Il consulente di parte può trattare i dati sensibili dell’interessato quando la loro elaborazione rimanga circoscritta ai soggetti del rapporti processuale (Cass. n. 13914/2012)

Redazione 02/08/12
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Ritenuto in fatto e in diritto

 

1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso ai sensi dell’art. 152 d.lgs. n. 196/2003 proposto da P. F. nei confronti dell’Ufficio Italiano Cambi nonché di C.C. e S.C. (convenuti contumaci), rilevando che:
la domanda era volta a impedire o a far cessare qualsiasi trattamento dei dati personali dell’istante che egli assumeva illecitamente effettuato nel parere pro veritate in data 22.4.2002 nella causa tra il ricorrente e l’UIC, e ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti ai sensi dell’art. 15 del cit. d.lgs.;
la perizia/parere pro veritate era stata redatta dal prof. C. per essere prodotta nella causa vertente il P. e l’UIC, e per essere utilizzata unicamente nell’ambito del giudizio medesimo per finalità difensive, a prescindere dalla sua ammissibilità a fini istruttori;

che, come espressamente indicato nella parte introduttiva del parere in questione, e come in effetti risultava dalla lettura dell’elaborato, il consulente si era avvalso per l’espletamento dell’incarico esclusivamente di atti e documenti già esistenti negli atti di causa, esprimendo una valutazione critica sull’espletata ctu;

che il diritto alla privacy può subire legittime limitazioni quando vengono in rilievo le garanzie correlate al diritto di difesa, ovvero per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sicché il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali – nella specie dati sensibili in quanto attinenti alla salute – non è necessario (art. 24 lett. f.).
Contro la predetta sentenza il P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Ufficio Italiano dei Cambi mentre non hanno svolto attività difensiva gli intimati S. e C.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. il ricorrente ha depositato memoria.
2.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 15 ,17, 23, 24, 26, 27, 47, 152 e 167 nn. 1 e 2 d.lgs. n. 196/2003 (art. 360 c.p.c.)” nonché “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza circa un punto decisivo della controversia”.
Dopo aver premesso che il prof. C. aveva potuto conoscere ed elaborare i dati personali di esso ricorrente sulla base di documenti (anche sanitari riservatissimi) consegnati dalla difesa dell’UIC al dott. S. (direttore generale dell’UIC) e da questo consegnati al C., il ricorrente deduce che le “garanzie” previste dal Codice sulla privacy per i “dati sensibili” restano inalterate, a prescindere dal fatto che tali dati siano o meno stati raccolti in sede giudiziaria, posto che ai sensi dell’art. 47 del Codice, è esplicitamente previsto che il precedente art. 26 (concernente, appunto, dette “garanzie”) non subisce deroghe nei confronti del “trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari per ragioni di giustizia”, quando cioè detto trattamento sia “direttamente correlato alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie”.
Denuncia l’implicita contraddizione logica derivante dalla qualificazione come “necessario” dell’esercizio del diritto di difesa dell’UIC, sebbene finalizzato alla realizzazione di un atto processuale (predisposizione di un parere da parte del Prof. C.) precedentemente dichiarato inammissibile.

Mancava il consenso scritto dell’interessato, il trattamento non era autorizzato da disposizione di legge né da provvedimento del Garante. Infine il tribunale non aveva ammesso l’attività istruttoria richiesta.

2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia <<Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della causa (art. 360, n. 5 c.p.c.)>> in relazione alla circostanza che il trattamento dei dati sensibili dell’Avv. P. era finalizzato alla stesura di un parere sul quale il Giudice si era espresso precedentemente in senso negativo, nonché sulla circostanza che i difensori dell’UIC avevano esplicitamente rinunziato ad avvalersi del parere dimostrando la non necessarietà dello stesso e l’illecito utilizzo dei dati. Lamenta che il tribunale abbia omesso qualsiasi esame circa la “parità di rango” tra gli interessi in gioco (diritto alla privacy e attività difensiva vietata dal giudice) e, infine, abbia omesso di prendere in considerazione la richiesta di accertamenti tendenti a verificare l’eventuale permanenza dei dati sensibili in questione presso l’Università di Milano e l’UIC, al fine di provvedere in ordine alla loro rimozione.
3.- Entrambi i motivi di ricorso sono infondati. Va premesso – avendo il ricorrente denunciato la violazione di norme dettate dal d.lgs. n. 196/2003 – che la disciplina sostanziale applicabile ratione temporis alla concreta fattispecie è quella dettata dalla l. n. 675/1996, essendo stato il parere pro-veritate depositate l’8.7.2002, mentre la disciplina processuale è quella di cui al d.lgs. n. 196/2003, essendo stato il ricorso depositato il 5.3.2004 (cfr. art. 186 d.lgs. n. 196/2003: << Le disposizioni di cui al presente codice entrano in vigore il 1° gennaio 2004, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 156, 176, commi 3, 4, 5 e 6, e 182, che entrano in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione del presente codice. Dalla medesima data si osservano altresì i termini in materia di ricorsi di cui agli articoli 149, comma 8, e 150, comma 2». La pubblicazione sulla G.U. è avvenuta il 29 luglio 2003).
Il Testo Unico di cui al d.lgs., peraltro, ha semplicemente riformulato le norme già dettate, nella materia che qui interessa, dalla l. n. 675/1996, poste che nell’art. 24 del primo sono state trasfuse le norme dettate dagli artt. 12 e 20 l. n. 675/1996. Quanto ai <<dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale», la norma di cui all’ art. 22, comma 4, l. n. 675/1996 (<<possono essere oggetto di trattamento previa autorizzazione del Garante, qualora il trattamento sia necessario … per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto di rango pari a quelle dell’interessato, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Il Garante prescrive le misure e gli accorgimenti di cui al comma 2 e promuove la sottoscrizione di un apposito codice di deontologia e di buona condotta secondo le modalità di cui all’art. 31, comma 1, lettera h)…>>) è stata trasfusa, con alcune precisazioni, nell’art. 26, comma 4, d.lgs. n. 196/2003 (<<I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento anche senza consenso, previa autorizzazione del Garante: c) quando il trattamento è necessario … per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, il diritto deve essere di rango pari a quelle dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile») .
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. n. 675/1996 si intende: <<b) per “trattamento”, qualunque operazione o complesso di operazioni, svolti con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati>>; <<g) per “comunicazione”, il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione>> mentre si intende <<h) per “diffusione”, il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione e consultazione>>.
Vengono in considerazione nella concreta fattispecie i concetti di “comunicazione” ed “elaborazione”. Il presupposto per l’operatività delle predette norme è costituito da ciò che il titolare del trattamento proceda alla comunicazione (la diffusione, invece, non è consentita) di dati sensibili concernenti altro soggetto, l’interessato.

