L’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento del danno (Cons. Stato n. 176/2013)

Redazione 15/01/13
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FATTO

Con il ricorso in appello in esame la FLOEW s.r.l., operante nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Abruzzo in esame con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento degli atti, per la declaratoria e per la condanna in epigrafe indicate.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Illustrazione dei luoghi e dell’intervento da realizzare. Erroneo bilanciamento degli interessi. Violazione dell’art. 43 della Costituzione, dell’art. 17 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dell’art. 17 della Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea, del Trattato di Lisbona; dell’art. 1, ********************** alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali adottato a Parigi il 20.3.1952, reso esecutivo con l. n. 848/1955, nonché della Direttiva 77/CE del 27.9.2001.

Erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che la realizzazione dell’impianto andrebbe ad arrecare danni all’ambiente e che la normativa va interpretata in maniera tale da non violare la gerarchia di valori, costituzionalmente delineata, che delinea la prevalenza dell’interesse ambientale rispetto a quello economico, considerando l’impianto solo sotto tale profilo, in contrasto con la specifica direttiva CE in epigrafe indicata e con la giurisprudenza della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 166/2009.

2.- Violazione ed erronea applicazione delle linee guida regionali approvate con d. G.R. n. 244/2010. Violazione ed erronea applicazione del d. lgs. n. 387/2003, art. 12, comma 10. Violazione ed erronea applicazione della l. n. 394/1991, nonché della l.r. n. 38/1996, istitutive dei parchi e delle riserve. Violazione degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale. Difetto di motivazione.

La impugnata sentenza è viziata da interpretazione delle linee guida regionali del tutto contraria alla normativa vigente ed alla volontà del legislatore regionale e statale.

3.- Violazione ed erronea applicazione della l.r. n. 9/1998, nonché degli artt. 3 e 9 delle N.T.A. del P.A.N. della Riserva Naturale di Punta Aderci, approvate con deliberazione del Consiglio Regionale n. 79/2 del 25.9.2007. Erronea inclusione, sotto ulteriori profili, dell’area oggetto di intervento nella Riserva anziché nella fascia di protezione ed erronea equiparazione della Riserva e della fascia di protezione. Difetto di motivazione.

Essendo evidente la distinzione tra l’area inclusa nella riserva e quella ricompresa nella fascia di protezione esterna, il T.A.R. non poteva nullificarla in virtù di una erronea lettura degli artt. 3 e 9 delle N.T.A. del P.A.N. ed affermare che la fascia di rispetto è ricompresa nella riserva.

4.- Violazione ed erronea applicazione delle linee guida regionali. Omessa valutazione delle norme del PAN. Disparità di trattamento.

Il T.A.R. ha applicato alle fasce di protezione esterna delle Riserva una disciplina più restrittiva rispetto a quella relativa alle zone C) e D) interne ai Parchi, in contrasto con la volontà del legislatore.

La Regione Abruzzo ha rilasciato l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto fotovoltaico molto più grande di quello de quo ubicato nella fascia di protezione esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

5.- Violazione ed erronea applicazione delle N.T.A. del P.A.N., nonché del P.R.P..

Se il T.A.R. avesse quanto meno equiparato la fascia di protezione della riserva alle zone C) e D) dei Parchi avrebbe dovuto riconoscere che, ricadendo l’area in zona agricola del P.R.G. e di fascia di protezione della Riserva del P.A.N., era applicabile la disciplina del P.R.P. che consente l’utilizzo del territorio per fini tecnologici, compresa la costruzione di centrali elettriche.

6.- Erroneamente il T.A.R. ha affermato che la Riserva Naturale di Punta Aderci rientra tra i siti di importanza comunitaria ed è inserita nell’elenco ufficiale nazionale delle aree protette.

7.- Erronea disapplicazione dei pareri acquisiti. Difetto di motivazione.

Per la realizzazione dell’impianto in questione erano stati rilasciati tutti i nulla osta paesaggistici ed archeologici prescritti dalla normativa, ma essi sono stati disapplicati dal T.A.R. senza precisare specificamente le ragioni del dissenso.

8.- Erroneamente il T.A.R. ha ritenuto infondato il vizio di contraddittorietà tra provvedimenti espressi, nonché i vizi di illogicità e di difetto di motivazione.

9.- Omesso esame di alcuni motivi di ricorso.

9.1.- Violazione dell’art. 8 del P.A.N.. Incompetenza del Comitato di Gestione. Violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990.

