Invalidità ad effetto caducante e invalidità ad effetto viziante (Cons. Stato n. 3638/2013)

Redazione 09/07/13
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FATTO e DIRITTO

1. Con delibera di Giunta n. 6126/01, pubblicata sul BURC del 7.1.2002, la Regione Campania procedeva all’individuazione dei volumi finanziari massimi delle strutture provvisoriamente accreditate per le diverse branche ambulatoriali nonché per le case di cura provvisoriamente accreditate, specificando la percentuale di decurtazione da introdurre per le singole categorie nonché le modalità operative da seguire nella relativa applicazione.
2. In seguito all’adozione di tale provvedimento l’A.S.L. n. 3 di Napoli procedeva alla fissazione del tetto finanziario per gli anni 2002-2003 per le strutture accreditate.
3. Il tetto di spesa nei confronti del Centro AIAS, provvisoriamente accreditata con l’Azienda per la Branca di Assistenza Riabilitativa, veniva fissato, in base al fatturato degli ultimi tre anni, in € 2.225.984,00 annui, giusta delibera del Direttore Generale n. 235 del 25.3.2002.
4. Il contenuto della delibera era comunicato al Centro AIAS con nota prot. 6306 del 15.7.2002, con la quale si precisava, tra l’altro, che “in osservanza a tale atto deliberativo, le autorizzazioni rilasciate dalla U.O. di Riabilitazione per l’effettuazione delle terapie riabilitative hanno validità, al fine della liquidazione economica, solo se rientranti nel tetto finanziario. Pertanto le prestazioni eccedenti non saranno liquidate”.
5. La comunicazione era riscontrata dal Centro A.I.A.S. con nota prot. n. 606 del 23.7.2002, che rappresentava di non intendere attenersi alle disposizioni contenute nella delibera, avverso la quale aveva proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
6. Successivamente, con atto stragiudiziale di diffida e costituzione in mora assunto al protocollo dell’A.S.L. n. 3 in data 22.11.2002 con numero 22303, il Centro A.I.A.S. invitava la A.S.L. ad astenersi “dal paralizzare i pagamenti per le ulteriori prestazioni di riabilitazione che lo stesso è tenuto ad erogare, anche in considerazione del fatto che, per prestazioni riabilitative, è la stessa ASL che preventivamente valuta e richiede la terapia riabilitativa”.
7. Evidenziava peraltro che la delibera di Giunta Regionale n. 6126 del 2001 era stata impugnata dinanzi al T.A.R. Campania dalle associazioni di categoria e che da un’eventuale sentenza di accoglimento sarebbe derivata la caducazione di tutti i provvedimenti applicativi della delibera in questione.
8. Con nota del 16.12.2002 il Centro A.I.A.S. chiedeva la liquidazione del credito rimanente per il primo semestre 2002, per un importo di € 178.033,38, credito risultante dalla differenza tra quanto corrisposto alla A.S.L. con mandato n. 9186 del 5.12.2002, e quanto effettivamente fatturato dal Centro.
9. La richiesta di pagamento era riscontrata negativamente dall’Azienda con nota prot. n. 1486 del 20.12.2002.
10. L’A.S.L. rilevava, in particolare, di avere effettuato i pagamenti in applicazione della delibera n. 235/02 e della delibera di Giunta Regionale n. 6126/01, con le quali era stato fissato il tetto di spesa massimo per gli anni 2002/2003 e il numero delle prestazioni eseguibili nei limiti del volume finanziario prefissato.
11. Nelle more, con sentenza n. 7485 del 6.12.2002, il T.A.R. Campania, Sez. I, annullava parzialmente la delibera n. 6216 del 23.11.2001.
12. La sentenza è stata poi in parte riformata da questo Consiglio con sentenza n. 2296/2004.
13. Con nota prot. n. 245 del 10.1.2003 l’Azienda, in riscontro all’atto di diffida notificato dal Centro AIAS in data 22.11.2002, ribadiva di avere agito in conformità alle direttive regionali contenute nella delibera n. 6126 del 2001, la cui legittimità sarebbe stata affermata anche dal T.A.R. Campania nella sentenza citata.
