Ius sepulchri, cedevolezza del diritto innanzi alla sopravvenuta disciplina del rapporto concessorio (Cons. Stato, n. 4608/2012)

Redazione 27/08/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti sono tutti concessionari di cappelle gentilizie costruite nel cimitero comunale di Gandino, attribuite a suo tempo ai rispettivi danti causa con atto di consegna 1 ottobre 1908, registrato in Gandino il 5 ottobre successivo al n.91 del foglio 147 del volume 24 degli atti pubblici. Nell’allegato disciplinare, all’art. 6, si fa obbligo ai destinatari di chiedere la conferma della concessione di trentennio in trentennio, “senza per altro che la domanda porti con sé alcun gravame pecuniario ulteriore”.

Approssimandosi la scadenza dell’ultima conferma gli stessi concessionari ricevevano, in data 28 agosto 1998, un avviso che li invitava a presentare la relativa istanza, dando atto che “con delibera della Giunta comunale n.84 del 23 luglio 1998 sono state approvate le modalità per il rinnovo della concessione di tombe gentilizie, fissando in 30 anni la durata della nuova concessione e stabilendo la tariffa di L. 1.000.000 per loculo contenuto nella tomba”.

Avverso la predetta deliberazione di giunta i ricorrenti proponevano in prime cure due motivi di ricorso:

– con il primo deducevano violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, in quanto la delibera in questione, avente natura regolamentare, non avrebbe la forza di incidere in via retroattiva su concessioni preesistenti, quali sarebbero quelle di loro pertinenza;

– con il secondo prospettavano comunque il difetto di motivazione che avrebbe inficiato la statuizione gravata.

Con la sentenza appellata i Primi Giudici respingevano il ricorso.

Gli appellanti in epigrafe specificati contestano gli argomenti posti a sostegno del decisum.

Resiste il Comune intimato.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive posizioni.

All’udienza del 19 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è infondato.

2.1. Non coglie nel segno, in prima battuta, la censura con la quale, anche in sede d’appello, si torna a contestare la violazione del principio di irretroattività in ragione dell’incidenza spiegata dalla disciplina tariffaria contestata sul regime gratuito delle concessioni in essere.

La Sezione deve ribadire il proprio orientamento interpretativo (cfr., ex multis, sentenza 8 marzo 2010, n. 1330) secondo cui lo ius sepulchri assume una diversa configurazione a seconda che venga traguardato nell’ottica dei rapporti inter privatos o con riferimento alla relazione con l’amministrazione concedente.

Si può convenire che detto diritto, sotto la prima angolazione, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento.

Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, un diritto suscettibile di affievolimento, soggiacendo ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico.

In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca “cedevolezza” del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio Stato, sez. V, 14 giugno 2000, n. 3313).

Questo consolidato indirizzo interpretativo ha puntualmente specificato che, come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinnanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto.

Si tratta, in sostanza, di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente, nel provvedimento di concessione. Quindi, a fronte di successive determinazioni del concedente, la facoltà del concessionario degrada al rango di mero interesse legittimo. Ne deriva che gli strumenti di tutela del titolare, nei confronti del concedente, si riducono a quelli che assistono l’interesse legittimo anziché il diritto soggettivo, senza alcuna connotazione di assolutezza e pienezza, come avviene, invece, nei riguardi dei soggetti privati.

È quindi indubbio che il rapporto concessorio debba rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti.

In particolare, lo ius sepulchri soggiace all’applicazione della normativa sopravvenuta che regoli il rapporto concessorio in senso modificativo rispetto all’assetto operante all’atto dell’originario titolo concessorio.

Questa disciplina si colloca, infatti, ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici che prevalgono sull’aspettativa del concessionario alla conservazione dell’assetto originario.

Non è persuasiva, allora, l’affermazione dei ricorrenti, secondo cui, una volta costituito il rapporto concessorio, questo non potrebbe essere più assoggettato alla normativa intervenuta successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento ai profili economici del rapporto concessorio ab origine gratuito.

Non è pertinente, quindi, il richiamo al principio dell’articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, in modo intangibile, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti.

Ne deriva l’irrilevanza della questione, posta a fondamento dell’appello e oggetto di esame ad opera della sentenza di primo grado, della natura perpetua o meno della concessione, in quanto, anche ad accedere alla tesi della caratterizzazione temporalmente illimitata delle fattispecie in esame, non sarebbe revocabile in dubbio, in ragione delle caratteristiche assunte dal diritto del concessionario, l’applicabilità ex nunc della disciplina sopravvenuta, nel caso di specie in materia tariffaria, al futuro assetto dei rapporti concessori in corso.

Ne deriva che la prospettiva indicata dai ricorrenti di primo grado non è meritevole di condivisione in quanto non può essere ravvisato un legittimo affidamento del concessionario circa l’insensibilità sine die del rapporto concessorio alla disciplina normativa sopravvenuta.

2.2. Vanno poi respinti gli ulteriori motivi di ricorso volti a contestare il difetto di motivazione e la disciplina dei termini di efficacia delle concessioni.

In ordine al primo aspetto si deve osservare, per un verso, che gli atti di tipo regolamentare, come quello per il quale è causa, non necessitano di una puntuale motivazione; e, per altro verso,che la proposta di deliberazione approvata dalla Giunta Comunale dà espressamente conto dell’esigenza di rimuovere le disparità di trattamento tra le concessioni relative alle “cappelle gentilizie, costruite all’inizio del secolo” (beneficiarie del godimento gratuito con conferma trentennale) e quanto stabilito in generale per le “tombe di famiglia e monumentali” (il cui rinnovo è accordato previo pagamento di una somma corrispondente alla tariffa in vigore al momento della scadenza).

In ordine ai profili temporali del rapporto la delibera gravata non assume valenza lesiva in quanto si limita alla reiterazione del regime originario che prevedeva la conferma del rapporto con cadenza trentennale.

3. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello e la conferma, pur se con motivazione parzialmente diversa, della sentenza gravata.

La natura della causa, che riguarda manifestazioni della pietà verso i defunti, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione