Espulsione: il provvedimento deve essere tradotto in una lingua “veicolare” per essere efficace (Cass. n. 12065/2012)

Redazione 13/07/12
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PREMESSO

Che con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il consigliere relatore ha riferito quanto segue:

1. – Il Giudice di pace di Potenza ha respinto il ricorso della signor X, alias Y avverso il decreto prefettizio 27 luglio 2010 con cui era stata disposta la sua espulsione.

Il ricorrente aveva bevuto: l’omessa traduzione del decreto nella sua lingua (l’arabo); che X altri non era che Y; che non poteva essere espulso essendo padre di un figlio minorenne avuto da una cittadina italiana e residente in Italia.

Il Giudice di pace ha osservato che il provvedimento di espulsione dev’essere portato a conoscenza dell’interessato con una modalità che ne garantiscano in concreto la conoscibilità, e nella specie non era stato leso il diritto di difesa dell’espulso, il quale aveva dichiarato a verbale, nel ricevere la notifica del provvedimento dalla Polizia penitenziaria, di essere perfettamente a conoscenza del contenuto del provvedimento stesso; che non era stata provato che X e non di Y, destinatario del decreto di espulsione.

2. – L’interessato ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in otto motivi, cui l’autorità intimata ha resistito con controricorso.

3. – Il primo motivo di ricorso, con cui denunciando violazione di norme di diritto, si censura il mancato annullamento del decreto di espulsione per omessa traduzione nella lingua del destinatario o in lingua da lui conosciuta, è fondato.

Ai sensi degli artt. 13, comma 7, d.lgs n. 286 del 1998 e 3, comma 3, d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come interpretati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la traduzione in lingua conosciuta dalla destinatario è requisito formale indispensabile, a pena di nullità, della comunicazione del decreto di espulsione, cui può derogarsi soltanto nel caso di impossibilità di tale traduzione per indisponibilità – espressamente dichiarata nell’atto – di personale idoneo alla traduzione, e sempre che si provvede, in tal caso, alla traduzione in una delle c.d. Lingue veicolari, ossia quella inglese, quella francese o quella spagnola (ex multis, Cass. 17572/2010, 17558/2010, 6978/2007).

Nella specie, invece, non è stata effettuata la traduzione in lingua conosciuta dall’espulso, né è stata attestata dall’amministrazione l’impossibilità di provvedervi.

Il Giudice di pace ha ritenuto di poter giustificare tale omissione con la dichiarazione, resa verbale dall’interessato nel ricevere la notifica dell’espulsione, di essere a conoscenza del contenuto del provvedimento. Dichiarazione che, però, non equivale ad ammissione della conoscenza della lingua italiana (o di una delle lingue veicolari in cui il provvedimento sia stato tradotto) e non può dunque valere a surrogare la traduzione mancante.

4. – Restano assorbiti gli altri motivi.

Che tale relazione è stata comunicata al P.M. notificata agli avvocati delle parti ricorrente, i quali non hanno presentato conclusioni o memorie;

CONSIDERATO

Che la predetta relazione è condivisa dal Collegio;

che pertanto il ricorso accolto;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma ult. parte, c.p.c., con l’accoglimento del ricorso proposto davanti al Giudice di pace e l’annullamento del decreto di espulsione, con condanna dell’autorità intimata alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, accoglie il ricorso proposto al Giudice di pace ed annulla il decreto di espulsione indicato in motivazione; condanna l’autorità intimata alle spese processuali, liquidate in € 1.200,00, di cui € 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 giugno 2012.

Redazione