Qualora, invece, sia lo stesso interessato (nella specie, il ricorrente) a “comunicare” propri dati sensibili «a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione», in relazione all’ “elaborazione” dei predetti dati da parte dei destinatari “determinati” della “comunicazione” ad opera dell’interessato (quindi, i difensori dell’UIC e i loro consulenti di parte, anche stragiudiziali), cessa di essere applicabile la normativa speciale sulla protezione dei dati sensibili e rivive pienamente il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. che si esplica anche mediante la produzione di una perizia stragiudiziale, la quale, se può essere posta dal giudice a fondamento della propria decisione, anche se contestata dalla controparte (Sez. 6 – 5, 12 dicembre 2011 n. 26550), a maggior ragione può essere utilizzata dalla parte per trarne argomenti difensivi per confutare una consulenza tecnica d’ufficio. Invero, la consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto degli scritti difensivi della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni (Sez. II, 26 marzo 2012 n. 4833).
Pertanto, è destinatario determinato della comunicazione dei dati operata dall’interessato anche il consulente di parte che il difensore in giudizio può nominare, a prescindere dall’autorizzazione del giudice e a soli fini difensivi, se l’elaborazione dei dati dal consulente eseguita venga comunicata esclusivamente ai destinatari dei dati sensibili comunicati dall’interessato.

Destinatari che vanno individuati nei soggetti del rapporto processuale (parti, difensori, giudice, ausiliari, consulenti delle parti).

L’intimato dott. S., in relazione alla qualità rivestita e al rapporto di immedesimazione organica con l’UIC, era parte del giudizio nel quale l’interessato aveva “comunicato” i propri dati sensibili.

L’ intimato C., quale professionista incaricato di redigere un parere, era autorizzato (così come ha esattamente dedotto parte controricorrente) in forza dell’Autorizzazione del Garante n. 4 del 2002 al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti (G.U. n. 83 del 9 aprile 2002 – Suppl. Ordinario n. 70).
In particolare l’autorizzazione generale del Garante (§ 2 e § 3) concerneva <<i dati sensibili relativi ai terzi … ove «strettamente indispensabile per l’esecuzione di specifiche prestazioni professionali richieste dai clienti per scopi determinati e legittimi», qualora il trattamento fosse finalizzato all'<<espletamento di un incarico che rientri tra quelli che il libero professionista può eseguire in base al proprio ordinamento professionale, e in particolare: … b) per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, nonché in sede amministrativa o nelle procedure di arbitrato e di conciliazione nei casi previsti dalla normativa comunitaria, dalle leggi, dai regolamenti o dai contratti collettivi>>.

Quanto alle altre parti, diverse dall’interessato, il § 1.3 dell’Autorizzazione n. 2 del 2002 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (***** n. 83 del 9 aprile 2002 – Suppl. Ordinario n. 70) – pure richiamata da parte controricorrente – disciplinava l’autorizzazione (concessa in via generale) <<per il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, quando il trattamento sia necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o comunque per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, nonché in sede amministrativa o nelle procedure di arbitrato e di conciliazione nei casi previsti dalle leggi, dalla normativa comunitaria, dai regolamenti o dai contratti collettivi, sempreché il diritto sia di rango pari a quello dell’interessato, e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario per il loro perseguimento>>.
L’ipotesi di diffusione o di archiviazione in violazione della l. n. 675/1996 è solo affermata come “eventuale” nel secondo motivo (sub d). Essa non risulta provata, mentre la richiesta di prova è solo “esplorativa”.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Redazione