Dall’inserimento dell’area in zona R8 (fascia di protezione) e non nella riserva deriva l’assoluta incompetenza del Comitato ad emettere pareri.

Se il parere fosse stato necessario e vincolante avrebbe dovuto essere data comunicazione alla attuale appellante dei motivi ostativi alla domanda.

9.2.- Violazione dell’art. 6 del d. lgs. n. 28/2011 e dell’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 e successive modificazioni. Difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 41 della Costituzione.

In ogni caso l’Amministrazione ha violato l’art. 6 del d. lgs. n. 28/2011 e, comunque, l’ordine di sospensione e rimozione delle opere doveva essere preceduto dalla ponderazione dell’interesse pubblico con quello del privato ed assistito da più adeguata motivazione.

9.3.- Violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990.

Il Comune ha omesso di pronunciarsi sulle richieste presentate il 24.6.2011 ed il 23.8.2011.

10.- Richiesta di risarcimento danni.

Gli atti ed i comportamenti delle Amministrazioni resistenti hanno arrecato un ingente danno alla appellante, sia per mancato guadagno che per perdita degli incentivi e del requisito curriculare, come da consulenza tecnica di parte prodotta.

Con ordinanza 4 maggio 2012 n. 1725 la Sezione ha accolto la istanza di sospensione della sentenza impugnata ai fini della sollecita fissazione del merito.

Con memoria depositata il 24.9.2012 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con atto depositato il 25.9.2012 si è costituito in giudizio il Comune di Vasto, che ha riproposto la eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione nei termini di legge del provvedimento di conclusione del procedimento iniziato a seguito di domanda del 9.11.2010; nel merito ha dedotto la infondatezza di tutti i motivi di appello, concludendo per la declaratoria di tardività del ricorso o per la reiezione.

Con memoria depositata il 4.10.2012 parte appellante ha eccepito la tardività della costituzione del Comune di Vasto, nonché ha eccepito la inammissibilità della eccezione di tardività del ricorso di primo grado formulata dal Comune stesso e ne ha dedotto la infondatezza; ha quindi replicato alle avverse argomentazioni, insistendo nelle già formulate richieste.

Con memoria depositata il 5.10.2012 la parte resistente ha replicato alle avverse difese

Alla pubblica udienza del 26.10.2012 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata da FLOEW S.r.l., di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del Dirigente del settore urbanistica e Pianificazione del territorio del Comune di Vasto di non ammissibilità dell’intervento di realizzazione di un parco fotovoltaico, della nota di comunicazione al Comune di Vasto del parere espresso con verbale n. 22 del 2011 dal Comitato di gestione della riserva naturale (di non idoneità del sito), della nota del Dirigente del settore urbanistica ed edilizia del Comune del 9.8.2011 (di declaratoria di non ammissibilità dell’intervento e degli atti connessi); inoltre per l’accertamento dell’inadempimento del Comune in ordine alle istanze di dichiarazione di idoneità presentate dalla società ricorrente e dell’obbligo dell’Amministrazione a provvedere in senso positivo, nonché per la condanna del parti intimate al risarcimento dei danni.

2.- Innanzi tutto la Sezione deve esaminare la eccezione di tardività della costituzione del Comune “nel termine ultimo per il deposito delle memorie ex art. 73 del c.p.a.” formulata dalla difesa della parte appellante.

Va considerato al riguardo che nel processo amministrativo, nel silenzio del legislatore, il termine di costituzione delle parti intimate deve ritenersi di natura ordinatoria, e non perentoria, avendo una funzione dilatoria e di garanzia, nel senso che, sino a che esso è pendente, il giudizio non può essere definito in assenza del resistente, ma se questo si costituisce, pur tardivamente oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 46, c.p.a., ma prima che il ricorso sia stato deciso, la sua costituzione è ammissibile (Consiglio di Stato, sez. V, 19 giugno 2012, n. 3562).

3.- In secondo luogo, stante la infondatezza dell’appello, il Collegio ritiene di poter prescindere dalla disamina della eccezione di inammissibilità della eccezione di tardività del ricorso di primo grado riproposta dal Comune (per mancata impugnazione nei termini di legge del provvedimento di conclusione del procedimento iniziato a seguito di domanda del 9.11.2010), in quanto, essendosi il T.A.R. espressamente pronunciato al riguardo, avrebbe dovuto essere formulata con autonomo appello nei termini di cui all’art. 96 del c.p.a..

