Incidente stradale mortale: la PA ha l’obbligo di eliminare la fonte di pericolo su una pubblica via se è inevitabile anche usando la normale diligenza (Cass. pen. n. 4479/2013)

Redazione 29/01/13
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Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 12/7/2007 il Tribunale di Vallo della Lucania assolveva, perché il fatto non sussiste, B.V., C.G., Ba.Fe., D.A. e R.G. dal delitto di omicidio colposo in danno di N.N. (acc. in (omissis)). Agli imputati, in qualità di soggetti a vario titolo legati da incarichi istituzionali e di dipendenza con la Provincia di Salerno, veniva addebitato di non avere mantenuto in situazione di sicurezza la strada provinciale S.P. 430, di tal che per la presenza di lastroni di ghiaccio non contrastati da spargimento di sale, il N., alla guida della sua auto Fiat Uno, sbandava andando a collidere con un minibus proveniente in senso inverso, perdendo la vita nell’incidente.
Riteneva il Tribunale che l’incidente era stato causato per esclusiva
responsabilità del N., il quale stava circolando sulla strada a velocità non prudenziale.
Con sentenza del 26/9/2011 la Corte di Appello di Salerno, a seguito di impugnazione del P.M. e delle parti civili, confermava la pronuncia di assoluzione. Osservava la Corte che:
– dall’istruttoria svolta era emerso che il N. circolava ad una velocità prossima se non superiore al limite previsto in zona, di 60 k/h;
– tale circostanza era stata avvalorata dall’entità dei danni e dalle deposizioni dei testi presenti sul pulmino, in particolare dalla dichiarazione di G.G., la quale aveva dichiarato che l’auto investitrice andava “tutta sparata”;
– la possibile presenza di ghiaccio e di una curva erano segnalate con cartelli; inoltre la circostanza che il veicolo circolasse in una mattina di …, rendeva prevedibile per il N. la possibilità della presenza del ghiaccio;
– il teste I. della Polizia, aveva riferito che il ghiaccio era visibile sull’asfalto;
– l’omissione contestata agli imputati non rilevava, in quanto la situazione della strada non era da considerare un’insidia ed a fronte di una condotta del tutto abnorme del conducente dell’auto.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore delle parti civili, lamentando:
2.1. La erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione, sulla ritenuta ripetibilità delle consulenze tecniche versate in atti. Invero, sebbene le stesse fossero state fatte ai sensi dell’art. 359 c.p.p., in realtà erano sostanzialmente irripetibili in quanto effettuate su luoghi e cose oggetto di modifica. Soprattutto la C.T. degli imputati era da ritenere inattendibile, in considerazione del fatto che, al contrario di quella del P.M. e della P.C., era stata effettuata dopo anni e senza neanche ispezionare i mezzi.
2.2. il difetto di motivazione laddove la Corte aveva attribuito alla C.T. degli imputati, maggiore attendibilità, soprattutto in ordine alla velocità dei mezzi, pur essendo stata tale C.T. effettuata a distanza di tempo rispetto alla altre e quindi con minore possibilità di valutare la reale situazione dell’incidente;
2.3. il vizio di motivazione per avere il giudice di merito travisato i fatti ove aveva desunto dai danni ai veicoli la velocità del N. . Infatti l’auto della vittima, sbandando, era andata ad impattare contro la parte anteriore del pulmino. Considerato il maggior peso del mezzo antagonista, era evidente che l’entità dei danni era frutto soprattutto dell’impatto del minibus contro l’auto. Dal che l’impossibilità di valutare la velocità di guida del N. in base ai danni riportati dai mezzi;
2.4. la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione per avere la corte di merito ritenuto la circostanza della formazione del ghiaccio un evento prevedibile e, quindi, evitabile dall’utente della strada di media diligenza. Infatti sebbene sia prevedibile la formazione di ghiaccio, ciò che non è prevedibile è l’estensione e lo spessore delle lastre e la loro incidenza sulla stabilità dei veicoli in circolazione. Pertanto l’unico mezzo per evitare incidenti era la rimozione della fonte di pericolo, condotta omessa e contestata agli imputati. Né a loro scusa poteva essere addotta la circostanza della carenza di personale, come allegato dal B. attraverso la produzione di nota del 21/6/2000 inviata alla Provincia di Salerno.

