I Giudici di pace possono autenticare le sottoscrizioni di liste elettorali anche al di fuori del territorio di competenza del loro ufficio (Cons. Stato, n. 4958/2013)

Redazione 08/10/13
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ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso numero di registro generale 7223 del 2013, proposto dal signor ****************, quale presentatore della lista di candidati “Fratelli d’Italia” e candidato alle elezioni provinciali della Provincia autonoma di Bolzano, rappresentato e difeso dagli avvocati *************** e ***************, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 95;

contro

Provincia autonoma di Bolzano, Ufficio elettorale centrale, Commissariato del Governo per la Provincia di Bolzano, non costituiti nel secondo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 296/2013, resa tra le parti e concernente: esclusione di una lista di candidati dalle elezioni provinciali del 27 ottobre 2013;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2013, il Cons. ****************, nessuno è comparso per le parti;

1. Con l’atto impugnato in primo grado, l’Ufficio elettorale centrale, costituito per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano (fissate, con decreto del Presidente della Provincia del 16 maggio 2013, n. 127/2.1, alla data 27 ottobre 2013), non ha ammesso la lista dei candidati “Fratelli d’Italia”, determinandone l’esclusione dalle elezioni provinciali, con la seguente, testuale, motivazione di cui al verbale del 26 settembre 2013: «Considerato che 218 sottoscrizioni della lista “Fratelli d’Italia” sono state autenticate in Bolzano dal Giudice di pace di Mezzolombardo e che pertanto lo stesso ha adempiuto alle proprie funzioni di autenticatore al di fuori del proprio territorio di competenza, la lista viene esclusa; ciò in considerazione del fatto che effettuata la sottrazione delle 218 sottoscrizioni non è più garantito il numero minimo necessario di sottoscrizioni previste per legge».

2. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a, Sezione autonoma di Bolzano ha respinto il ricorso n. 258 del 2013, proposto dai presentatori della lista avverso la sua mancata ammissione, rilevando – per quanto qui interessa, tenuto conto dei limiti del devolutum – che i pubblici ufficiali [tra cui il giudice di pace, cui l’art. 18, comma 4, l. reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol (Testo unico delle leggi regionali per la elezione del Consiglio regionale) 8 agosto 1983, n. 7, attribuisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste dei candidati] dispongono di tale potere esclusivamente nell’ambito del territorio di competenza dell’ufficio, di cui gli stessi sono titolari, sicché risulta legittima l’esclusione della lista, in quanto le 218 sottoscrizioni sono state autenticate dal giudice di pace di Mezzolombardo a Bolzano, al di fuori della circoscrizione territoriale del suo ufficio.

3. Avverso tale sentenza interponevano appello i ricorrenti soccombenti, deducendo, quale unico, complesso motivo la violazione dell’art. 18 della citata l. reg. n. 7 del 1983, in quanto la limitazione del potere di autenticazione del giudice di pace – da esercitare esclusivamente all’interno della circoscrizione territoriale del proprio ufficio – non troverebbe alcun riscontro nella legge elettorale applicabile alla fattispecie in esame, dovendosi comunque considerare come lo stesso avrebbe agito entro i confini regionali.

4. Non si costituivano in giudizio le Amministrazioni appellate e la causa, all’odierna pubblica udienza, veniva trattenuta in decisione.

5. In linea di diritto, giova premettere il testo dell’art. 18, commi 3 e 4, l. reg. 8 agosto 1983, n. 7, che reca la disciplina della formazione delle liste delle candidature e che trova applicazione alle elezioni per la Provincia autonoma di Bolzano anche dopo la riforma costituzionale varata con l. cost. 31 gennaio 2001, n. 2, in forza del rinvio operato dalle leggi provinciali 8 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2013 e sulla composizione e formazione della Giunta provinciale), 9 giungo 2008, n. 3 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2008), e 14 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2003), emanate in esplicazione della potestà legislativa primaria attribuita alle Province autonome dall’art. 47 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige):

« (3) La firma del sottoscrittore deve essere debitamente autenticata.

(4) Gli elettori sono elencati con cognome , nome e data di nascita; la loro firma deve essere autenticata, anche cumulativamente, da un notaio, o dal cancelliere di un ufficio giudiziario, o dal giudice conciliatore, e per ogni elettore deve essere indicato il Comune nelle cui liste elettorali figura iscritto. ».

Quanto alla figura del «giudice conciliatore», la stessa, in virtù della disposizione di coordinamento contenuta nell’art. 39 l. 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), deve ritenersi sostituita da quella del «giudice di pace», il quale esercita le proprie funzioni giurisdizionali e conciliative nell’ambito della circoscrizione territoriale (ex-mandamenti delle Preture) di cui all’art. 2 l. n. 374 del 1991, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice.

5.1. La soluzione accolta dal T.r.g.a. si basa sul principio più volte affermato da questo Consiglio di Stato (sebbene con obiter dicta in relazione a fattispecie riguardanti i limiti territoriali e funzionali del potere di autenticazione attribuito ai consiglieri comunali e provinciali, con riferimento all’ordinamento statale), secondo cui i pubblici ufficiali menzionati nell’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53, tra cui anche il giudice di pace, sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari (Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2012, n. 1889; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2011, n. 999; Cons. Stato, Sez. I, parere n. 2671 del 2013).

