Lottizzazione abusiva (Cons. Stato n. 1028/2013)

Redazione 19/02/13
Scarica PDF Stampa

FATTO

Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. ****** e ******** chiedevano l’annullamento un provvedimento (ord.za n. 99/1997) con il quale il Comune di Fondi contestava loro di aver realizzato una lottizzazione abusiva su un appezzamento di terreno di 1660 mq (fg. 92, part. 300 e 304), acquistato pro indiviso (assieme ad altro acquirente) da società immobiliare, situato in zona paesaggisticamente vincolata e con destinazione di PRG ad uso agricolo. In particolare, il Comune rilevava come l’acquisto del fondo rappresentasse un indebito frazionamento materiale e giuridico della consistenza originaria , nonchè la realizzazione di opere sul medesimo; conseguentemente, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, l’amministrazione ordinava la sospensione dei lavori ed il divieto di disporre dei medesimi beni. A sostegno del ricorso gli interessati, contestavano la sussistenza dei presupposti della lottizzazione materiale e deducevano la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 L. 47/85 nonché dell’art. 8 L. 241/90; eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti e difetto assoluto di motivazione.

1.1.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, sulla base di motivazioni così sintetizzabili:

– sussistenza della “lottizzazione giuridica abusiva che, ai sensi dell’art 18 L. 47/85 si realizza “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”;

– chiara risultanza la volontà delle parti di porre in essere un progetto di lottizzazione giuridica abusiva.

2.- I ricorrenti hanno tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma (ed il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado) alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione .

2.1- Si è costituita nel giudizio l’amministrazione comunale di Fondi, resistendo al gravame ed esponendo in contestuale memoria (11.5.2009) , precisata da successivo scritto difensivo (19.11.2012) le proprie argomentazioni, che si intendono qui riportate.

2.2.- Con ordinanza cautelare (n. 2418/2009 ) il Consiglio ha disposto il rigetto della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata da parte appellante.

2.3.- Con decreto n.2420/2011, la Sezione ha dichiarato il ricorso in appello perento; la pronunzia ha formato oggetto di ricorso in opposizione da parte degli appellanti, ricorso accolto dalla Sezione (ord.n. 1822/2012) con conseguente riammissione della causa sul ruolo.

2.4.- Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

La controversia posta a giudizio del Collegio investe un ordinanza del Sindaco di Fondi emessa ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, allo scopo di reprimere una fattispecie individuata dall’amministrazione quel lottizzazione abusiva di suolo a destinazione agricola. Il ricorso è infondato.

1.- Il primo mezzo formulato dall’appello sostiene a carico della sentenza impugnata il vizio di omessa pronunzia, con riguardo al motivo di mancata indicazione, da parte dell’ordine impugnato, del responsabile del procedimento , prescritta dall’art. 8 della legge n.241/1990. In effetti dalla lettura della sentenza non risulta che il TAR abbia trattato la questione sollevata, ma ciò, lungi dal costituire causa di nullità (come sostiene l’appellante) della sentenza, determina unicamente la remissione al giudice d’appello del vaglio della doglianza non trattata; nel merito, questa è comunque da ritenersi infondata, ove si tenga conto che nella comunicazione di inizio del procedimento (atto 6.9.1996) è chiaramente contenuta l’indicazione dell’ufficio competente; pertanto appare evidente al Collegio che, in mancanza di diversa indicazione ed in applicazione del principio di organizzazione gerarchica dell’amministrazione, il responsabile del procedimento deve ritenersi individuato nel capo dell’ufficio che ha curato l’adozione del provvedimento. In sostanza, la rilevata omissione, in effetti considerabile alla stregua di una mera irregolarità, non pregiudica la possibilità per il destinatario dell’atto di formulare le proprie difese presso l’ufficio competente, esigenza che costituisce la “ratio” della norma invocata.

A ciò deve aggiungersi che, a seguito della introduzione nella legge n. 241/1990 dell’art. 21-octies, l’atto amministrativo non è annullabile per vizi del procedimento quando, a fronte della natura vincolata del medesimo (v. Cons. di Stato, sez.II, n.4226/2008) , il suo contenuto non avrebbe potuto condurre ad un provvedimento diverso. E nella fattispecie “sub iudice” (come si conferma trattando del successivo mezzo di gravame), in presenza degli elementi indicati dalla legge, l’amministrazione aveva l’obbligo di emanare l’ordinanza in questione.

