Fatture false: l’onera della prova spetta all’agenzia delle entrate (Cass. n. 18446/2012)

Redazione 26/10/12
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Premesso in fatto

1. Con sentenza n. 82/28/10, depositata il 21.5.10, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio Roma 3, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla D.M.G. s.p.a. nei confronti dell’avviso di accertamento, emesso dall’amministrazione finanziaria ai fini IVA, IRPEG ed IRAP, per l’anno 2003.
2. La CTR riteneva, invero, che incombesse sulla contribuente l’onere di contestare il disconoscimento, da parte dell’Ufficio, di alcuni costi ritenuti indeducibili e l’esistenza di costi maggiori di quelli considerati, dovuto al fatto che diverse fatture – esaminate in sede di verifica fiscale – non riportavano gli elementi necessari a consentire ai verificatori di potere accertare l’effettivo servizio reso alla contribuente da società (la Futura Marketing & Services s.r.l. e la LCE s.r.l.) legate alla medesima da specifici accordi contrattuali.
2.1. Per di più, a parere del giudice di appello, in molte fatture, relative all’anno 2003, erano riportati gli estremi del contratto stipulato con la Futura Marketing & Services s.r.l., società di gestione di taluni servizi affidatile dalla D.M.G. s.p.a., riferito, però, all’anno 2002, senza che fosse allegato agli atti alcun altro titolo giustificativo delle operazioni fatturate.
3. Avverso la sentenza n. 82/28/10 ha proposto ricorso per cassazione la D.M.G. s.p.a. articolando quattro motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Osserva in diritto