14. Avverso le due note n. 1486 del 20.12.2002 e n. 245 del 10.1.2003 il Centro A.I.A.S. proponeva ricorso al T.A.R. Campania.
La ricorrente in prime cure deduceva i seguenti vizi:
a) l’invalidità derivata, il travisamento dei fatti, l’illogicità manifesta e il difetto di motivazione, per aver l’A.S.L. fatto applicazione della delibera n. 6126 del 2001, nonostante tale atto presupposto fosse stato annullato dal T.A.R. Campania;
b) il travisamento dei fatti, l’illogicità manifesta, il difetto di motivazione e l’eccesso di potere per aver l’impugnata delibera affermato che l’importo fatturato dal Centro A.I.A.S. per il primo semestre del 2002, pari ad € 1.428.614,83, avesse comportato il superamento del tetto di spesa, quando questo era stato fissato in € 2.255.984,00 dalla deliberazione n. 235/2002;
c) la violazione dell’art. 2 della l. 241/90, il difetto di motivazione, l’eccesso di potere, in quanto dalla lettura dei provvedimenti impugnati non si evince alcuna congrua motivazione che possa aver legittimamente indotto l’amministrazione ad emanare entrambi i provvedimenti impugnati;
d) la violazione dell’art. 7 della l. 241/90 e del principio partecipativo.
15. Si costituiva in prime cure l’amministrazione, resistendo al ricorso.
16. Il T.A.R. Campania, con sentenza n. 2766 del 6.2.2006, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati.
17. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’A.S.L., denunciandone l’erroneità, e ne ha chiesto la riforma.
18. Si è costituito l’appellato Centro A.I.A.S., chiedendo il rigetto del gravame.
19. Alla pubblica udienza del 18.6.2013 il Collegio, uditi i difensori, ha trattenuto la causa in decisione.
20. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione, sollevata dall’appellante, la quale ha sostenuto che la giurisdizione spetterebbe al g.o., in quanto l’oggetto della controversia non sarebbe la legittimità degli atti impugnati, ma l’esistenza di un diritto soggettivo vantato dal Centro al pagamento delle prestazioni espletate, il cui riconoscimento è invece negato dall’Azienda sanitaria.
21. L’eccezione è infondata.
21.1 È infatti la stessa appellante a dedurre che viene in rilievo ed assume anzi un’importanza centrale, nel presente giudizio, il tetto massimo di spesa fissato dall’A.S.L. per gli anni 2002 e 2003, tetto in ragione del quale, con gli impugnati provvedimenti, l’Azienda ha rifiutato il pagamento delle prestazioni eseguite dal Centro.
21.2. Appartiene indubbiamente alla giurisdizione del g.a. la controversia relativa alle determinazioni dell’Amministrazione sanitaria in materia di tetti di spesa riferibili alle prestazioni sanitarie erogabili da ciascuna struttura accreditata, costituendo esse esercizio del potere di programmazione sanitaria, a fronte del quale la situazione della struttura sanitaria privata è di interesse legittimo (Cons. St., sez. V, 22.10.2010, n. 7613).
21.3. L’eccezione, quindi, va respinta, in quanto la presente controversia investe, in primo luogo e soprattutto, la legittimità del tetto di spesa fissato dall’A.S.L. e posto a fondamento del diniego impugnato, non solo e, comunque, non primariamente una questione di mero ordine patrimoniale.
22. Deve essere respinta anche la seconda eccezione preliminare, con la quale l’appellante deduce che il ricorso originariamente proposto in prime cure avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per la mancata impugnativa della nota n. 1846 del 2002.
22.1. Contrariamente a quanto assume l’Azienda sanitaria, infatti, la nota n. 1846 del 20.12.2002, ricevuta dall’interessata il 31.12.2002, è stata ritualmente impugnata dal Centro A.I.A.S. in prime cure, insieme con la nota prot. n. 245 del 10.1.2003, con ricorso notificato il 26.2.2003.