4.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che la realizzazione dell’impianto avrebbe arrecato danni all’ambiente e che la normativa va interpretata in maniera tale da non violare la gerarchia di valori, costituzionalmente delineata, che prevede la prevalenza dell’interesse ambientale rispetto a quello economico, considerando l’impianto solo sotto tale profilo, in contrasto con una specifica direttiva CE e con la giurisprudenza della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 166/2009.

L’impianto garantirebbe il perseguimento di interessi economici, oltre che pubblici, senza compromettere la salvaguardia dell’ambiente, in quanto, pur se la zona in cui è situata ricade all’interno della fascia di protezione della Riserva di cui trattasi, essa è fortemente antropizzata e tutte le superfici non edificate sono utilizzate per l’agricoltura intensiva; in particolare l’impianto è destinato a sorgere su un terreno allo stato incolto e presenta aspetti progettuali volti a favorirne l’inserimento nel contesto esistente.

4.1.- La censura non è, ad avviso del Collegio, condivisibile, atteso che la riferita prevalenza riconosciuta in sede comunitaria e dalla Corte Costituzionale in via generale all’interesse alla promozione delle fonti energetiche rinnovabili e la concreta influenza dell’impianto sull’ambiente circostante sono nel caso di specie irrilevanti. Infatti è stata prevista la realizzazione di esso impianto nell’area di protezione esterna di una Riserva naturale, cioè in un luogo ove è stata già effettuata la valutazione circa la preminenza dell’interesse alla salvaguardia dell’ambiente rispetto ad altri interessi, come quello alla gestione delle fonti di energia rinnovabile, che è insuscettibile di deroga anche in relazione all’eventuale modesto effettivo impatto ambientale delle opere di cui è prevista la realizzazione.

5.- Con il secondo motivo di gravame è stato asserito che la impugnata sentenza è viziata da interpretazione delle linee guida regionali del tutto contraria alla normativa vigente ed alla volontà del legislatore regionale e statale. Con essa è stato infatti ritenuto che una interpretazione logico finalistica delle linee guida regionali per il corretto inserimento degli impianti fotovoltaici a terra (approvate con delibera della G.R. n. 244/2010) comporta il divieto di installazione di impianti fotovoltaici non solo nelle zone C) e D) esterne alle zone di riserva integrale e generali orientate, come espressamente previsto, ma anche nelle zone esterne alle Riserve naturali regionali e nazionali, perché, diversamente opinando, si creerebbe disparità di trattamento.

Viceversa il legislatore regionale avrebbe inteso introdurre delle limitazioni graduate considerando non idonee solo le zone espressamente previste.

L’interpretazione fornita dal T.A.R. contrasterebbe, oltre che con gli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, con la normativa in materia, per la quale le zone di protezione C) e D) dei Parchi sono interne ad essi, mentre le fasce contigue o di protezione dei Parchi e delle Riserve sono esterne ad essi, pur potendo la Regione dettarne la disciplina in base all’art. 28 della l.r. n. 38/1996.

Comunque i provvedimenti di diniego non potevano genericamente richiamare le linee guida nazionali o regionali, ma dovevano essere fondati su una valutazione specifica effettuata in concreto.

5.1.- Ad avviso della Sezione le censure sono erroneamente basate sul presupposto che la zona su cui era destinato a sorgere l’impianto di cui trattasi ricadesse in abito esterno alla Riserva Naturale di Punta Aderci, mentre, in base al disposto dell’art. 9 delle N.T.A. del P.A.N. adottato con l.r. Abruzzo n. 9/1998, ai fini della definizione degli usi degli interventi e delle attività attuabili all’interno della Riserva, il suo territorio è suddiviso in ambiti omogenei, come definiti nelle tavole di zonazione, tra le quali è contemplata quella individuata come R8 (cioè zona agricola di interesse paesaggistico ricadente in fascia di protezione), che quindi è a tutti gli effetti compresa nella Riserva.

Correttamente, quindi, il T.A.R. ha interpretato le linee guida regionali per l’inserimento degli impianti fotovoltaici ritenendo che il divieto di installazione degli stessi sussistesse non solo per le zone C) e D) esterne alle zone di Riserva integrale e generali orientate, ma anche per le zone esterne alle Riserve naturali regionali e nazionali, che comunque ricadono nel loro ambito.

Né a contrarie conclusioni possono condurre le argomentazioni contenute nella memoria depositata in data 4.10.2012 dalla parte appellante, con le quali è stato dedotto che, in applicazione dell’art. 3 della l.r. n. 9/1998 di istituzione della Riserva in questione, il P.A.N. ha disciplinato sia le zone incluse nella Riserva che quelle situate nella fascia di protezione esterna, conferendo loro diverse destinazioni.