 

Considerato in diritto

3. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.
3.1. In ordine alla censura di natura processuale formulata, la difesa delle parti civili ritiene che le consulenze svolte nella immediatezza dei fatti dovrebbero essere considerate “irripetibili” di fatto (per il mutamento dello stato dei luoghi nel trascorrere del tempo) e pertanto prevalere sulla consulenza svolta per conto degli imputati a distanza di tempo dal sinistro.
La censura è infondata. Invero alle C.T. espletate non può essere attribuito il crisma della irripetibilità in quanto non svolte con le garanzie previste dall’art. 360 c.p.p. Pertanto la valutazione della attendibilità dei consulenti deve essere misurata non sul piano della utilizzabilità o meno della prova, ma sulla tenuta argomentativa della sentenza, laddove attribuisce maggiore o minore attendibilità alle argomentazioni svolte da alcuni consulenti rispetto ad altri.
3.2. Infondate sono anche la seconda e terza doglianza formulate.
Non corrisponde al vero che la corte di merito, in relazione alla identificazione della velocità di circolazione dell’auto della vittima, abbia dato maggiore attendibilità alla consulenza degli imputati piuttosto che a quella delle altre parti. Il giudice di merito si è trovato di fronte ad esiti degli accertamenti tecnici dissonanti tra loro. In sintesi: il C.T. del P.M. ha indicato la velocità dell’auto del N. in 60 km/h; il C.T. della parte civile in 20 km/h; il C.T. degli imputati in 90 km/h. La Corte, nell’esercizio del suo potere di libera valutazione della prova, ha ritenuto maggiormente attendibile l’esito della C.T. del P.M., indicando la presumibile velocità dell’auto in 60 km/h. Tale valutazione è stata fatta valorizzando i danni riportati dai veicoli e le deposizioni degli occupanti del pulmino contro il quale è andata ad impattare l’auto del N. . Infatti, se è vero come asserisce la difesa dei ricorrenti che in teoria gli ingenti danni riportati dalla vettura della vittima potrebbero essere ricondotti tanto alla velocità, quanto al maggior peso specifico del pulmino rispetto all’auto, va evidenziato che il giudice di merito nel valutare non prudenziale la velocità di circolazione del N. ha tenuto conto anche delle deposizioni testimoniali raccolte, da cui emerge che questi aveva perso il controllo dell’auto, invadendo la corsia opposta di marcia, e che la Fiat Uno andava “tutta sparata”, tanto da girarsi prima dell’impatto.
Ne consegue che la valutazione della velocità e del carattere di non prudenzialità della condotta di guida del N. è stato il frutto di una analisi di tutti gli elementi di prova raccolti, che ha condotto ad una motivazione della sentenza sul punto che non palesa insufficienze o manifeste illogicità.
3.3. In ordine all’ultima doglianza formulata, va rammentato che questa corte di legittimità ha statuito che “l’obbligo di eliminare la fonte di pericolo su una pubblica via o di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni sorge nel momento in cui la strada presenti situazioni tali da costituire un’insidia o un trabocchetto per gli utenti, sicché venga a costituire una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza; invece, qualora adottando la normale diligenza che si richiede a chi usi una strada pubblica, la situazione di pericolo sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale infortunio non può che far capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 31302 del 18/05/2005 Ud. (dep. 19/08/2005), Rv. 231738; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32970 del 23/06/2004 Ud. (dep. 29/07/2004), Rv. 229145).
Il sancito principio mira ad armonizzare l’esigenza della garanzia di sicurezza, con la impossibilità di esigere sempre e comunque l’adempimento di oneri che per P.A. difficili da realizzare in ragione dell’ampiezza della cura del territorio affidatole, limitando pertanto l’adempimento ai soli casi in cui la fonte di pericolo non sia percepibile con la normale diligenza.
Nel caso di specie il giudice di merito ha evidenziato che sulla strada era segnalato il pericolo di ghiaccio e la presenza di una curva pericolosa; tale pericolo era reso ancor più evidente dal fatto che l’auto circolava nelle prime ore del mattino di gennaio; detto pericolo era percepibile in concreto dalla vittima (per la visibilità del ghiaccio che “brillava”), la quale era un esperto guidatore, in quanto carabiniere in servizio presso il (omissis), che percorreva quotidianamente il tratto di strada tetro del sinistro.
Ne ha dedotto da ciò il giudice di merito che la fonte di pericolo era conosciuta od in ogni caso agevolmente conoscibile dal N. e solo il suo abnorme comportamento (guida a velocità non prudenziale), aveva determinato l’incidente. La coerenza e non manifesta illogicità della motivazione sul punto palesa la infondatezza della censura formulata.
Segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Redazione