22.2. Entrambi gli atti, quindi, sono stati oggetto di rituale impugnativa da parte del Centro A.I.A.S., sicché l’eccezione dell’appellante deve essere disattesa.
23. Va infine respinta anche l’eccezione preliminare di inammissibilità, pure sollevata dall’appellante Azienda Sanitaria, la quale ha lamentato che dal centro A.I.A.S. era stata precedentemente impugnata con ricorso straordinario la delibera dell’A.S.L. n. 235 del 25.3.2002, atto presupposto dei due provvedimenti impugnati avanti al T.A.R., sicché questo non avrebbe potuto pronunciarsi sulle censure sollevate contro la predetta delibera n. 235.
23.1. L’eccezione è infondata perché, come ha correttamente rilevato il primo giudice, il Centro A.I.A.S., nell’impugnare la nota n. 1846 del 20.12.2002 e la nota prot. n. 245 del 10.1.2013, non aveva sollevato alcuna censura contro la delibera n. 235 del 25.3.2002, oggetto di ricorso straordinario, sicché non vi era alcuna pregiudizialità tra le questioni sollevate con il rimedio giustiziale e quelle proposte al giudice campano.
23.2. Il primo giudice ben ha evidenziato, infatti, che la ricorrente non aveva dedotto vizi di illegittimità derivata dalla delibera n. 235, ma aveva denunciato vizi propri ed autonomi dei nuovi atti sopravvenuti, rispetto ai quali ha escluso, con motivazione immune da censura, che sussistesse un nesso di pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
24. L’appello, ciò premesso sulle eccezioni preliminari, deve nel merito essere accolto.
24.1. L’impugnata sentenza ha ritenuto che, a seguito del giudicato del giudice amministrativo, si determini l’obbligo dell’Amministrazione soccombente di adottare le determinazioni consequenziali, colmando i vuoti prodotti dagli effetti demolitivi del giudicato e adeguandosi ai vincoli derivanti dai suoi effetti conformativi.
24.2. Il giudice di primo grado ne ha così concluso che non si potrebbe sostenere che l’annullamento della delibera regionale non produrrebbe effetti sulla fissazione dei tetti di spesa per il 2002.
24.3. Vero sarebbe invece che, pur fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’autorità regionale, l’annullamento della delibera n. 6126 non può che riverberarsi anche sugli atti applicativi della A.S.L. che ne costituiscono diretta e pedissequa esecuzione.
24.4. Ciò in quanto, ad avviso del T.A.R. Campania, sarebbe da ritenere coerente con l’evoluzione del processo amministrativo che l’annullamento dell’atto presupposto comporti normalmente l’automatica caducazione dell’atto consequenziale.
25. Una simile argomentazione, tuttavia, non è condivisibile.
La più volte ricordata delibera della Giunta regionale n. 6126 è stata parzialmente annullata con statuizione passata in giudicato.
Questo si è formato su due sentenze del T.A.R. Campania nn. 7845 del 2002 e 427 del 2003, parzialmente riformate dalla VI sezione di questo Consiglio rispettivamente con le decisioni nn. 2296 e 2309 del 22 aprile 2004.
25.1. Giova precisare che l’effetto cassatorio e conformativo del giudicato è stato espressamente limitato (sia in primo che secondo grado) dall’accoglimento esclusivo dei profili relativi: a) alla mancata considerazione degli incrementi di spesa per i centri privati; b) alla mancata introduzione di effettive misure di contenimento della spesa sanitaria relativa alle strutture pubbliche; c) alla contraddittorietà ed oscurità del meccanismo di regressione tariffaria; d) alla illegittima introduzione dei tetti di spesa per l’anno 2001, essendo interamente decorso il relativo esercizio annuale finanziario.