Il principio è stato, altresì, affermato nella circolare del Ministero dell’Interno – Direzione centrale servizi elettorali, 20 aprile 2006, n. 79/2006, e in varie istruzioni dello stesso Ministero emanate in occasione di ripetute tornate elettorali, e può essere condensato nella massima di diritto romano per cui un’autorità pubblica non è titolare di poteri, quando si trova al di fuori del territorio di propria competenza (Praefectus urbi, cum terminos urbis exierit, potestatem non habet: D.1.12.3).

5.2. Ritiene la Sezione che tali elementi, rilevanti in sede interpretativa, vadano valutati alla luce del principio della legalità dell’azione amministrativa, secondo cui la legge determina il contenuto degli atti e i suoi effetti, nonché le conseguenze che si verificano nel caso di violazione delle normative di settore.

Il principio di legalità – viepiù rilevante nella materia elettorale – è stato fermamente ribadito dalla Corte Costituzionale (sent. n. 208 del 1992), che – alla luce dei principi desumibili dall’art. 97 Cost. – ha ritenuto ingiustificate la plurisecolare prassi e la consolidata giurisprudenza che davano rilievo alla prorogatio, inducendo poi il legislatore a dare una specifica disciplina (conforme al medesimo art. 97 Cost.), nel caso di decorso del termine massimo di durata degli organi collegiali (cfr. la legge n. 444 del 1994): non tutti i principi di diritto pubblico risalenti nella tradizione sono ancora attuali, poiché va sempre verificata la loro conformità ai principi costituzionali e, in particolare, al principio di legalità dell’azione amministrativa.

Quanto al potere di autenticazione delle sottoscrizioni delle liste elettorali, nella specie attribuita dal sopra citato art. 18 l. reg. n. 7 del 1983 ai notai, ai cancellieri e ai giudici di pace, nel medesimo art. 18 non si rinviene cenno alcuno ad eventuali limiti territoriali di esercizio del potere di autentica ai pubblici ufficiali facenti parte dell’ordine o dell’amministrazione giudiziaria, i quali, secondo la dizione letterale della norma, sembrano investiti del potere di autenticazione in questione in ragione della qualità e dello status rivestiti, a prescindere dai limiti della competenza territoriale degli uffici di cui sono titolari o ai quali appartengono.

Né vi risultano previste eventuali conseguenze sanzionatorie di nullità ed inefficacia radicale, in caso di violazione dei limiti in questione (a differenza di quanto è previsto per gli atti ultra vires posti in essere dai notai, in violazione degli artt. 27 e 58 della legge n. 89 del 1913), sicché, in applicazione del principio della tassatività delle cause di nullità, può ragionevolmente sostenersi che non vi sia spazio per ravvisare siffatta radicale conseguenza sanzionatoria.

Neppure elementi univoci si desumono dall’art. 2699 c.c. (che reca la definizione dell’“atto pubblico”, disponendo che esso è “è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato”), poiché esso non prende posizione sul se sia sufficiente lo status oppure occorra un quid pluris in base a leggi di settore, per rilevare se il pubblico ufficiale sia “autorizzato” a redigere l’atto.

In materia, possono risultare rilevanti gli artt. 21-septies e 21-octies della legge n. 241 del 1990, i quali – sebbene riguardanti il ‘provvedimento’ amministrativo, e dunque quello emesso al termine di un procedimento e idoneo a ledere altrui sfere giuridiche – esprimono principi di carattere generale riguardanti la patologia degli atti emessi dalla autorità amministrativa (tra cui si può senz’altro annoverare l’atto di natura certificativa).

Orbene, da un lato non sembra che nel caso di specie sia ravvisabile un ‘difetto assoluto di attribuzione’ (trattandosi invero di rilevare se la normativa attributiva del potere certificativo abbia attribuito rilievo alla titolarità dello status, nella specie di giudice di pace, ovvero abbia implicitamente richiesto anche che il suo titolare eserciti il proprio potere intra moenia).

Dall’altro, si può rilevare come l’eventuale violazione dei limiti di competenza territoriale possa, tutt’al più, dar luogo ad una semplice irregolarità delle operazioni elettorali, o ritenersi sanabile ai sensi dell’art. 21-octies l. 7 agosto 1990, n. 241, qualora, come nel caso di specie, non sia contestata la validità intrinseca dell’atto di autenticazione compiuta dal pubblico ufficiale al di fuori dei limiti territoriali di competenza del suo ufficio: in altri termini, nel caso di specie sotto il profilo sostanziale nessuno – tanto meno con una querela di falso – ha posto in contestazione che la volontà degli elettori non corrisponda a quella risultante dalle dichiarazioni le cui sottoscrizioni sono state autenticate dal giudice di pace di Mezzolombardo.

