In servizio presso la guardia medica rifiuta di salire in ambulanza per prestare soccorso a un bambino in pericolo di vita – E’ omissione di atti d’Ufficio (Cass. pen. n. 2060/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 18/01/12
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Fatto
La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza 17/12/2010, confermava la penale responsabilità di D. E. per il reato di cui all’art. 328 c.p., perché, quale sanitario di turno presso il servizio di guardia medica del Comune di Pescasseroli, aveva indebitamente (in relazione al D.P.R. n. 41 del 25/01/1991, art. 13) rifiutato, il 27/07/2004, di salire a bordo dell’autoambulanza della CRI intervenuta in soccorso del minore D.G. (deceduto poi a distanza di circa un’ora), nonostante gli fosse stato rappresentato dalla famiglia del piccolo, dalla C.O. del 118 e dal personale della CRI che il bambino versava in imminente grave pericolo di vita. La Corte territoriale, sulla base delle emergenze processuali acquisite, ricostruiva così la vicenda, nel nucleo essenziale che qui interessa: la sera del 27/07/2004 la Centrale Operativa del 118, allertata dal portiere del Residence ove si trovava il minore, avvertì il D. dell’assoluta urgenza del suo intervento e che sarebbe passata l’autoambulanza a prenderlo per poter andare a prestare gli immediati soccorsi; arrivata l’autoambulanza della CRI a prelevare il D., quest’ultimo, benché più volte sollecitato, omise di salire tempestivamente sul veicolo, tanto che lo stesso ripartì senza di lui.
Riteneva, quindi, la Corte di merito censurabile sotto il profilo penale la illustrata condotta tenuta dal sanitario, che, informato della grave e urgente situazione di pericolo (principio di soffocamento) in cui versava il piccolo D., aveva l’obbligo di fare tutto quanto possibile per prestargli soccorso e, in particolare, di salire immediatamente sull’autoambulanza che si era recata apposta a prelevarlo per poi andare con lui dal minore.
Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato e ha lamentato:
violazione della legge penale, con riferimento all’art. 328 c.p., per avere la Corte di merito ravvisato il delitto nella mera condotta materiale del rifiuto di salire sull’autoambulanza, senza collegare la medesima alla prestazione sanitaria richiesta; mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla circostanza, ritenuta indebitamente irrilevante, che il D., subito dopo la partenza dell’autoambulanza, si recò con la sua auto alla località segnalatagli, anche se non riuscì a trovare la casa in cui era il bambino, dimostrando in tal modo la sua volontà di adempiere ai compiti del suo ufficio.

 

Diritto
Premesso in diritto che la norma incriminatrice di cui all’art. 328 C.p.p., comma 1, è concepita come delitto di pericolo, nel senso che prescinde dalla causazione di un danno effettivo e postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione, e che è indubbio che, di fronte alla denuncia della situazione di un paziente in imminente pericolo di vita, proveniente anche da fonte qualificata, il medico di guardia ha il dovere d’intervenire con tempestività per prestare ogni possibile soccorso, si osserva che il proposto ricorso è inammissibile, perché i motivi articolati si risolvono:
per un verso, in asserzioni manifestamente infondate, quale quella che pretende di scindere il rifiuto di salire sull’autoambulanza dal rifiuto di prestare soccorso, di contro all’evidente intrinseca finalizzazione della prima (omessa) condotta alla (conseguente omessa) seconda;
per l’altro in non consentite censure valutative all’intelaiatura argomentativa della sentenza impugnata, quale quella che pretende di riconsiderare la tardiva resipiscenza dell’imputato, correttamente ritenuta inidonea dal giudice di merito a elidere la consumazione del delitto, perfezionatasi già con la grave sottrazione al dovere di salire immediatamente (data l’assoluta emergenza della situazione) sull’autoambulanza che era andato a prenderlo per prestare tempestivo soccorso al minore – come una prova della sua volontà di adempiere ai suoi compiti d’ufficio.
AIla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Redazione