Inammissibile il giudizio avverso il silenzio dell’amministrazione, allorquando l’istanza a provvedere attiene a materia controversa oggetto di contenzioso giudiziario pendente (Cons. Stato n. 5404/2012)

Redazione 22/10/12
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SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4359 del 2000, proposto da:
S. C. e Z. L., rappresentati e difesi dagli avvocati *************** e *****************, con domicilio eletto presso *************** in Roma, via Alessandro III, n. 6;

contro

Comune di Napoli, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati ***********, **************, **************** e ************, con domicilio eletto presso l’avv. *************** in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE IV n. 01762/1999, resa tra le parti, concernente RESTITUZIONE FABBRICATO GIA’ ACQUISITO AL PATRIMONIO COMUNALE;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio 2012 il Consigliere di Stato *************;

Uditi per le parti l’avv. ********, per delega degli avvocati ******** e ******, e l’avv. *******;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- Gli appellanti, proprietari di un fondo sito nel Comune di Napoli, alla via Santa Maria a ******, accatastato al foglio 10, particella 40 (attuale 963), avendovi realizzato abusivamente la costruzione di un fabbricato e non avendo ottemperato all’ingiunzione di demolizione, subivano la sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune della costruzione e dell’area di sedime.

Con ricorso al TAR Campania (rubricato al n. 5535 del 1987) essi impugnavano sia l’ordinanza di demolizione (posta a presupposto del provvedimento di acquisizione gratuita), sia quest’ultimo atto, deducendo violazione della legge n. 47 del 1985, poiché l’acquisizione non sarebbe stata preceduta da alcun valido atto di diffida, nonché carenza di motivazione e illegittimità costituzionale della normativa in materia di acquisizione gratuita.

Nelle more del giudizio, avendo il Comune eseguito la demolizione di ufficio delle opere, i ricorrenti chiedevano al Comune la retrocessione dell’area su cui insisteva la costruzione e a fronte del silenzio dell’amministrazione, proponevano ricorso al TAR Campania (rubricato al n. 2068 del 1994) per l’annullamento del silenzio – inadempimento sulla diffida alla restituzione del suolo notificata con atto stragiudiziale del 29 settembre 1993.

2.- Il TAR Campania, con la sentenza n. 714 del 25 febbraio 1998, decidendo sul ricorso n. 5535 del 1987, lo dichiarava inammissibile nella parte in cui si impugnava l’ordinanza di demolizione, perché tardivamente proposta, e improcedibile nella parte in cui si impugnava l’ordinanza di acquisizione al patrimonio del Comune.

Con sentenza n. 1762 del 1999, il predetto tribunale dichiarava altresì inammissibile il ricorso n. 2068 del 1994, perché meramente riproduttivo delle censure dedotte con il precedente ricorso e, quindi, perché non sussistevano le condizioni per l’azione in materia di “silenzio”.

3.- Con l’atto di appello in esame, i ricorrenti hanno impugnato quest’ultima sentenza, di cui chiedono l’annullamento o la riforma per errore di giudizio, alla stregua dei seguenti motivi:

violazione degli artt. 139, 148 e 160 c.p.c.; violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 15 della l. n. 10 del 1997; eccesso di potere sotto diversi profili;

violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 15 della l. n. 10 del 1997; omesso esame di un punto della controversia;

violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 15 della l. n. 10 del 1997; difetto di motivazione; perplessità e contraddittorietà con riferimento all’affermazione contenuta in sentenza che l’utilizzo dello strumento processuale del silenzio non era idoneo a rimettere nei termini, non sussistendo le condizioni di azionabilità della procedura del silenzio impugnabile.

Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio.

Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 15 maggio 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.

4.- L’appello è infondato e va respinto.

La questione sollevata dai ricorrenti è l’ammissibilità del giudizio avverso il silenzio dell’amministrazione, allorquando l’istanza a provvedere attiene a materia controversa oggetto di contenzioso giudiziario pendente.

Come osservato dai giudici di primo grado, il procedimento volto alla formazione del silenzio rifiuto, impugnabile ai fini della declaratoria dell’obbligo di provvedere, non è esperibile laddove non sussiste obbligo dell’amministrazione a provvedere.

Tale situazione ricorre nel caso in cui sia pendente un giudizio avente ad oggetto la legittimità di atti cui è correlata la domanda degli interessati.

L’obbligo di provvedere si risolverebbe, infatti, ove adempiuto, in un atto meramente soprassessorio, nel mentre il silenzio consentirebbe all’interessato di promuovere un giudizio analogo per contenuto a quello già pendente.

Tale situazione è ravvisabile nel caso in esame, in cui in pendenza del giudizio sulla legittimità del provvedimento di acquisizione gratuita di un suolo abusivamente edificato, i ricorrenti con la procedura del silenzio – rifiuto chiedevano all’amministrazione una espressa pronuncia sull’istanza di restituzione.

L’amministrazione non aveva, invero, alcun obbligo di provvedere sull’istanza, essendo in attesa dell’esito del giudizio sulla legittimità dell’acquisizione, che costituiva il presupposto della retrocessione.

Sotto altro profilo, va poi considerato che il procedimento del silenzio – rifiuto, comunque, non è idoneo a rimettere nei termini l’interessato che abbia trascurato di impugnare tempestivamente atti a sé lesivi, i cui effetti sono divenuti irreversibili.

Sta di fatto che nel caso in esame, l’acquisizione del suolo interessato dall’edificazione abusiva è divenuta definitiva come desumibile dalla sentenza del TAR Napoli n. 714 del 25 febbraio 1998, con cui decidendo sul ricorso n. 5535 del 1987, lo dichiarava inammissibile nella parte in cui si impugnava l’ordinanza di demolizione perché tardivamente proposta e improcedibile nella parte in cui si impugnava l’ordinanza di acquisizione al patrimonio del Comune. La sentenza è divenuta definitiva, atteso che il giudizio d’appello avverso questa sentenza è stato dichiarato perento con decreto della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 4648 del 15 luglio 2010, confermato con ordinanza collegiale dell’8 novembre 2011.

A tal punto l’interesse azionato dai ricorrenti è un interesse di mero fatto alla restituzione, essendosi perfezionato il procedimento sanzionatorio di acquisizione dell’area al patrimonio del Comune ed avendo i ricorrenti definitivamente perso la proprietà dell’immobile.

Quanto sin qui detto naturalmente non pregiudica in alcun modo il potere delle parti di promuovere un provvedimento in autotutela e quello dell’amministrazione di procedere in autotutela, ove ritenga di interesse pubblico disporre la retrocessione del suolo, malgrado un giudizio ad essa favorevole.

In conclusione, deve ritenersi, conformemente a quanto deciso dal TAR, che nel caso non sussistono le condizioni per instaurare un giudizio con il rito del silenzio, sicché l’appello deve essere respinto.

Si prescinde, in conseguenza, dall’esame delle censure di merito circa l’applicabilità alla fattispecie della disciplina sanzionatoria dettata dalla l. n. 47 del 1985 o di quella prevista dalla precedente legge n. 10 del 1977, in disparte la rilevanza della questione, atteso che l’art. 15 della l. n. 10 del 1977 invocata dagli appellanti, non prevedeva la restituzione del suolo acquisito.

Per quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo indicato in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti al pagamento in favore del Comune di Napoli delle spese di giudizio, nella misura di euro 3.500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2012

Redazione