Licenziamento disciplinare: rispetto delle garanzie procedimentali (Cass. n. 15648/2012)

Redazione 18/09/12
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Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 6500/09, emessa sulle impugnazioni proposte da ENI spa nei confronti di G. G. e viceversa, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 19138, del 4 luglio 2007, rigettava sia l’appello principale che quello incidentale.

2. Il giudice di primo grado aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa impugnato dal G. e aveva condannato ENI spa a corrispondere allo stesso l’indennità di preavviso in misura di dodici mensilità, l’indennità supplementare in misura di quattordici mensilità, con aumento ex art. 19 CCNL dirigenti, la retribuzione dal maggio 2005, ed il TFR con accessori.

3. In ordine a detta statuizione, aveva proposto appello ENI spa, chiedendo il rigetto della domanda del G..

Anche quest’ultimo proponeva impugnazione chiedendo che fosse dichiarata la nullità/inefficacia del licenziamento, per difetto di procura in merito da parte del M. che lo aveva adottato, con conseguente declaratoria di intervenuta decadenza e intervenuta preclusione delle difese svolte dalla società ex art. 416 c.p.c., per nullità della procura ad litem; che fosse dichiarata la nullità del licenziamento per il suo carattere ritorsivo e discriminatorio, con conseguente condanna di ENI spa al ripristino del rapporto, con ogni conseguenza di legge sulla debenza delle retribuzioni e del trattamento economico complessivo; che fosse liquidata l’indennità supplementare, ex art. 19 CCNL dirigenti, nella misura massima di 26 mensilità e la società fosse condannata al versamento delle somme dovute al Fondo Pensioni Dirigenti Aziendali oltre all’assegnazione gratuita delle azioni di spettanza; che ENI spa fosse condannata al risarcimento dei danni ex artt. 2043 e 2059, in misura pari a Euro 1.000.000,00, ovvero nella diversa somma, maggiore o minore ritenuta di giustizia.

4. Per la cassazione della suddette sentenza d’appello ricorre ENI spa, prospettando quattro motivi di ricorso.

5. Resiste con controricorso e ricorso incidentale, articolato in tre motivi, G.G..

6. ENI spa, divisione E & P ha resistito con controricorso al ricorso incidentale e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. In primo luogo va disposta la riunione dei ricorsi, in quanto proposti in ordine alla medesima sentenza.

2. Risponde a criteri di priorità logica l’esame, in via preliminare, del primo motivo del ricorso incidentale.

Con lo stesso, il G. deduce la nullità/inefficacia del recesso, in quanto intimato da persona priva dei relativi poteri.

Conseguente nullità della procura ad litem. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 – 1372 c.c., e art. 1399 c.c., in combinato disposto con l’art. 1324 c.c..

Espone il ricorrente incidentale che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto il potere sostanziale di M.C. di irrogare il licenziamento, mentre allo stesso non era conferita alcuna potestà in ordine ai rapporti di lavoro con i dirigenti.

Nella procura, infatti, erano attribuiti i seguenti poteri: “stipulare e modificare i contratti individuali di lavoro che non concernono i Dirigenti. Risolvere contratti individuali di lavoro;

con facoltà di nominare procuratori speciali limitatamente al compimento di un singolo atto”.

Ad avviso del G., anche per la risoluzione la procura escludeva i dirigenti dall’ambito della stessa.

Erroneamente, inoltre, la Corte d’Appello aveva ritenuto che, in ogni caso, il difetto di rappresentanza poteva essere ritenuto sanato dalla costituzione in giudizio dell’ENI, a ratifica dell’atto del suo procuratore, in quanto l’efficacia della ratifica ex art. 1399, non può trovare applicazione al recesso di cui si discute perchè contrario al principio di compatibilita di cui all’art. 1324 c.c..

Tale ratifica sarebbe stata tardiva e contraria al principio di immanenza ed immediatezza che connota in senso assorbente il legittimo esercizio del diritto potestativo di licenziare.

2.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

La Corte d’Appello ha fatto applicazione del canone ermeneutico dell’interpretazione letterale, in quanto la stessa non lasciava spazio all’applicazione di ulteriori criteri ermeneutici. Ed infatti, l’assenza di ogni indicazione con riguardo all’intimazione del recesso, fattispecie distinta dalla stipula e modifica del contratto di lavoro, escludeva ogni altra lettura della previsione contenuta nella procura.

