuna conseguenza dall’indicato possesso di passaporto che consente di circolare nell’area Schengen nel quarto motivo viene dedotto la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 in relazione alla mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella lingua madre del cittadino straniero;

Ritenuto che i primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente fondati per le ragioni che seguono:

a) lo straniero, in possesso incontestato di un passaporto con timbro uniforme Schengen (come riconosciuto anche nel provvedimento impugnato), al momento dell’ingresso dell’Italia, non è entrato sottraendosi ai controlli di frontiera, ma in modo regolare, alla luce delle modalità previste dal D.M. 26 luglio 2007 attuativo della L. n. 67 del 2007;

b) il provvedimento espulsivo risulta, di conseguenza, radicalmente invalido perchè fondato su una ragione giustificativa inesistente, potendosi nella specie esclusivamente valutare, ai fini dell’espulsione, il possesso di un titolo valido di soggiorno alla luce dei parametri normativi stabiliti agli art. 1 (per gli stranieri provenienti da paesi non appartenenti all’area Schengen) o all’art. 2 (per i paesi appartenenti all’area Schengen, tenuto conto della data effettiva d’ingresso (31/7/2012) e del conseguente adempimento dell’obbligo della dichiarazione di presenza prescritta nel predetto decreto (Cass. 7192 del 2012);

c) secondo l’orientamento univoco di questa sezione, infatti, “Nel giudizio ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 8, e art. 13 – bis, avente ad oggetto la verifica della pretesa espulsiva dello Stato, a fronte della quale può recedere il diritto soggettivo dello straniero extracomunitario a permanere nello Stato, poichè le ipotesi di violazione che possono giustificare l’espulsione sono rigorosamente descritte dalla vigente normativa, configurandosi il provvedimento espulsivo come atto a contenuto vincolato, la materia d’indagine è costituita dalla sussistenza della specifica ipotesi contestata all’espellendo ed assunta a dichiarato presupposto dell’espulsione; ne consegue che, disposta tale ultima misura per essersi lo straniero sottratto ai controlli di frontiera e verificata, in fatto, l’insussistenza, di una tale circostanza, l’espulsione non può essere confermata dal giudice. (Cass. 210 del 2005; 20668 del 2005).

– il principio sopra indicato è stato, peraltro, specificamente applicato ad una fattispecie sostanzialmente coincidente a quella formante oggetto del presente giudizio nella pronuncia n. 24810 del 2010 così massimata: In tema di opposizione al decreto di esplusione amministrativa dello straniero, qualora questo sia stato adottato per ingresso clandestino nello Stato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, e l’opponente deduca la disponibilità, all’atto dell’attraversamento della frontiera italiana, di un visto generale “Schengen” all’entrata nello Stato italiano (visto uniforme di cui alla L. n. 388 del 1993, art. 13, comma 2, di ratifica dell’Accordo di Schengen), e cioè di un visto d’ingresso rilasciato da uno dei paesi aderenti, deve essere esclusa l’ipotesi di entrata clandestina nello Stato, rilevando l’apposizione del timbro di ingresso sul documento identificativo da parte dell’Autorità di frontiera al solo fine di computare il tempo per il tempestivo inoltro della richiesta di titolo di soggiorno.

Ritenuto, pertanto, che il rimanente motivo può essere assorbito e che, se si condividano i predetti rilievi il ricorso può essere deciso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 con annullamento del provvedimento espulsivo impugnato, non ricorrendo ulteriori accertamenti da svolgere”;

Ritenuto, infine, che il Collegio condivide la relazione senza rilievi.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, annulla l’espulsione e condanna la parte intimata al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio che liquida in complessivi Euro 500 per il primo grado, oltre Euro 100 per esborsi; Euro 1300 per il presente giudizio oltre ad Euro 300 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Redazione