Hashish, il possesso oltre soglia, da parte del disabile, è giustificato dall’uso come antidolorifico (Cass. pen., n. 44881/2013)

Redazione 07/11/13
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Ritenuto in fatto

D.S.A. ricorre contro la sentenza d’appello specificata in epigrafe, che confermava la di lui condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, per avere illecitamente detenuto g. 28 di hashish da cui si potevano ricavare 127 dosi medie singole, e denuncia erronea applicazione della legge penale, perché il giudice di merito ha ritenuto provata la destinazione allo spaccio di parte della sostanza detenuta, in base al solo dato ponderale, in assenza di altri elementi indicativi di quella destinazione.

Considerato in diritto

Questa Corte ha più volte ripetuto che il superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale cui fa riferimento l’art. 73, comma 1 bis, lett. a), d.P.R. n. 309/1990 non costituisce una presunzione, assoluta o relativa, in ordine alla destinazione della sostanza stupefacente a un uso non esclusivamente personale, dovendo il giudice globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati dalla norma, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da provare la destinazione illecita della sostanza detenuta.
Nel caso concreto, l’imputato – come riconoscono i giudici del merito – è “soggetto notoriamente tossicodipendente”, affetto da tetraplegia, che si presenta come forte consumatore di hashish, usato anche come antidolorifico. Non è dunque inverosimile ch’egli detenesse nella sua abitazione una scorta di droga in quantità superiore alla soglia massima prevista per farne uso personale, considerato anche che l’incapacità di movimento dovuta alla cennata patologia gli rendeva difficoltoso ricorrere a frequenti approvvigionamenti.
In questo contesto il mero superamento del valore-soglia non appare, dunque, sufficiente a provare la destinazione allo spaccio. In verità la sentenza impugnata al rilievo circa la quantità detenuta aggiunge la circostanza della pendenza di altri procedimenti per violazione della disciplina sugli stupefacenti, pendenza che, però, non essendo sfociata in condanna definitiva, non consente illazioni colpevolistiche.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata, affinché il giudice del rinvio riesamini il fatto, attenendosi all’interpretazione della norma penale sopra delineata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Redazione