Va osservato, in proposito, che nell’interpretazione dei negozi unilaterali tra vivi, non essendo utilizzabile il criterio della comune volontà delle parti nè quello del loro comportamento complessivo, i criteri ermeneutici principali sono quelli del senso letterale delle parole, e dell’interpretazione complessiva delle clausole le une per mezzo delle altre. Inoltre, nel conflitto tra la manifestazione di volontà desumibile da clausole aggiunte e quella desumibile “per relationem” dalle clausole a stampa, deve darsi prevalenza alle prime, dovendosi presumere che il sottoscrittore abbia inteso privilegiare le clausole formulate appositamente e specificamente, piuttosto che quelle preordinate unilateralmente (Cass., n. 2399 del 2009, n.16560 del 2003).

3. Può, quindi, passarsi all’esame dei motivi del ricorso principale.

3.1. Premette il ricorrente (cfr. pag. 4 del ricorso, ssg.) che, dal maggio 1998 al marzo 2005, il G. era l’Amministratore Delegato della ENI TRADING B. V., consociata del Gruppo ENI, controllata al cento per cento, creata per la commercializzazione del greggio, che acquistava quest’ultimo dalle consociate ENI che lo producevano, ad un “prezzo fiscale”, e lo rivendeva ad ENI Divisione Refining & Marketing al prezzo di mercato del momento. Quest’ultima, con il greggio comprato, approvvigionava il sistema di raffinazione ENI e vendeva, a terzi, sul mercato internazionale.

Il 10 marzo 2005, la Guardia di Finanza eseguiva ispezioni presso la sede legale di ENI spa, Divisione R & M, nell’ambito di un’indagine disposta in ragione della circostanza secondo la quale dirigenti ENI avrebbero percepito somme di danaro per favorire la conclusione di transazioni di greggio. Si era, quindi, determinata l’esigenza di acquisire quanto memorizzato, tra l’altro, nel computer aziendale di G.G..

La circostanza di un’attività di indagine che riguardava anche il G., è confermata dallo stesso, laddove, nel controricorso (cfr. pag. 5) deduce che del tutto inaspettatamente, nei primi mesi del 2005, egli, insieme, ad altri era stato oggetto di investigazioni da parte della Procura della Repubblica di Roma in connessione con l’accertamento di taluni asseriti illeciti commessi nell’esercizio di attività da parte di ENI spa, precisando che il licenziamento era intervenuto solo sulla scorta di notizie giornalistiche, senza che fossero formalizzate contestazioni o imputazioni di sorta.

Con lettera del 14 marzo 2005, a firma di M.C., ENI spa comunicava al G. che il giorno 10 marzo u.s. la sede ENI Div. R&M era stata oggetto di ispezione, con contestuale sequestro di documenti informatici e non in merito a rapporti contrattuali riguardanti la Divisione e ******à estere, che quanto esposto induceva la ******à a ritenere opportuno esonerare esso G., temporaneamente, con decorrenza immediata, dall’obbligo di prestare la collaborazione promessa. Tale esonero avrebbe avuto la durata di due mesi a meno che l’evolversi della situazione non avesse consentito di ridurre la durata o non imponesse di prorogarla.

Durante l’intero periodo di esonero sarebbe continuato ad essere erogato il trattamento retributivo di cui al CCNL Dirigenti.

Sempre nella lettera:

la società, in tale contesto, invitava il G. a fornire informazioni sull’accaduto e a tenere informata la stessa sullo sviluppo della situazione;

disponeva il temporaneo esonero dello stesso e, in tale contesto, lo invitava a fornire informazioni sull’accaduto e a tenere la società informata sullo sviluppo della situazione.

Ciò con ogni ulteriore riserva delle ulteriori iniziative che risultassero opportune o necessarie.

Con successiva lettera del 5 maggio 2005, ENI spa, facendo seguito alla lettera del 14 marzo, comunicava la proroga dell’esonero.

Con lettera del 30 maggio 2005, Eni spa facendo seguito alla due lettere di cui sopra intimava il licenziamento ex art. 2119 c.c..