26. Con riguardo ai rapporti tra la ricordata delibera della giunta regionale e quella dell’Azienda Sanitaria Locale NA 3, configurati dai primi giudici in termini di stretta presupposizione – consequenzialità, al punto tale che la asserita totale illegittimità della prima avrebbe determinato la automatica caducazione della seconda, occorre anzitutto distinguere, nell’ambito del rapporto di presupposizione corrente fra atti inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale, fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante.
27. Nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto conseguenziale, senza bisogno che quest’ultimo sia stato autonomamente impugnato e siano state vagliate positivamente le censure proposte.
28. Nel caso di illegittimità ad effetto viziante, invece, l’atto consequenziale diviene invalido per vizio di invalidità derivata, ma resta efficace salva apposita ed idonea impugnazione, resistendo all’annullamento dell’atto presupposto (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 27.10.1970, n. 4; cfr. anche, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 17.12.2008, n. 6289; Cons. St., sez. V, 28.3.2008, n. 1331).
29. Non è pertanto necessario impugnare l’atto finale, allorché sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti esista un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti; per contro, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale.
30. Deve inoltre escludersi il fenomeno della caducazione automatica tra due atti adottati da amministrazioni diverse (C.d.S., sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3774), così come la possibilità che gli effetti del giudicato incidano su soggetti che non abbiano partecipato al relativo giudizio perché formalmente non potevano assumere la veste di parte necessaria.
31. Applicando tali principi al caso di specie, pertanto, la Sezione rileva innanzitutto che la delibera della Giunta regionale n. 6216 del 23 novembre 2001 ha individuato obiettivi di contenimento della spesa pubblica ed ha fissato criteri generali per il loro conseguimento, lasciando tuttavia indiscutibilmente adeguati margini di manovra alle singole Aziende sanitarie, così che essa deve essere configurata come un atto generale di indirizzo, non idoneo di per sé a trasformare in mera attività vincolata di pura esecuzione quella successiva posta in essere dalle Aziende Sanitarie locali, alle quali spetta invece una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti (Cons. St., Ad. Plen., 2.5.2006, n. 8).
32. Il giudicato di annullamento della più volte citata delibera della Giunta regionale n. 6216 del 23 novembre 2001 ha sicuramente travolto i tetti di spesa fissati per l’anno 2001, ma non anche quelli per l’anno 2002, avendo lasciato intatta la struttura portante della delibera.
33. In sostanza è stata riconosciuta la legittimità della delibera della Giunta regionale n. 6216 del 23 novembre 2001 sotto il profilo della competenza della Giunta regionale; della ragionevolezza dell’intervento calmieratore regionale, avuto riguardo al dato patologico dell’incremento della spesa sanitaria imputabile alle strutture private accreditate; del rispetto della sequenza procedimentale prevista dalla legislazione di settore; del peso attribuito allo strumento concertativo; dell’atteggiamento non particolarmente collaborativo delle strutture private.
34. “Di conseguenza deve ritenersi che l’annullamento parziale della ricordata delibera regionale, nei soli limiti dianzi precisati, non ha esentato le Aziende sanitarie locali dal conseguimento degli obbiettivi in essa individuati e non ha inciso sull’entità massima della spesa imputabile al Fondo sanitario regionale e sui tetti di spesa per ciascuna Azienda sanitaria campana per l’anno 2002; d’altra parte, la posizione soggettiva delle strutture private, che fronteggia il potere autoritativo, regionale e aziendale, di programmazione e controllo della spesa sanitaria nonché di determinazione discrezionale dei corrispettivi delle prestazioni rese in regime di accreditamento anche provvisorio, ha la consistenza di interesse legittimo (da ultimo Cass., Sez. un., 18 dicembre 2008, n. 29536; C.d.S., A.P., 2 maggio 2006, n. 8)”(Cons. St., sez. VI, 4.3.2010, n. 1260).
35. Proprio tali fondamentali aspetti non sono stati tenuti in debita considerazione e valorizzati dal primo giudice, che ha fatto discendere dal parziale annullamento della delibera regionale n. 6126 l’automatica caducazione degli atti impugnati.
