Lavoro irregolare: l’irrogazione della sanzione pecuniaria non richiede l’onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro (Cass. n. 14370/2013)

Redazione 07/06/13
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Svolgimento del processo

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 101/18/2007, depositata il 18.12.2007, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lodi 4/01/2006, rideterminando le sanzioni, nei confronti di Art Legno di **************** e ************** snc,, ai sensi della L. n. 73 del 2002, art. 3, in complessivi Euro 23.066,02, essendo stata accertata, da parte degli ispettori di vigilanza dell’Inps, a seguito di ispezione compiuta il 19/11/2002, la presenza di un lavoratore irregolarmente occupato e non registrato nel libro matricola.

Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:

a) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., L. n. 73 del 2002, art. 3, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, contestando la erronea valutazione della prova costituita da un verbale di accertamento congiunto redatto da ispettori INPS-INAIL sul diverso inizio del rapporto processuale;

b) vizio di motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio in merito alla valutazione della prova scaturente dal verbale di accertamento congiunto INPS-INAIL in merito alla durata del periodo del rapporto di lavoro irregolare dedotto a fondamento dell’accertamento.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 4.4. 2013, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è infondato.

La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., il D.L. 22 febbraio 1992, n. 12, art. 3, comma 3, convertito in legge dalla L. 23 aprile 2002, n. 72, art. 1, nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.

L’irrogazione della sanzione prevista dal D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, comma 3, conv. in L. 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 bis, conv. in L. 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare, essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.

E’, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778 del 20/10/2011).

Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi indiziali, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il principio della parità delle armi processuali nonchè l’effettività del diritto di difesa.

I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali, in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonchè sui fatti che il medesimo attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono, altresì, fornire utili elementi di giudizio, liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14158 del 02/10/2002).

Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le sanzioni di contrasto alla ed economia sommersa.

Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale affermazione, (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012).

I motivi di ricorso sottopongono, inammissibilmente, all’esame di questo giudice di legittimità mere questioni fattuali, in ordine alle quali nella sentenza impugnata non si riscontra nessuna carenza propriamente motivazionale.

Nel caso di specie la CTR ha ritenuto, con valutazione di merito, incensurabile in sede di legittimità, la insufficienza probatoria del verbale per essere basato su dichiarazioni delle parti, ritenute inattendibili.

2) Il secondo motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza, in quanto era onere del ricorrente trascrivere nel ricorso il contenuto del verbale e dei suoi allegati non potendo il collegio, cui è precluso l’esame degli atti, in relazione al vizio di motivazione lamentato, valutare il valore probatorio di un documento senza la sua lettura.

Comunque il motivo è infondato.

La CTR, disattendendo la valenza probatoria del verbale per essere basato sulle sole dichiarazioni delle parti non ha violato alcuna delle disposizioni indicate ma ha giudicato secondo diritto, attenendosi al principio di legalità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3.

Nel caso di specie le doglianze proposte dal ricorrente, si risolvono nella sola esposizione della sua contraria (ma interessata) valutazione della (oggettivamente) sufficienza probatoria delle prove emerse.

La CTR ha motivato la decisione tenendo inattendibili “le semplici dichiarazioni rese dalle parti, sicuramente non vincolanti per l’ufficio accertatore” rilevando come la società “non è stato in grado di fornire una valida e incontestabile prova che il suo rapporto di lavoro irregolare abbia avuto inizio successivamente al 1 gennaio 2002, anno in cui è stata contestata la violazione” Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.

L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013.

Redazione