Nella lettera di licenziamento si faceva presente che, mentre l’apertura del procedimento penale nei confronti del G. aveva determinato un danno all’immagine della società anche a ragione della diffusione nei media, la società constatava che la continuazione delle indagini disposte dal giudice penale creava un inevitabile ulteriore imbarazzo anche perchè se ne doveva dare contai? nel bilancio della società approvato il 27 maggio 2005. Al tempo stesso si doveva ritenere che già dalla motivazione con la quale la Procura di Roma, con provvedimento del 2 marzo 2005, aveva chiesto il sequestro dei documenti aziendali era risultato che lo stesso era sospettato di aver commesso gravi e ripetute irregolarità nell’attività di commercializzazione del greggio e, quindi, di avere eventualmente arrecato anche un grave danno economico alla ******à.

In questa situazione considerata l’elevatezza della posizione del G. e la correlata responsabilità, la società asseriva di dover ritenere che, a ragione della estrema gravità dei sospetti suscitati dai reiterati comportamenti del G. e dalla lesione all’immagine della società che quei comportamenti avevano prodotto era venuta meno nei confronti dello stesso, indipendentemente dall’esito dell’indagine penale, quella fiducia necessario presupposto per la prosecuzione del suo rapporto di lavoro.

3.2. Con la prospettazione del primo motivo di ricorso, per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso, assume la ricorrente che la sentenza della Corte d’Appello di Roma avrebbe violato norme di legge laddove afferma che non sarebbe mai stato contestato che il licenziamento dedotto in giudizio era stato intimato al di fuori della procedura di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3.

Ed infatti, la circostanza di fatto che il licenziamento era avvenuto nel pieno rispetto delle garanzie procedimentali imposte dalla legge costituiva sin dall’inizio il principale oggetto del giudizio. Quindi i giudici di merito, in ragione della suddetta affermazione, non avevano esaminato nè tanto meno accertato e motivato se, nel caso del ********, fossero stati o non rispettai i diritti di difesa e le garanzie procedimentale. Gli stessi, pertanto, per l’effetto, pur pronunciando sul punto sarebbero incorsi in vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

Essa ricorrente aveva dedicato a ciò ampia parte del ricorso in appello, riportata nel presente ricorso per cassazione, da cui si poteva evincere che l’esistenza e la validità di un procedimento disciplinare costituiva proprio il tema controverso rimesso alla disamina del giudice di merito. Peraltro, la stessa sentenza della Corte d’Appello di Roma dava atto che ENI spa aveva censurato per erroneità e difetto di motivazione la statuizione impugnata nella parte in cui aveva accertato la violazione delle disposizioni contenute nella L. n. 300 del 1970, art. 7, palesandosi così contraddittoria.

3.3. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

Come ricordato anche dalla sentenza impugnata, questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 7880 del 2007, ha affermato che le garanzie procedimentali dettate dalla L. 20 marzo 1970, n. 300, art. 7, commi 2 e 3, devono trovare applicazione nell’ipotesi di licenziamento di un dirigente – a prescindere dalla specifica collocazione che lo stesso assume nell’impresa – sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportamento negligente (o, in senso lato, colpevole) sia se a base del detto recesso ponga, comunque, condotte suscettibili di farne venir meno la fiducia. Dalla violazione di dette garanzie, che si traduce in una non valutabilità delle condotte causative del recesso, ne scaturisce l’applicazione delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, non potendosi per motivi, oltre che giuridici, logico-sistematici assegnare all’inosservanza delle garanzie procedimentali effetti differenti da quelli che la stessa contrattazione fa scaturire dall’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare o di fatti in altro modo giustificativi del recesso.

