Il patteggiamento come elemento di prova nel giudizio civile (Cass. n. 9456/2013)

Redazione 18/04/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1.- Nel dicembre del 1999 T.B. agì giudizialmente nei confronti di **** – dal quale affermò di essere stato investito su una pista di sci nel (omissis) – per il risarcimento dei danni, indicati oltre 450 milioni di lire, conseguito alle lesioni riportate. Sostenne che egli stava procedendo con gli sci a passo d’uomo, per imboccare la pista (omissis), quando l’ O., che, sciava con snowboard, aveva tagliato la pista (omissis) con una curva compiuta in back side (con il dorso verso valle) investendolo con direzione addirittura contraria alla pendenza della (omissis) ed alla propria direzione di marcia.

Espose, infine, che con sentenza n. 271/99 il Pretore di Milano aveva applicato all’ O. la pena su richiesta, ex art. 444 c.p.p., per il reato di lesioni colpose.

L’ O. resistette. Sostenne che era stato invece l’attore ad investirlo; che, in particolare, l’attore proveniva da monte a velocità elevata e lo aveva sorpassato imprudentemente a destra mentre egli stava percorrendo la pista a velocità moderata, con curve strette. Chiamò comunque in garanzia la Milano Assicurazioni s.p.a., che a sua volta resistette negando la responsabilità del proprio assicurato.

Espletata la prova testimoniale e svolte due consulente tecniche (una medica e l’altra relativa alla dinamica dello scontro), con ordinanza dell’8.9.2004 fu disposta la rinnovazione della seconda, a seguito della quale la domanda del T. fu respinta con sentenza n. 55/2006 del Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano.

2.- Per quanto in questa sede ancora interessa, l’appello del T. è stato rigettato dalla Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano con sentenza n. 74/2007.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione il soccombente T. affidandosi a quattro motivi, cui resiste con controricorso la Milano Assicurazioni s.p.a..

Motivi della decisione

1.- Sono proposti quattro motivi di ricorso. La sentenza è censurata:

a) col primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello, a fronte di due consulenze connotate da conclusioni di segno opposto in ordine alla dinamica dell’incidente, privilegiato le conclusioni della seconda consulenza senza dal conto delle relative ragioni e di quelle per le quali aveva disatteso l’istanza volta all’espletamento di una terza consulenza collegiale;

b) col secondo – illustrato alle pagine da 10 a 31 del ricorso e recante la raffigurazione di sei schizzi planimetrici per ogni possibile tipo di vizio della motivazione (al contempo indicata come omessa, illogica, carente e contraddittoria) e per “travisamento di prova” circa la ritenuta inattendibilità e contraddittorietà delle conclusioni del primo consulente e, per converso, l’omesso rilievo degli errori e delle lacune in cui era incorso il secondo su velocità e traiettorie degli sciatori;

c) col terzo motivo, per violazione della L. n. 623 del 2003, art. 19, in relazione all’art. 2054 c.c., (presunzione di concorso di colpa in caso di scontro tra sciatori) e per omessa motivazione;

d) col quarto, infine, per vizio della motivazione in ordine alla marcata valenza indiziaria del riconoscimento di responsabilità, implicito nella richiesta dell’ O. di applicazione della pena su richiesta per il reato di lesioni colpose.

2.- Il primo ed il secondo motivo risultano assorbiti dall’accoglimento del quarto, di cui si dirà fra breve.

3.- Il terzo motivo è inammissibile per assoluto difetto del quesito di diritto in ordine alla denunciata violazione di legge (peraltro successiva al fatto) e del momento di sintesi in ordine al denunciato vizio di motivazione, richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

4.- Il quarto motivo è fondato.

Sul punto la Corte d’appello ha osservato quanto segue:

“Ritiene la Corte che una sentenza penale emessa a norma dell’art. 444 c.p.p., non abbia valore di piena prova della responsabilità dell’imputato ma semplice valore indiziario (in buona sostanza, l’imputato manifesta una semplice rinuncia a contestare la propria responsabilità, cfr. Cass. Civ. Sez. L, del 16.04.2003 n. 6047) cosicchè, nel successivo procedimento civile, l’attore deve comunque fornire la prova della responsabilità del convenuto, sebbene si tratti di un imputato che ha patteggiato la pena (cfr. Cass. Civ., Sez. 3^, 06.05.2003 n. 6863). Nel caso di specie tale prova non è stata fornita”.

Va in contrario rilevato che, in epoca successiva alla data della deliberazione della sentenza impugnata (21.3.2006) ma anteriore a quella della pubblicazione (6.4.2007), le Sezioni Unite (con sentenza 31.7.2006, n. 17289) hanno invece enunciato il principio secondo il quale “la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall’onere della prova”. S’è così dato seguito all’indirizzo che era stato espresso, tra le altre, da Cass. nn. 9358/2005, 19251/2005, 20765/2005, 2213/2006 e che, dopo la menzionata statuizione delle Sezioni Unite, è stato seguito dalla giurisprudenza successiva (cfr., ex coeteris, Cass. nn. 23906/2007 e 26263/2011).

Ne consegue l’indubbia carenza di motivazione della sentenza impugnata laddove la Corte d’appello, avendo ritenuto che l’attore dovesse offrire la prova della responsabilità del convenuto, non ha spiegato le ragioni per le quali l’ O. aveva invece ammesso, in sede penale, una responsabilità in ipotesi insussistente.

5.- La sentenza va dunque cassata per una rivalutazione del fatto, con rinvio alla stessa Corte d’appello in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

E’ il caso di chiarire che, ove la Corte di merito ravvisasse la sussistenza di apporto causale colposo da parte dello stesso danneggiato, non sarebbe comunque inibita l’applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il quarto motivo, dichiara assorbiti il primo ed il secondo ed inammissibile il terzo, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2013.

Redazione