Del resto, è indubitabile (anche per la giurisprudenza della Corte di Cassazione) che siano ravvisabili delitti di falso quando la condotta illecita del pubblico ufficiale riguardi suoi atti emessi ultra vires, sicché, sempre sotto il profilo sostanziale, eventuali ipotizzabili comportamenti contra legem sono senz’altro scoraggiati dalle corrispondenti disposizioni incriminatrici penali.

Ulteriori elementi – per una interpretazione del quadro normativo che conduca all’accoglimento dell’appello, o perché non sussiste alcuna violazione di legge, o perché sussiste una mera irregolarità – potrebbero ravvisarsi:

a) nell’art. 609 del codice civile, che in un caso peculiare e specifico – riguardante il ricevimento del testamento redatto in extremis – ha precisato che sussiste la competenza del ‘giudice di pace del luogo’, così escludendo la rilevanza giuridica della presenza di eventuali altri soggetti titolari del medesimo status;

b) nel principio di affidamento nel caso di apparenza incolpevole.

Anche tale principio risale al diritto romano (nel quale non si dubitò della validità degli atti posti in essere da coloro i cui atti di investitura fossero pur viziati, propter opportunitatem eorum qui apud eum egerunt: D. 1.14.3), ma di per sé può risultare del tutto coerente con i principi costituzionali, quando si tratti di affermare con la massima intensità l’esigenza che le risultanze delle urne corrispondano alla volontà del corpo elettorale.

Sotto tale ultimo aspetto, si dovrebbe considerare che gli elettori – pur se si ritenga che l’ordinamento richieda a pena di nullità la redazione di atti intra moenia, e pur in presenza di dati testuali che attribuiscono rilievo solo allo statusdel pubblico ufficiale e della ‘disponibilità’ di questi ad autenticare le loro sottoscrizioni – vedrebbero vanificate le loro dichiarazioni (senza possibilità di rinnovarle), con un inevitabile contrasto tra le risultanze elettorali e quelle che si sarebbero potute produrre, qualora un quadro normativo chiaro e lineare avesse potuto prospettare ex ante agli elettori la sussistenza di un loro specifico onere di accertarsi che il pubblico ufficiale, al cui cospetto si trovano, rispetti le regole inerenti al suo status.

In conclusione, la soluzione accolta dalla sentenza impugnata può risultare contrastare, in un’ottica interpretativa costituzionalmente orientata, coi principi informatori del diritto elettorale, improntati a preservare, per quanto possibile, il diritto di elettorato passivo e attivo e la corrispondenza del responso delle urne alla volontà degli elettori.

6. Ciò posto, ritiene la Sezione che – per esigenze di certezza del diritto, per la delicatezza della questione e per il suo evidente carattere di massima (discutendosi di principi riguardanti anche le elezioni da svolgere nell’intero territorio nazionale) – vada rimessa la definizione della controversia all’esame dell’Adunanza Plenaria.

Il potere di rimettere la causa all’esame dell’Adunanza Plenaria, previsto dall’art. 99 del codice del processo amministrativo, non è precluso dall’art. 129 del medesimo codice, il quale esige la massima rapidità della definizione del giudizio, nei termini ivi previsti, senza escludere la possibilità che siano sollevate questioni di costituzionalità o pregiudiziali, ovvero che sia deferita la causa all’esame della medesima Adunanza Plenaria.

Poiché è già stata fissata una udienza dell’Adunanza Plenaria per il giorno di domani 9 ottobre 2013, ai sensi degli artt. 99 e 129 del codice del processo amministrativo, la Sezione Sesta così dispone sull’appello in epigrafe:

– rimette l’esame della controversia all’esame dell’Adunanza Plenaria;

– fissa l’udienza del 9 ottobre 2013, ore 10, per la celebrazione dell’udienza innanzi ad essa;

– dispone che – a cura della Segreteria della Sezione – immediatamente dopo la pubblicazione della presente ordinanza ne sia data integrale comunicazione alla Segreteria del Tribunale Regionale della giustizia amministrativa (Sezione autonoma della Provincia di Bolzano), nonché ne sia data pubblicazione sul sito internet della giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it), ne sia trasmesso il testo in formato word all’indirizzo di posta elettronica indicato dal difensore dell’appellante, e affinché ne sia pubblicata copia cartacea presso la Segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di Stato.

Ogni altra statuizione è devoluta all’esame dell’Adunanza Plenaria, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (ricorso n. 7223/2013);

– ne dispone il deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

– fissa l’udienza del 9 ottobre 2013, ore 10, per la celebrazione dell’udienza innanzi ad essa;

– dispone che – a cura della Segreteria della Sezione – immediatamente dopo la pubblicazione della presente ordinanza ne sia data integrale comunicazione alla Segreteria del Tribunale Regionale della giustizia amministrativa (Sezione autonoma della Provincia di Bolzano), nonché ne sia data pubblicazione sul sito internet della giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it), ne sia trasmesso il testo in formato word all’indirizzo di posta elettronica indicato dal difensore dell’appellante, e affinché ne sia pubblicata copia cartacea presso la Segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di Stato;

– manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’Adunanza Plenaria.

Redazione