Ciò in quanto il citato art. 9 comunque non stabilisce espressamente che alle zone incluse della Riserva ed a quelle situate nella fascia di protezione siano attribuibili discipline diverse, tali da consentire la costruzione in queste ultime di impianti come quello che qui interessa.

Quanto alla censura che i provvedimenti di diniego avrebbero dovuto essere fondati su una valutazione specifica effettuata in concreto (non potendo genericamente richiamare le linee guida nazionali o regionali), il Collegio ne rileva la incondivisibilità, atteso che, accertato che le linee guida vanno interpretate nel senso che comportano il divieto di installazione di impianti fotovoltaici anche nelle zone esterne alle Riserve naturali regionali e nazionali, è sufficiente tale circostanza a giustificare il diniego di rilascio della autorizzazione, senza necessità di alcuna valutazione specifica del concreto impatto ambientale del costruendo impianto.

6.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che, essendo evidente la distinzione tra l’area inclusa nella riserva e quella ricompresa nella fascia di protezione esterna (in base all’esame della carta dei vincoli allegata al P.A.N. e alla circostanza che l’estensione dell’area supera di gran lunga l’estensione di 285 ettari indicata nella legge istitutiva della Riserva), il T.A.R. non poteva nullificarla in virtù di una erronea lettura degli artt. 3 (che si limita a disporre che costituiscono parte integrante del PAN tra l’altro le N.T.A. e la zonazione) e 9 (che dispone che il territorio della Riserva è suddiviso in ambiti omogenei, come definiti nella tavola di zonazione che distingue chiaramente le aree inserite nella riserva e quelle ricadenti nella fascia di protezione) delle N.T.A. del P.A.N. ed affermare che la fascia di rispetto è ricompresa nella riserva.

6.1.- La censura non può essere condivisa dal Collegio, oltre che per le considerazioni espresse in precedenza, per il motivo che la l.r. n. 9/1998 ha stabilito l’estensione della Riserva de qua, precisando, all’art. 4, comma 4, che il P.A.N. avrebbe potuto definire e regolamentare anche una fascia di rispetto o area contigua, che tuttavia, ai fini della disciplina degli usi degli interventi e delle attività attuabili all’interno della Riserva, è contemplata dall’art. 9 del PAN stesso tra quelle incluse in essa e soggette a medesima disciplina di tutela.

7.- Con il quarto motivo di gravame è stato asserito che le linee guida regionali, al punto 5.2.2., n. 4, lett. a), dichiarano non idonee per l’installazione degli impianti fotovoltaici le zone C) e D) dei Parchi nazionali e regionali solo se ritenute incompatibili dal Piano del Parco; il T.A.R. non cogliendo la distinzione, ha ritenuto non idonea la fascia di protezione esterna della Riserva di cui trattasi equiparandola alle zone C) e D) dei Parchi senza compiere l’ulteriore controllo previsto dalle linee guida, mancando di verificare che il Piano della Riserva (P.A.N.) riteneva tali aree compatibili con l’installazione degli impianti fotovoltaici. Avrebbe così introdotto una disciplina più restrittiva per le fasce di protezione esterna delle Riserva rispetto a quella relativa alle zone C) e D) interne ai Parchi, in contrasto con la volontà del legislatore.

Con il quinto motivo di appello è stato inoltre dedotto che, se il T.A.R. avesse quanto meno equiparato la fascia di protezione della riserva alle zone C) e D) dei parchi avrebbe dovuto verificare se le norme di Piano permettevano l’installazione di impianti fotovoltaici; avrebbe così accertato che, ricadendo l’area in zona agricola del P.R.G. e di fascia di protezione della Riserva del P.A.N., era applicabile la disciplina del P.R.P. che consente l’utilizzo del territorio per fini tecnologici, compresa la costruzione di centrali elettriche (tenuto conto che le linee guida per l’inserimento degli impianti fotovoltaici ne consentono la installazione nelle zone agricole, purché siano compatibili con il territorio).

7.1.- Osserva al riguardo la Sezione che le linee guida regionali, approvate con deliberazione della G.R. n. 255/2010, stabiliscono – al punto 5.2.2, relativo ai Criteri Territoriali, lettera b) – che sono considerate non idonee alle installazioni di impianti solari fotovoltaici a terra le aree comprese nelle Riserve Naturali Regionali e Nazionali, salvo disposizioni diverse da parte dell’ente gestore.

