Necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un soppalco (Cons. Stato n. 720/2013)

Redazione 08/02/13
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FATTO e DIRITTO

1.– Con ordinanza del 2 aprile 2012, prot. n. 26774, il Comune di Roma ha accertato, all’esito di istruttoria, che i signori B. e R. avevano realizzato, in Via dei Banchi Nuovi, nella Zona omogenea A, cioè in un immobile del centro storico, interventi edilizi abusivi di ristrutturazione in assenza di titolo abilitativo consistenti nella: costruzione di un soppalco in ferro di metri 2,60 x 7,00, nonché nel cambio di destinazione d’uso da magazzino ad abitazione con angolo cottura. Per queste ragioni l’amministrazione ha ordinato la demolizione delle opere abusive e il pagamento di una somma, a titolo di sanzione pecuniaria, pari ad euro 15.000,00.

Il provvedimento è stato impugnato dagli interessati al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

1.1.– Il Tribunale amministrativo adito, con sentenza, in forma semplificata, del 30 agosto 2012, n. 7401, ha rigettato il ricorso.

2.– I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello.

2.1.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con nota del 14 novembre 2012 la difesa di Roma Capitale ha depositato la nota del 7 settembre 2012, prot. n. 86731, del Dipartimento programmazione ed attuazione urbanistica, direzione attuazione degli strumenti urbanistici. Con tale nota è stato avviato il procedimento finalizzato al rigetto dell’istanza volta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria per opere eseguite senza titolo nell’immobile per cui è causa.

3.– L’appello non è fondato.

4.– Con un unico articolato motivo si deduce l’erroneità della sentenza e l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione degli artt. 3, 10, 33 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nonché per eccesso di potere.

In particolare, per quanto attiene alla accertata realizzazione del soppalco, si sottolinea che, come dalle foto allegate e da un perizia di parte depositata agli atti del giudizio, si tratterebbe di una «mera intelaiatura metallina posta a metri 2 da pavimento» che, priva di un piano di appoggio, non avrebbe determinato aumento di superficie. L’intervento realizzato non potrebbe, pertanto, essere qualificato come di ristrutturazione edilizia.

Per quanto attiene, invece, all’angolo cottura, si afferma che la qualificazione operata dall’amministrazione e dal primo giudice sarebbe erronea «in difetto di piastre di cottura e piano di lavoro munito di lavello, allacci ecc. ». L’intervento realizzato, pertanto, non avrebbe determinato alcun mutamento di destinazione d’uso.

Il motivo non pare fondato.

L’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 dispone che sono subordinati al rilascio del permesso di costruire «gli interventi di ristrutturazione edilizia».

Sono espressamente qualificati tali quelli che, tra l’altro, comportino un aumento di superfici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A – come nel caso in esame – comportino mutamenti della destinazione d’uso. Si tratta di una previsione di particolare rigore per i centri storici, finalizzata ad evitare indebite alterazioni dei loro delicati equilibri abitativi e funzionali.

L’art. 33 prevede che, nel caso in cui vengano eseguiti, tra l’altro, i suddetti interventi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da esso, la sanzione irrogata è quella della rimozione o demolizione, cioè – in coerenza con detti obiettivi – senz’altro quella ripristinatoria.

Nel caso in esame la fattispecie contestata rientra nell’ambito applicativo delle disposizione riportate.

Per quanto attiene al soppalco, lo stesso, per la sua struttura e funzione, ha comportato un aumento della superficie utile. Non vale obiettare che in concreto gli appellanti avrebbero realizzato soltanto una mera intelaiatura priva del «piano di calpestio». Anche ad ammettere che questo corrisponda alla reale situazione dei luoghi, rimane incontestato, come risulta anche dalla stessa perizia di parte (redatta, peraltro, sulla base di «documentazione fotografica fornita dalla proprietà»), che fossero state già realizzate «travi in ferro ad una altezza di circa due metri con scala in ferro per accesso». Questi interventi delineano gli elementi strutturali essenziali di un soppalco.

La circostanza che l’intervento non è stato completato mediante il piano di copertura non assume rilevanza. In presenza, infatti, di lavori in corso, sospesi con apposita ordinanza comunale (nella specie adottata in data 24 gennaio 2012), non è possibile, pena una intrinseca contraddizione del sistema di repressione degli abusi, fare leva sul forzoso mancato completamento degli interventi per dedurne la loro non riconducibilità alle categorie giuridiche descritte dal d.P.R. n. 380 del 2001. In altri termini, è sufficiente che, al momento dell’accertamento, risulti chiaramente, come nella specie, che la finalità perseguita con gli interventi allora in corso di espletamento sia quella di realizzare un soppalco affinché l’amministrazione possa ordinare, come è legittimamente avvenuto nella fattispecie, la sospensione dei lavori e il ripristino dello stato dei luoghi.

Per quanto poi attiene all’angolo cottura, lo stesso è pieno indice, come correttamente posto in rilievo dal primo giudice, dell’intervenuto mutamento di destinazione da magazzino ad uso abitativo nell’ambito della detta zona omogenea A. Né ancora una volta possono assumere rilevanza la mancanza delle «piastre di cottura e piano di lavoro munito di lavello, allacci ecc.». E’ sufficiente, per le ragioni indicate, che gli interventi edilizi eseguiti delineino la struttura essenziale che si intende realizzare.

Si tenga conto, inoltre, che entrambi gli interventi in esame (soppalco e angolo cottura) costituiscono elementi indici di una complessiva attività edilizia volta al mutamento della destinazione d’uso. Del resto, gli stessi appellanti, come risulta dalla documentazione prodotta dalla difesa dell’amministrazione comunale, hanno chiesto il rilascio del permesso di costruire in esame per gli interventi eseguiti sull’immobile in esame.

5.– Gli appellanti soccombenti sono condannati al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale intimata, delle spese processuali che si determinano in euro 2.000,00, oltre iva e cpa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta. definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) condanna gli appellanti al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale intimata, delle spese processuali che si determinano in euro 2.000,00, oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2012

Redazione