Incapacità a testimoniare: art. 246 c.p.c. (Cass. n. 3642/2013)

Redazione 14/02/13
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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta da M.M., M.G. e A. S., eredi di M.P., deceduto mentre era alla guida del suo ciclomotore Peugeot 50 in uno scontro con il motociclo Yamaha 600 condotto da B.E. ed assicurato con la Aurora Assicurazioni, già Winterthur. La Corte di appello di Roma, evocata su impugnazione degli eredi M., ha confermato la decisione di primo grado.

I giudici di merito hanno ritenuto che l’incidente fosse accaduto per colpa esclusiva del M., che aveva effettuato una improvvisa ed azzardata manovra di inversione ad U, subito dopo una curva con scarsa visibilità, intercettando la traiettoria di marcia del motociclo condotto dal B., che nulla aveva potuto fare per evitare l’incidente.

La Corte di merito ha ricostruito le modalità dell’Incidente sulla base della deposizione del teste Al., unico teste presente al fatto, trasportato a bordo del motoveicolo del B., per il quale la Corte ha rigettato l’eccezione di incapacità a testimoniare proposta dagli eredi M..

La Corte ha affermato che la sua deposizione non era preclusa dalla disposizione di cui all’art. 246 c.p.c., giacchè il teste era stato integralmente risarcito dalla Winterthur e non aveva pertanto un interesse concreto ed attuale che potesse legittimare la partecipazione al giudizio.

Propongono ricorso gli eredi di M.P. con tre motivi.

Resiste B.E..

 

Motivi della decisione

1. Preliminare è l’esame del secondo motivo di ricorso con cui si denunzia violazione dell’art. 246 ex art. 360 c.p.c. n. 3 e difetto di motivazione sul punto.

Il ricorrente lamenta che senza adeguata motivazione la Corte di merito ha rigettato la eccezione di incapacità a testimoniare del teste Al. ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ..

Il teste era invece incapace a testimoniate in quanto danneggiato nel sinistro e, quindi, titolare di un interesse che avrebbe potuto legittimare la sua partecipazione al giudizio.

2. La doglianza è fondata.

In ordine alla natura dell’interesse che determina la incapacità a testimoniare la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., l’incapacità è determinata soltanto da un interesse giuridico attuale e concreto, che legittimerebbe, ex art. 100 cod. proc. civ., la partecipazione del teste al giudizio, mentre la sussistenza di un interesse di mero fatto, idoneo ad influire sulla veridicità della testimonianza, attiene unicamente alla attendibilità del teste. Cass. 13 aprile 2005 n. 7677.

3. L’interesse che determina l’incapacità a testimoniare, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., è solo quello giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l’azione ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in un giudizio già proposto da altri cointeressati. Tale interesse non si identifica con l’interesse di mero fatto, che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui esso sia stato chiamato a deporre, pendente fra altre parti, ma identica a quella vertente tra lui ed un altro soggetto ed anche se quest’ultimo sia, a sua volta, parte del giudizio in cui la deposizione deve essere resa. Nè l’eventuale riunione delle cause connesse (per identità di questioni) può far insorgere l’incapacità delle rispettive parti a rendersi reciproca testimonianza, potendo tale situazione soltanto incidere sull’attendibilità delle relative deposizioni. i Cass. 12 maggio 2006 n. 11034 v).

4. In ordine alla rilevanza del “posterius” rispetto alla concretezza ed attualità dell’interesse si è affermato che l’interesse a partecipare al giudizio previsto come causa d’incapacità a testimoniare dall’art. 246 cod. proc. civ. va valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un “posterius” rispetto alla configurabilità di quell’interesse a partecipare al giudizio che determina la incapacità stessa, con la conseguenza che la presenza di una fattispecie estintiva del diritto azionabile, quale la prescrizione o la transazione, non fa venir meno il coinvolgimento nel processo e non fa, pertanto, riacquistare la capacità a testimoniare. (Nella occasione, la S.C. ha precisato che non valeva ad escludere tale incapacità la circostanza che fosse intervenuta tra le parti del contratto una transazione con la quale si estinguevano le pretese creditorie derivanti dai pregressi rapporti) Cass. 23 ottobre 2002 n. 14963.

5. Ed ancora si è detto che la configurabilità in capo ad un soggetto di quell’interesse concreto e attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere e che lo rende incapace a testimoniare, dev’essere valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un “posterius” rispetto alla configurabilità di quell’interesse;

pertanto l’eventuale opponibilità della prescrizione così come non potrebbe impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto prescritto, così non può rendere tale soggetto carente dell’interesse previsto dall’art. 246 cod. proc. civ. come causa di incapacità a testimoniare (Cass. 1 giugno 1974 n. 1580). Cass. 22 gennaio 2002 n. 703.

6. Chi è privo della capacita di testimoniare perchè titolare di un interesse che ne potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio nel quale deve rendere la testimonianza, in qualsiasi veste, non esclusa quella di interventore adesivo, non riacquista tale capacità per l’intervento di una fattispecie estintiva del diritto quale la transazione o la prescrizione, in quanto l’incapacità a testimoniare deve essere valutata prescindendo da vicende che costituiscono un “posterius” rispetto alla configurabitità dell’interesse a partecipare al giudizio che la determina, con la conseguenza che la fattispecie estintiva non può impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto che ne è colpito e non può renderlo carente dell’interesse previsto dall’art. 246 cod. proc. civ. come causa di incapacità a testimoniare. Cass. 21 luglio 2004 n. 13585.