Dal riconosciuto inserimento della area di cui trattasi, pur situata in zona esterna alla Riserva naturale di cui trattasi, comunque nell’ambito della stessa deriva la incondivisibilità delle censure, atteso che, in base alla disposizione sopra evidenziata, essa è stata correttamente ritenuta non idonea all’installazione dell’impianto energetico di cui trattasi.

Quanto al dedotto rilascio di autorizzazione per la realizzazione di un impianto fotovoltaico ubicato nella fascia di protezione esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Sezione ritiene l’evento irrilevante ai fini della decisione della fattispecie in esame, riguardando diversa procedura il cui esito non può avere alcuna influenza sulla legittimità dei provvedimenti in questa sede impugnati.

8.- Con il sesto motivo di gravame è stato affermato che l’assunto del T.A.R. che la Riserva rientra tra i siti di importanza comunitaria è ultroneo, atteso che solo in parte detta area coincide con il territorio della Riserva e che questa non comprende né la fascia di protezione né l’area oggetto di intervento; anche pretestuoso sarebbe il riferimento alla circostanza che la Riserva è inserita nell’elenco ufficiale nazionale delle aree protette, atteso che esso consiste solo in una raccolta di dati e che l’estensione ivi indicata esclude comunque la fascia di protezione.

8.1.- La Sezione ritiene che la censura sia inammissibile, attenendo ad un “obiter dictum” contenuto nella impugnata sentenza che non ha influenza sull’iter argomentativo posto a base della stessa, consistente nella individuazione degli interventi attuabili nella fascia di rispetto della Riserva di cui trattasi.

9.- Con il settimo motivo di appello è stato lamentato che per la realizzazione dell’impianto in questione erano stati rilasciati tutti i nulla osta paesaggistici ed archeologici prescritti dalla normativa, ma essi sono stati disapplicati dal T.A.R. senza precisare specificamente le ragioni del dissenso.

9.1.- La Sezione ritiene la censura incondivisibile, atteso che i predetti pareri erano stati rilasciati a fini diversi da quelli della corretta individuazione degli interventi attuabili nella zona che interessa, con irrilevanza in particolare della asserzione contenuta nel nulla osta rilasciato dalla soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici circa la mancata sottoposizione della zona de qua alle tutele del d. lgs. N. 42/2004, non essendo la stessa vincolante per la Amministrazione intimata e per l’Ente competente a rilasciare il previsto parere riguardo alla richiesta di autorizzazione di cui trattasi.

10.- Con l’ottavo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. ha affermato che non è possibile dolersi della contraddittorietà tra provvedimenti, specie quando questi derivino non solo da diverse Amministrazioni, ma anche abbiano finalità del tutto distinte; tuttavia nel caso di specie era stata lamentato sia che sussisteva difformità tra il parere espresso dal Comitato di Gestione della Riserva per interventi ricadenti nella fascia di protezione con riguardo ad altra società e quello espresso con riguardo alla FLOEW s.r.l., sia che un componente di esso Comitato le aveva rilasciato un certificato di destinazione urbanistica attestante che l’area ricadeva in zona agricola e poi ha espresso parere negativo ritenendo che l’area ricadeva in zona di riserva naturale e in fascia di protezione.

10.1.- La Sezione valuta la censura inammissibile per carenza di interesse, atteso che comunque il suo eventuale accoglimento non sarebbe idoneo ad ottenere la emanazione di provvedimenti diversi da quelli assunti e favorevoli al rilascio della richiesta autorizzazione, stante la ritenuta impossibilità di realizzazione dell’impianto in questione nella zona prescelta dall’appellante, situata nella fascia di rispetto della Riserva di cui trattasi.

11.- Con l’appello è stato anche riproposto il motivo di ricorso, assuntamente non esaminato in primo grado, con cui era stato dedotto che dall’inserimento dell’area in zona R8 (fascia di protezione) e non nella riserva derivava l’assoluta incompetenza del Comitato ad emettere pareri, atteso che, ex art. 8 del P.A.N., la necessità del parere favorevole sussiste solo nell’ipotesi di attività ricadente all’interno della Riserva e non nella fascia di protezione.

Quindi il Comune non avrebbe dovuto richiedere il parere de quo e comunque non avrebbe potuto seguirlo senza propria autonoma valutazione, considerando che deve adeguarsi al P.A.N..