1. Con i quattro motivi di ricorso – che vanno esaminati congiuntamente, attesa la loro evidente connessione – la D.M.G. s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 1321, 1325, 1326, 1350, 1362 e 1367 c.c., D.P.R. n. 917 del 1986, art. 163 e art. 53 Cost., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia e l’omesso esame di domande ed eccezioni proposte dalla contribuente.
1.1. Deduce, invero la ricorrente che il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto che incombesse sulla società contribuente l’onere di provare l’effettività dei costi, risultanti da fatture concernenti operazioni passive con le società Futura Marketing & Services s.r.l. ed LCE s.r.l., ai fini della loro deducibilità dal reddito imponibile e della detraibilità dell’IVA ad esse relativa. E ciò, sebbene l’effettività delle operazioni in questione risultasse da fatture debitamente registrate ed altri documenti contabili, in ordine ai quali erano state mosse dall’amministrazione solo contestazioni generiche e non provate.
Inoltre, l’impugnata sentenza si paleserebbe affetta dal denunciato vizio motivazionale, avendo omesso del tutto di valutare il copioso materiale documentale prodotto dalla D.M.G. s.p.a., essendosi limitata ad affermare, in maniera del tutto generica ed apodittica, che le fatture sarebbero carenti della specifica indicazione degli elementi necessari a consentire, ai verificatori, di stabilire l’effettività, o meno, del servizio ricevuto dalla società contribuente.
1.2. Con particolare riferimento alle fatture emesse dalla Futura Marketing & Services s.r.l., poi, l’impugnata sentenza – ad avviso della ricorrente – non spiegherebbe in alcun modo per quale ragione abbia ritenuto che, pur essendo stati in molte fatture, relative all’anno 2003, riportati gli estremi del contratto stipulato con la Futura Marketing & Services s.r.l., società di gestione di taluni servizi affidatile dalla D.M.G. s.p.a., tale contratto sia riferito esclusivamente all’anno 2002, e che non anche all’anno 2003 in contestazione.
1.3. Per quanto attiene, inoltre, alle fatture emesse dalla LCE s.r.l., la CTR si sarebbe limitata ad affermare la correttezza del recupero a tassazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, dei relativi costi, poichè inerenti a prestazioni non più coperte dal contratto stipulato tra detta società e la D.M.G. s.p.a. Il giudice di appello non avrebbe, peraltro, indicato – a parere della ricorrente – alcun elemento probatorio dal quale abbia potuto trarre il convincimento che tale contratto, diverso da quello stipulato con la Futura Marketing s.r.l., non fosse ancora in vigore nell’anno 2003, nonostante gli elementi documentali forniti, al riguardo, dalla D.M.G. s.p.a.
1.4. La ricorrente denuncia, infine, la nullità dell’impugnata sentenza, per omessa pronuncia in ordine all’eccezione di violazione del divieto della doppia imposizione, sancito dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 163, nonchè dall’art. 53 Cost., avendo – a suo dire – l’Ufficio eluso la reale capacità contributiva della D.M.G. s.p.a., ritenendo indeducibili alcuni costi sulla base di una argomentazione meramente formale, come la pretesa inesistenza di un contratto scritto per l’anno 2003.
2. Le doglianze suesposte sono pienamente fondate.
2.1. Va osservato, infatti, che, in ipotesi di fatture che l’amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti – secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte – qualora l’amministrazione stessa fornisca validi elementi, alla stregua del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (nel testo applicabile ratione temporis), per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, si sposterà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (cfr. Cass. 27341/05, 21953/07, 12802/11).
2.2. Orbene, nel caso concreto, atteso il regime dell’onere della prova in merito all’inesistenza delle operazioni fatturate, come emergente dalla giurisprudenza richiamata, non sembra potersi considerare elemento, anche solo indiziariamente indicativo dell’inesistenza delle operazioni fatturate da Futura, la mancata previsione, nel contratto di prestazione di servizi, di una clausola di tacito rinnovo.
Del tutto apodittica e non decisiva, nella prospettiva considerata, appare, poi, l’asserzione – riferita alla fatturazione di LCE – che la società fornitrice avrebbe “fatturato servizi extracontrattuali”.
Ne consegue che, a fronte di tali generiche ed indimostrate allegazioni dell’Ufficio, ha certamente errato la CTR ad affermare che la società contribuente avesse l’onere di fornire elementi probatori per contestare il disconoscimento dei costi ritenuti indeducibili, operato dall’amministrazione.
2.3. Certamente sussistente si palesa, inoltre, il dedotto vizio motivazionale, sia per quel che concerne le fatture emesse dalla Futura Marketing s.r.l., che per quel che attiene alle fatture emesse dalla LCE s.r.l.
2.3.1. Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste, invero, qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad assumere l’insussistenza della prova, senza compiere un’analitica considerazione delle risultanze processuali in atti (cfr., ex plurimis, Cass. 3370/12).
2.3.2. Ebbene, nel caso di specie, la CTR – a fronte della copiosa documentazione contabile prodotta in atti, e trascritta nel ricorso nelle parti essenziali – non ha, in particolare, tenuto in alcun conto, non avendo speso neppure una parola al riguardo, delle seguenti risultanze documentali.
A) Per la società Futura Marketing s.r.l.:
a) delle fatture emesse dalla Futura Marketing nell’anno 2003, contenenti l’indicazione specifica e dettagliata delle prestazioni rese dalla società di servizi, dei contratti in base ai quali tali prestazioni erano state svolte e del personale – nominativamente indicato con riferimento ai libri paga e matricola – che aveva prestato la sua opera per le singole prestazioni;
b) del contratto tra la Futura e la D.M.G. s.p.a., in data 7.1.2002, non recante la previsione di alcun termine di scadenza, onde inferirne se tale accordo tra le parti fosse ancora operativo per l’anno 2003, anno al quale si riferivano le contestazioni dell’amministrazione finanziaria circa i costi deducibili;
c) della scrittura del 10.12.2002, con la quale le parti – nel confermare la validità contratto del 7.1.2002 – apportavano allo stesso modifiche limitatamente ai prezzi per le prestazioni rese dalla Futura Marketing, al fine di valutare se tale scrittura contenesse, o meno, un nuovo contratto – o una modifica del precedente – valido per l’anno 2003.
B) Per la LCE s.r.l.:
a) del contratto in data 3.1.2000, avente ad oggetto le prestazioni di progettazione e gestione della contabilità demandate dalla D.M.G. s.p.a. alla LCE s.r.l., onde inferirne se lo stesso fosse ancora in vigore nel 2003;
b) dell’accordo integrativo del 28.3.03, tra le stesse parti, al fine di valutare se tale scrittura contenesse, o meno, un nuovo contratto – o una modifica del precedente – valido per l’anno 2003.
Ebbene, è di chiara evidenza che l’esame e la valutazione dei su elencati elementi di prova documentale – poichè vertenti sul punto decisivo della controversia, costituito dall’effettività delle prestazioni documentate dalle fatture contestate dall’Ufficio – ben avrebbero potuto indurre la CTR ad una diversa decisione della vertenza tributaria per cui è causa.
Dall’accertata necessità di un’adeguata valutazione degli elementi di prova documentale offerti dalla contribuente, resta, pertanto, assorbito il profilo della censura da questa proposta, concernente la pretesa violazione del divieto di doppia imposizione, nonchè della previsione di cui all’art. 53 Cost.
3. Per tutte le ragioni esposte, dunque, in accoglimento del ricorso, la sentenza n. 82/28/10 va cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio che dovrà riesaminare il merito della vicenda processuale, attenendosi al seguente principio di diritto: “in ipotesi di fatture che l’amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, grava su di essa l’onere di provare che le operazioni, oggetto delle fatture, in realtà non sono state mai poste in essere, sicchè i costi in esse documentati non possano essere dedotti dal contribuente, nè il diritto alla detrazione dell’IVA effettivamente versata possa essere, in concreto, riconosciuto; solo se l’amministrazione fornisca validi elementi – alla stregua del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (nel testo applicabile ratione temporis) – per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, si sposterà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate”.
La CTR dovrà, inoltre, tenere specificamente ed adeguatamente conto di tutti gli elementi di prova documentale, sopra elencati, prodotti in atti dalla società D.M.G. s.p.a.
4. Il giudice di rinvio provvedere, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione tributaria, l’11 luglio 2012.

Redazione