36. Il Collegio non ignora invero i precedenti di questo Consiglio, sez. V, 13.5.2010, n. 2859, e sez. V, 13.5.2010, n. 2884, menzionati e prodotti dall’odierna appellata con la memoria del 16.5.2013.
37. In tali precedenti si afferma che le delibere attuative sono affette dai medesimi vizi rilevati per la delibera regionale, in quanto anche per queste sarebbe dato rilevare il medesimo squilibrio nell’incidenza dei tagli tra settore pubblico e privato che incide negativamente sul principio di libera scelta, di efficace competizione, e dell’acquisizione delle prestazioni sulla base di valutazioni comparative di qualità e costi.
38. Tale considerazione si fonda sul rilievo che, se le risorse disponibili fossero state equamente ripartite tra settore pubblico e settore privato, l’incidenza del tetto sul settore privato sarebbe stata sicuramente minore, “onde la rilevata necessità di riequilibrio non potrebbe che ripercuotersi sulle delibere attuative” (così la citata pronuncia di questo Cons., sez. V, 13.5.2010, n. 2859).
39. Una simile interpretazione del giudicato amministrativo, operata dalle predette sentenze, non sembra tuttavia convincente al Collegio, anche alla luce dei più recenti orientamenti in subiecta materia.
40. La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, è ormai nel senso che la determinazione con la quale l’Amministrazione stabilisce i tetti di spesa sanitaria deve assicurare un adeguato equilibrio tra le diverse articolazioni, pubbliche e private del sistema di erogazione del Servizio sanitario nazionale e regionale, ma non impone affatto un’incondizionata e assoluta equiparazione tra soggetti pubblici e privati (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 11.2.2013, n. 771).
41. Le Regioni, nell’esercitare la potestà programmatoria in materia sanitaria, godono di un ampio potere discrezionale, chiamato a bilanciare interessi diversi, ossia l’interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, le legittime aspettative degli operatori privati che ispirano le loro condotte ad una logica imprenditoriale e l’assicurazione dell’efficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario universalistico (Cons. St., Ad. Plen., 12.4.2012, n. 3).
42. Ad avviso del Collegio, pertanto, non è consentito ipotizzare né istituire alcun automatismo caducatorio, come ha inteso fare il T.A.R., tra il parziale annullamento della delibera della Giunta Regionale n. 6216 e i provvedimenti adottati dall’A.S.L. NA 3, impugnati dal Centro A.I.A.S. in prime cure.
43. La pronuncia di annullamento, sia in primo che in secondo grado, ha investito la delibera in parti e per ragioni che non hanno un’incidenza diretta sulla fissazione dei tetti di spesa da parte delle A.S.L. per il 2002 e per il 2003.
44. La circostanza che siano stati dichiarati illegittimi i limiti di spesa programmati dalla Regione nel 2001 per le strutture private accreditate non comporta quindi, ipso iure, che siano illegittimi anche i tetti di spesa fissati dall’A.S.L. per gli anni 2002 e 2003.
45. Né la ricorrente in prime cure ha dimostrato né l’impugnata sentenza ha spiegato, del resto, se e in quale misura lo squilibrio tra i tagli nel settore pubblico e in quello privato, stigmatizzato nella sentenza n. 2296/2004 di questo Consiglio, si sia riflesso sul tetto di spesa fissato dall’A.S.L. per gli anni 2002 e 2003 in danno dell’odierno appellato.
46. Ne segue che, non potendo ravvisarsi alcun nesso di invalidità derivata tra il parziale annullamento della delibera della Giunta regionale n. 6126 e gli atti dell’A.S.L. NA 3, la sentenza impugnata debba essere riformata, con conseguente reiezione del ricorso proposto in prime cure dal Centro A.I.A.S.
47. La peculiare complessità giuridica della fattispecie in esame induce a disporre l’integrale compensazione delle spese inerenti ad entrambi i gradi di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in prime cure dal Centro A.I.A.S. di Afragola.
Compensa interamente le spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013

Redazione