2.- Con un seconda doglianza, gli appellanti fanno carico alla sentenza di aver confermato la legittimità della motivazione addotta dal Comune, di confondere i concetti di lottizzazione materiale e di lottizzazione cartolare e comunque di non indicare gli elementi che integrerebbero la fattispecie lottizzatoria, limitandosi ad una mera trascrizione del testo normativo. Al contrario, secondo gli appellanti, la modestia delle opere edilizie e l’assenza di opere di urbanizzazione sui fondi interessati, come su quelli limitrofi, dimostrerebbero l’assenza dell’abuso contestato. Tali argomentazioni non ritiene il Collegio possano portare all’accoglimento dell’appello, quanto meno in rapporto ai concetto di lottizzazione abusiva da tempo messo in luce dalla giurisprudenza, in corretta applicazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985. Quest’ultimo, sostanzialmente riprodotta dall’art.30 del d.p.r. n. 380/2001, come è ampiamente noto, “disciplina due differenti ipotesi di lottizzazione abusiva, ossia la prima ( c.d. materiale ) , relativa all’ inizio della realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione; la seconda ( c.d. formale ) , che si verifica allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne siano già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita ( o altri equipollenti ) del terreno in lotti che, per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, e per gli altri elementi riferiti agli acquirenti, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio, creando così una variazione in senso accrescitivo tanto del numero dei lotti quanto di quello dei soggetti titolari del diritto sul bene” (Cons. di Stato, se.IV, n. 5849/2003).

Cosi riassunto il trattamento normativo della fattispecie astratta, il Collegio osserva anzitutto che la sentenza, nell’avallare la locuzione “lottizzazione “giuridica” espressa dall’ordinanza comunale, non confonde affatto la lottizzazione materiale con la lottizzazione formale (e tanto meno crea un terzo e non contemplato genere di lottizzazione abusiva), poiché detta aggettivazione connota in realtà entrambe le tipologie di abuso, nel senso che nelle stesse sono presenti atti qualificati giuridicamente dall’ordinamento.

La pronunzia gravata, inoltre e lungi dal costituire una mera trascrizione del testo normativo, risulta assistita da congrua seppur sintetica motivazione che la correla alla norma di legge, poichè in effetti la fattispecie di lottizzazione contestata dal Comune (e che si pone ben oltre la soglia della semplice recinzione del fondo con contestuale realizzazione di strada sterrata, indicate dai ricorrenti) risponde complessivamente a quella di carattere materiale. Ed invero , sotto il primo aspetto, concernente la natura delle opere realizzate, l’apposizione di baracche di legno e/o roulottes, non accompagnato dal formale e legittimo esercizio di attività agricola, non permette di invocare la giurisprudenza che ha negato la lottizzazione abusiva nel caso di realizzazione di manufatto a servizio della cennata attività (Cons. di Stato, sez.-IV, n.4465/2003). Parimenti non può sostenersi che la modesta natura delle opere non comporti la trasformazione irreversibile del fondo; tale argomento, esaminabile al fine di argomentare sulla non necessità di concessione edilizia, non può valere per la lottizzazione repressa dall’art. 18, poiché questa è qualificata da modificazioni fisiche anche solo dell’uso dell’area che indipendentemente dalla loro entità si pongano in contrasto con le destinazioni stabilite dal PRG.

Al contrario, attraverso la legittimazione di numerosi, singoli modesti abusi si rischierebbe di avallare una progressiva e complessiva trasformazione di intere aree agricole verso non previsti modelli pararesidenziali e sub-urbani.

– Riguardo al secondo profilo, l’abuso si caratterizza per la presenza contestuale dei seguenti elementi:

– acquisto di lotto, non frazionato ma pro-indiviso, da parte di più soggetti;

– realizzazione sul medesimo di un complesso di opere, anche modeste (quali l’apposizione di baracche o roulottes), la cui installazione si pone comunque in contrasto con la destinazione attribuita dalle vigenti norme di PRG.

In presenza congiunta di questi elementi, si configura dunque con sufficiente univocità quella lottizzazione “materiale” prevista dalla prima parte dell’art. 18, parimenti giuridicamente repressa dalla legge e che, come ben illustra la memoria del Comune, costituisce una forma di controllo del territorio al fine di prevenire e scoraggiare l’effettivo insediamento abusivo del medesimo, scopo non verificabile invece nel caso di attività che si limiti alla lottizzazione formale , quindi al solo frazionamento negoziale dell’immobile. Quest’ultimo, peraltro, potrebbe riconoscersi anche rispetto alla fattispecie in esame, ove risultasse che il lotto ceduto agli acquirenti ricorrenti derivasse dalla suddivisione di un’area più ampia della quale altra porzione risultasse venduta ad altri soggetti.

2. Rilevato quanto sopra, non resta al Collegio che respingere l’appello, in quanto infondato.

Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c) e vanno pertanto poste a carico degli appellanti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,

respinge l’appello.

Condanna gli appellanti al pagamento , in favore del Comune di Fondi, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila (3.000), oltre accessori.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 dicembre 2012

Redazione