11.1.- La Sezione rileva la incondivisibilità della censura, atteso che, per le ragioni in precedenza esposte, la zona che interessa è soggetta alla medesima disciplina di tutela delle aree situate nella Riserva, con conseguente competenza del Comitato di cui trattasi ad emettere il parere legittimamente richiesto dal Comune e fatto proprio senza necessità di autonome valutazioni, prevedendo il P.A.N., all’art. 28, l’acquisizione del parere stesso.

12.- Con detto motivo di gravame è stato anche dedotto che se, comunque, il parere fosse stato necessario e vincolante, avrebbe dovuto essere data comunicazione alla attuale appellante dei motivi ostativi alla domanda, non essendo il parere del 9.8.2011 confermativo del precedente dell’11.4.2011, sia perché recante motivazione diversa e sia perché emesso in autotutela.

12.1.- La censura è, ad avviso della Sezione, insuscettibile di favorevole valutazione, atteso che, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso che occupa, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

13.- Con l’appello è stato anche riproposto il motivo di primo grado con cui era stato affermato che in ogni caso l’Amministrazione aveva violato sia l’art. 6 del d. lgs. n. 28/2011 (perché, trascorsi 30 giorni senza che il Comune avesse negato il suo assenso o richiesto integrazioni necessarie della documentazione, l’opera doveva ritenersi assentita) che l’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 (perché comunque la comunicazione di aver acquisito in via di autotutela il parere negativo del Comitato doveva essere preceduta dalla ponderazione dell’interesse pubblico con quello del privato in cui si era ingenerato affidamento e contenere più adeguata motivazione).

13.1.- La Sezione osserva che l’art. 6, comma 5, del d. lgs. n. 28/2011 stabilisce che “Qualora siano necessari atti di assenso, di cui all’ultimo periodo del comma 2, che rientrino nella competenza comunale e non siano allegati alla dichiarazione, il Comune provvede a renderli tempestivamente e, in ogni caso, entro il termine per la conclusione del relativo procedimento fissato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine di cui al periodo precedente, l’interessato può adire i rimedi di tutela di cui all’articolo 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, che regola le modalità di impugnazione giurisdizionale del silenzio della pubblica amministrazione.

La censura non è quindi condivisibile, atteso che non si era formato alcun silenzio rifiuto e conseguenzialmente alcun affidamento del privato.

14.- Infine è stato riproposto il motivo dedotto con il ricorso introduttivo del giudizio con il quale era stato lamentato che il Comune aveva omesso di pronunciarsi sulle richieste presentate il 24.6.2011 ed il 23.8.2011 per ottenere il rilascio della dichiarazione di idoneità del sito, indispensabile per consentire l’accesso agli incentivi statali.

14.1.- La censura è da valutare infondata, essendo stati formulati la richiesta del 24.6.2011 (di rilascio di dichiarazione di idoneità) ed il sollecito del 23.8.2011 sulla base della assunta formazione di silenzio assenso dopo il decorso di 30 giorni sulla domanda del 24.5.2011, in realtà, secondo la Sezione, non formatosi per quanto in precedenza evidenziato circa il contenuto dell’art. 6, comma 5, del d. lgs. n. 28/2011, che non prevede la formazione del silenzio assenso allorché siano necessari atti di assenso che rientrino nella competenza comunale e non siano, come nel caso che occupa, allegati alla dichiarazione (contro la mancata adozione dei quali è esperibile la procedura del silenzio rifiuto).

15.- Quanto alla richiesta di risarcimento danni, formulata nell’assunto che gli atti ed i comportamenti delle Amministrazioni resistenti avevano arrecato un ingente danno alla appellante, sia per mancato guadagno che per perdita degli incentivi e del requisito curriculare, come da consulenza tecnica di parte prodotta, la Sezione non può prestare ad essa assenso.

Invero l’infondatezza nel merito del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno atteso che l’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto (Consiglio di Stato, Sezione V, 14 febbraio 2011, n. 965); con la conseguenza che la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione.

16.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

17.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, co. 1, del c.p.a. e 92, co. 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio. Nessuna determinazione deve essere assunta con riguardo alle spese nei confronti del Comitato di Gestione della Riserva Naturale di ************, e del Comune di Vasto quale Ente gestore della Riserva Naturale di ************, non costituiti in giudizio

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Compensa le spese del presente grado di giudizio nei confronti del Comune di Vasto. Nulla per le spese nei confronti del Comitato di Gestione della Riserva Naturale di ************, e del Comune di Vasto quale Ente gestore della Riserva Naturale di ************.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012

Redazione