7. Tale orientamento è stato confermato da questa Corte anche in recenti sentenze.

Con la decisione n. 16499 del 28 luglio 2011 i giudici di legittimità hanno ritenuto l’incapacità a testimoniare di una parte portatrice di un interesse diretto e immediato tale da legittimare la sua partecipazione al giudizio in qualità di parte, “senza che la circostanza di essere stata già soddisfatta, nelle sue pretese creditorie in conseguenza dell’avvenuto versamento della somma in contestazione potesse dirsi idonea a riattivare una capacità a testimoniare che, per costante giurisprudenza di questa corte regolatrice, va valutata a prescindere da vicende che costituiscano un posterius facti rispetto alla predicabilità ex ante dell’interesse a partecipare al giudizio”.

8. Inoltre è stato affermato che la vittima di un sinistro stradale è incapace ex art. 246 cod. proc. civ. a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando nè che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento, nè che il relativo credito si sia prescritto. Cass. 28 settembre 2012 n. 16541.

8. Questo Collegio, pur non ignorando qualche decisione di segno contrario in ordine alla rilevanza del “posterius”, in particolare relativa alla posizione del lavoratore che ha concluso una conciliazione giudiziale (Cass. 9 maggio 2007 n. 10545), condivide la interpretazione dell’art. 246 c.p.c. sulla valutazione ex ante della incapacità a testimoniare e sulla indifferenza delle vicende successive, interpretazione in linea con la ratio della norma evidenziata dalla giurisprudenza costituzionale.

9. La Corte costituzionale ha affermato che la norma non vieta l’assunzione come testi di coloro che abbiano un qualsiasi interesse, il quale possa indurre a far sospettare della loro sincerità, ma riguarda soltanto le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio……Il riferimento a un interesse tale da legittimare la partecipazione al giudizio dimostra, come rilevato (sia pure non senza contrasti) in dottrina, che il divieto dell’art. 246 è dettato in funzione del principio, proprio del nostro ordinamento processuale civile, di incompatibilità delle posizioni di teste e di parte nel giudizio.

Questa antitesi non è stata vista dal legislatore soltanto con riguardo a colui che sia già parte formale del giudizio ovvero parte in senso sostanziale, cioè quella in nome della quale o contro la quale viene chiesta l’attuazione della legge, ma anche rispetto al titolare o contitolare della situazione giuridica dedotta in giudizio da altro soggetto, il quale ultimo sia legittimato a farla valere in nome proprio, e rispetto al titolare di una situazione giuridica dipendente, sotto il profilo sostanziale, da quella dedotta in giudizio. Corte Cost. sent. 10 luglio 1974 num. 248 10. E’, peraltro, palesemente da escludere l’asserita irragionevolezza della norma impugnata, poichè la stessa esprime – nella forma di una presunzione assoluta di incapacità a testimoniare delle parti, anche potenziali – l’insuperabile antinomia tra teste e titolare dell’interesse fatto valere; e ciò trova la sua ragione nel bilanciamento tra i contrapposti diritti di difesa, attuato dal legislatore nel disciplinare i modi di partecipazione al processo e nel distinguere tra fonti di prova e mezzi istruttori Corte Cost. ord. num. 75 del 1997.

11. E’ del tutto razionale la previsione che impedisce a chi sia portatore di un interesse che ne legittimerebbe la partecipazione al giudizio di essere teste nel medesimo, potendo questi giovarsi, in base alla disciplina sostanziale, degli effetti della sentenza; Corte Cost. ord. n. 143 2009.

12. La Corte di appello ha affermato che la deposizione del teste Al. non era preclusa dalla disposizione di cui all’art. 246 c.p.c., giacchè il teste era stato integralmente risarcito dalla Winterthur, società assicuratrice del motociclo del B., e non aveva pertanto un interesse concreto ed attuale che potesse legittimare la partecipazione al giudizio.

13. Si osserva che il teste Al., quale trasportato sul motoveicolo del B., ha subito danni in occasione dell’incidente in oggetto ed è pertanto portatore di un interesse concreto ed attuale che legittimerebbe la sua partecipazione ai giudizio.

La circostanza che egli afferma di essere stato risarcito dalla Winterthur, società assicuratrice del veicolo di proprietà del B. su cui era trasportato, non fa venir meno la sua legittimazione a partecipare al giudizio e la conseguente incapacità a testimoniare, che deve essere valutata ex ante proprio nel rispetto della ratio dell’art. 249 c.p.c. che è quella di evitare che chi potrebbe essere parte di un giudizio contemporaneamente assuma anche la veste di testimone.

14. Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti.

La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione e si atterrà al seguente principio: la vittima di un sinistro stradale è titolare di un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale che legittima la sua partecipare al giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro e la circostanza che abbia dichiarato di essere stata risarcita dalla compagnia assicuratrice non fa venir meno la sua incapacità a testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;cassa e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Roma che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.

Redazione