3.3.1. Nella suddetta sentenza si rileva, in particolare, come la giurisprudenza costituzionale, in merito, si sia caratterizzata – come si evince peraltro dalla ritenuta applicabilità della L. n. 300 del 1970, art. 7, anche al rapporto di lavoro domestico sul cui recesso ad nutum non si è mai dubitato per una generalizzata estensione delle procedure di contestazione dei fatti posti a base del recesso, che trova la sua effettiva ratio non nelle caratteristiche intrinseche del rapporto di lavoro, ma nella capacità dei suddetti fatti di incidere direttamente, al di là dell’aspetto economico, sulla stessa “persona del lavoratore”, ledendone talvolta, con il decoro e la dignità, anche la sua stessa immagine in modo irreversibile. Orbene, se il tratto caratterizzante della L. n. 300 del 1970, art. 7, va individuato, come emerge, dunque, dai ricordati interventi della Corte Costituzionale, nell’esigenza di garantire ad ogni lavoratore – nel momento in cui gli si addebitano condotte con finalità sanzionatorie – il diritto di difesa, e se non è, come si è visto, di certo estranea alla ratio della norma in esame l’intento di tutelare la “persona” del lavoratore nella professionalità, nel decoro e nella sua stessa immagine, tutto ciò attesta che non risponde a consequenzialità logica una lettura restrittiva del dato normativo che finisca per penalizzare i dirigenti, i quali – specialmente se con posizioni di vertice e se dotati di più incisiva autonomia funzionale – possono subire danni, con conseguenze irreversibili per la loro futura collocazione nel mercato del lavoro, da un licenziamento, che non consentendo loro una efficace e tempestiva difesa, può lasciare ingiuste aree di dubbio sulla trasparenza del comportamento tenuto e sulla capacità di assolvere a quei compiti di responsabilità correlati alla natura collaborativi e fiduciaria caratterizzante il rapporto lavorativo.

3.3.2. Detta statuizione, quindi, non ha una valenza meramente formalistica procedimentale, ma tende a garantire la tempestiva informazione del lavoratore in ordine a quanto allo stesso addebitato.

3.3.3. Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello si è limitata ad affermare che “non è mai stato contestato che il licenziamento dedotto in giudizio era stato intimato al di fuori della procedura di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3”.

Dalla violazione di dette garanzie, prosegue la Corte d’Appello, scaturisce l’applicabilità delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, non potendosi per motivi logico-sistematici assegnare all’inosservanza delle garanzie procedimentali effetti differenti da quelli che la stessa contrattazione fa scaturire dall’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare o di fatti in altro modo giustificatici del recesso.

Dall’esame degli ampi passi, compiuti nel loro significato, del ricorso in appello, riportati nel presente ricorso (cfr., pagg. 30-33 ricorso per cassazione), si fa espresso riferimento alla necessità di valutare la contestazione disciplinare contenuta nella lettera del 14 marzo 2005, assumendo l’intervento tempestivo rispetto ai fatti nella stessa riferiti e l’idoneità a consentire al G. di prospettare le proprie ragioni in merito, essendovi peraltro un espresso invito a ciò.

Nel controricorso del G. (pag. 12, punto B. 22), peraltro, si da atto che la difesa dell’ENI in primo grado verteva, tra l’altro, sul fatto che il procedimento disciplinare sarebbe legittimo in quanto il fatto e gli addebiti formulati sarebbero “a dominio” e sarebbero stati espressamente contestati con la lettera del 14 marzo 2005, con la quale era stata contestata la sospensione.

Infine, la stessa sentenza d’Appello (pag. 3) afferma che l’ENI contestava la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva accertato la violazione delle disposizioni contenute nella L. n. 300 del 1970, art. 7.

In ragione di quanto richiamato, ritiene questa Corte che la sentenza della Corte d’Appello di Roma sia viziata per insufficiente e contraddittoria motivazione circa l’intervenuta contestazione da parte di ENI spa della ritenuta violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, essendo stato introdotta nel thema decidendum tale prospettazione difensiva, la quale, dunque, avrebbe dovuto essere scrutinata dal giudice d’appello con riguardo alle concrete modalità della fattispecie.

4. In ragione dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, sono assorbiti gli ulteriori tre motivi dello stesso e il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale. La Corte cassa la sentenza della Corte d’Appello di Roma in relazione al motivo accolto, e rinvia alla medesima Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Rigetta il primo motivo del ricorso incidentale.

 

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale assorbiti gli altri tre motivi del ricorso principale.

Rigetta il primo motivo del ricorso incidentale riguardante la procura in favore del M., assorbiti gli altri due motivi del ricorso incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Redazione